di Gabriella Passariello- L’ex sindaco di Mesoraca e presidente della Provincia e l’allora luogotenente dei Carabinieri Forestali, comandante della Stazione di Petilia Policastro, avrebbero avuto un ruolo ben preciso per rafforzare e coadiuvare la ‘ndrangheta di Mesoraca. E’ quanto risulta dalle carte dell’ordinanza del gip del Tribunale di Catanzaro Giuseppe De Salvatore, che ha portato all’arresto di 31 persone e a cinque indagati a piede libero su richiesta della Dda di Catanzaro (LEGGI QUI).
Sostegno elettorale in cambio del controllo economico
Sostegno elettorale in cambio del controllo economico
L’ex primo cittadino Armando Foresta, indagato a piede libero con l’ ipotesi di accusa di concorso esterno in associazione mafiosa avrebbe promesso e assicurato, anche in cambio del sostegno elettorale, la sua disponibilità nei confronti dell’organizzazione di ‘ndrangheta, garantendo ai referenti del sodalizio, le condizioni per il controllo totale ed esclusivo dei lavori pubblici edili del comprensorio mesorachese. Sarebbe intervenuto direttamente negli uffici pubblici degli Enti locali dallo stesso diretti, affidando lavori di somma urgenza alle imprese gestite direttamente ed indirettamente dal sodalizio, quali quelle della famiglia Grano e di suo fratello Giovanni Foresta, bypassando le norme in materia. Avrebbe turbato le aste pubbliche, per consegnare i lavori a quelle stesse aziende “in assenza di regolare subappalto”, rafforzando la capacità operativa del sodalizio nel controllo di attività economiche sul territorio.
Le omissioni e le fughe di notizie
E un ruolo ben preciso l’avrebbe avuto pure Costantino Calaminici, anche lui indagato a piede libero. Il luogotenente dei carabinieri forestali, comandante della Stazione di Petilia Policastro, avrebbe omesso di effettuare i dovuti controlli agli automezzi della F.K.E. riconducibile alla famiglia Ferrazzo, preoccupandosi finanche di preavvisare Mario Donato Ferrazzo, affinché non continuasse a ricevere o acquistare materiale legnoso procurato in modo illegale da ditte, tra le quali quelle riconducibili a Polizzi, per evitare di coinvolgerlo in eventuali azioni repressive. E comunque avrebbe omesso di effettuare i dovuti controlli sui mezzi adibiti a trasporto legname dei Ferrazzo, facendo in modo di sottrarli da sanzioni di carattere penale o amministrativo, ricevendo in cambio benefici di carattere economico, come il legname da parte dei Ferrazzo e incarichi privati connessi al taglio degli alberi, “con conseguente remunerazione da parte di Domenico Serravalle ‘ramo Pallino’ – sia per sé che per i quattro operai impiegati”. L’ex amministratore avrebbe curato anche i rapporti con Francesco Trocino, ragioniere della ditta F.K.E., e con Francesco Ferrazzo, figlio di Mario Donato. Calaminici non risponde solo di omissione aggravata dalla mafiosità ma anche di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio con l’aggravante mafiosa :violando i doveri inerenti alle sue funzioni o abusando della sua qualità, avrebbe rivelato a Pietro Fontana, alias “Tarallo”, in relazione ad un esposto – denuncia, che avrebbe dovuto procedere al controllo di alcune sue abitazioni site in località Montano, “agevolando la consorteria di ‘ndrangheta della locale di Mesoraca, di cui Fontana fa parte”.
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