Colpo al clan di Mesoraca, i pentiti svelano gli affari dei Ferrazzo e i rapporti con le ‘ndrine calabresi

La mappa criminale della locale crotonese, il business sulle centrali a biomasse ricostruite dai collaboratori di giustizia

di Gabriella Passariello- Diverse sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, che hanno fornito elementi utili sulle attività illecite della locale di Mesoraca, diretta da Mario Donato Ferrazzo e riconosciuta in diverse sentenze inerenti le operazioni “Storia Infinita”, “Eclissi”, “Scacco Matto”, “Ciclone”, “Dirty Money”, “Restauro”, “Filottete”, “Tabula Rasa”, “Pesci” e Basso Profilo. Si tratta di pentiti con un proprio passato nel contesto criminale crotonese e a conoscenza degli assetti di potere, come Felice Ferrazzo, che ha iniziato la collaborazione nell’ottobre dell’anno 2000, dopo aver subito, insieme la figlio un agguato a colpi di arma da fuoco, rimanendo entrambi miracolosamente illesi. Il pentito ha riferito di essere stato il capo indiscusso della ‘ndrina di Mesoraca dal settembre 1990 fino al settembre 1993. All’inizio del 1994 il comando della cosca è stato assunto dal cugino Mario Donato Ferrazzo, il quale, aveva iniziato rapporti di cooperazione con altri sodalizi del crotonese, i Megna di Papanice, i Comberiati di Petilia Policastro, i Grande Aracri di Cutro e soprattutto i Farao di Cirò, parlando delle attività illecite della consorteria: omicidi, rapine, estorsioni, armi, traffico di sostanze stupefacenti e delle propaggini mesorachesi operanti in Lombardia e Svizzera.

Il leader della locale di Mesoraca

Il leader della locale di Mesoraca

Vincenzo Marino, affiliato alla cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura di Crotone, che ha iniziato la sua collaborazione con la giustizia l’ 1 dicembre 2007, ha indicato in Mario Donato Ferrazzo il leader della locale di Mesoraca e ha riconosciuto tra gli affiliati  Giuseppe Grano, sostenendo che la compagine criminale era alleata con quella di Cutro, con cui vi era una costante collaborazione nelle attività criminali: dagli omicidi, alle estorsioni, al narcotraffico. “Le proiezioni mesorachesi si estendevano anche in Svizzera, dove si occupavano di reinvestimento di capitali illeciti”. Anche Angelo Salvatore Cortese, che ha iniziato il suo percorso collaborativo nel 2008, dissociandosi dalla locale di Cutro, cui era affiliato, ha indicato in Mario Donato Ferrazzo, il capo indiscusso della cosca, così come i pentiti Antonio Cicciù, Vittorio Foschini, Pietro Polizzi. Il collaboratore di giustizia Carmine Venturino, ex affiliato alla ‘ndrangheta di Petilia Policastro con la dote di “contrasto onorato”, corresponsabile dell’omicidio della testimone di giustizia Lea Garofalo, ha descritto nelle sue propalazioni  la stretta alleanza tra la locale di Mesoraca e quella di Petilia Policastro, parlando delle attività criminali connesse con la filiera del legno e con lo spaccio di sostanze stupefacenti, raccontando della presenza in Svizzera di una propaggine della locale di Mesoraca dedita al traffico di armi.

I legami tra la ‘ndrangheta di Mesoraca e le altre ‘ndrine calabresi

E’ lungo l’elenco dei collaboratori che hanno descritto la rete di rapporti ed alleanze sul territorio della cosca di Mesoraca con altre consorterie mafiose e che parlano di rapporti diretti con la locale di Cutro diretta da Nicolino Grande Aracri così come anche con la cosca di Petilia Policastro facente capo a Rosario Curcio e con l’articolazione di San Leonardo di Cutro dei Mannolo. Altri rapporti sono stati accertati anche con la locale di Strongoli diretta da Vincenzo Giglio, con la cosca Megna di Papanice e con gli Arena di Isola Capo Rizzuto e ulteriori legami  accertati  con la cosca federata Sia-Procopio-Tripodi di Soverato e il gruppo dei Mazzagatti nel Reggino. Dati, che attestano, per gli inquirenti, il pieno riconoscimento della locale di Mesoraca all’interno della comunità ‘ndranghetista, con una disponibilità di armi da parte del sodalizio facente capo a Ferrazzo, tale da permettere al gruppo di esercitare un capillare controllo sul territorio.

L’affare nelle risorse boschive e nelle centrali a biomassa

La ocale risultata attiva in particolare nel settore dello sfruttamento delle risorse boschive e dei conferimenti di cippato alle centrali a biomassa, tema centrale dell’indagine della Dda che ha portato a 31 arresti e a cinque indagati a piede libero (LEGGI QUI). Una cosca, che ha manifestato anche una forte capacità di ingerenza nel settore degli appalti di lavori pubblici, infiltrando le proprie imprese attraverso subappalti non autorizzati in modo da surrogarsi nella gestione dei lavori alle ditte formalmente aggiudicatrici. Una consorteria dedita al narcotraffico sviluppando una propaggine articolata in grado di commerciare stupefacenti in Italia e all’estero.

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