Colpo di mano del Csm: Melillo preferito a Gratteri come nuovo procuratore nazionale della Dna

L'erede di Federico Cafiero De Raho sarà ancora una volta un magistrato campano. Doccia fredda per il procuratore antimafia di Catanzaro

di Mimmo Famularo – Il tasto rosso è stato quello più premuto dai venticinque membri del Consiglio superiore della Magistratura. Tredici volte, tante quanti i voti ricevuti da Giovanni Melillo, procuratore della Repubblica di Napoli, ex capo di gabinetto del ministro della Giustizia ai tempi di Andrea Orlando, con nove anni da sostituto procuratore nella Direzione nazionale antimafia. L’erede di Federico Cafiero de Raho sarà lui, amato dalla sinistra giudiziaria che lo ha preferito a Nicola Gratteri, apprezzato dai vertici della Cassazione, il presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi. Tredici voti, quanto bastava per evitare il ballottaggio e vincere al primo turno. Così Giovanni Melillo si trasferirà da Napoli a Roma per guidare la Procura nazionale antimafia. Ancora una volta il Csm ha preferito un magistrato campano, il terzo consecutivo. Niente da fare per il calabrese Nicola Gratteri, unanimemente riconosciuto come il più grande esperto nella lotta alla ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più pericolosa e pervasiva a livello nazionale e, forse, anche globale. Una valutazione secondaria per togati e laici che compongono il Plenum del Consiglio superiore della Magistratura. Non per tutti perché in sette hanno espresso la loro preferenza per Nicola Gratteri e per la sua trentennale esperienza nella lotta alla criminalità organizzata. Non sono bastati per fargli spiccare il volo da Catanzaro a Roma a coronamento di una carriera eccezionale sul fronte del contrasto alla ‘ndrangheta.

Il voto ai raggi X

Il voto ai raggi X

Hanno votato per Melillo i 5 consiglieri di Area, i due professori indicati da M5S Alberto Maria Benedetti e Filippo Donati, e il laico di Forza Italia Michele Cerabona, noto avvocato napoletano. Tutti e tre i consiglieri di Unicost, che erano l’ago della bilancia, scelgono Melillo. E, come detto, i due capi della Cassazione. Com’era nelle previsioni per Gratteri votano i quattro esponenti di Autonomia e indipendenza, Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, nonché Giuseppe Marra e Ilaria Pepe. Per lui anche i due laici indicati dalla Lega Stefano Cavanna ed Emanuele Basile, nonché Fulvio Gigliotti, giurista e calabrese di Catanzaro di area M5S. Russo prende i quattro voti di Magistratura indipendente e quello del laico di Forza Italia Alessio Lanzi.

L’endorsement di Di Matteo e Ardita a Gratteri

Ha votato per Gratteri Nino Di Matteo per il quale la Dna deve tornare ad essere il “motore nevralgico della lotta alla mafia” e non un ufficio di rappresentanza. Ha auspicato “una scelta di politica giudiziaria alta e non condizionata da giochi di potere o da calcoli opportunistici per invertire la deriva”. Gratteri era il più idoneo a questo ruolo per il magistrato siciliano: per la sua indipendenza dal potere politico, per la sua estraneità alle correnti della magistratura, per la credibilità acquisita all’interno e all’esterno, per la sua esperienza in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta. E nel tracciare il profilo ha anche paragonato il distretto di Catanzaro a quello di Palermo dei primi anni ottanta invitando il Csm a non cadere negli errori che troppe volte hanno macchiato le sue scelte in passato creando condizioni di isolamento e delegittimazione per i magistrati più esposti nella lotta alle mafie. Sulle stesse posizioni Sebastiano Ardita, leader di Autonomia e Indipendenza, per il quale era necessaria la discontinuità per evitare la scelta di un terzo procuratore di origini partenopee. “Nel nostro Paese abbiamo altri fenomeni da contrastare oltre alla Camorra e la ‘ndrangheta è un fenomeno al quale prestare doverosa attenzione. La Calabria somiglia molto alla Sicilia degli anni ’80 e l’azione dello Stato è arrivata in ritardo trovando una situazione di inquinamento tra pubblico e privato”. Da qui la necessità di una direzione strategica e di una scelta altamente simbolica: “L’esclusione di Gratteri – ha evidenziato Ardita – sarebbe non solo una bocciatura ma anche un segnale devastante per tutto il movimento culturale antimafia”.

Il sostegno delle toghe rosse a Melillo

Un concetto criticato da uno dei leader di Area, la sinistra giudiziaria, Giuseppe Cascini. I rappresentanti delle toghe rosse hanno votato per Melillo e i loro voti si sono aggiunti a quelli del primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e del procuratore generale Giovanni Salvi. Per quale motivo? Per l’autorevolezza e la sobrietà con la quale ha diretto l’ufficio di Procura di Napoli, per la lunga esperienza maturata alla Dna nel ruolo di sostituto procuratore, per gli incarichi istituzionali alla presidenza della Repubblica e al ministero della Giustizia e per le sue competenze sia in materia di criminalità organizzata che di anti-terrorismo. La discussione è stata preceduta dalle relazioni di Fulvio Gigliotti per Gratteri, Antonio D’Amato per Russo e Alessandra Del Moro per Melillo che hanno illustrato i profili e le ragioni dei tre candidati sintetizzati in un dossier di 568 pagine. Diversi gli interventi. Tra coloro che hanno spinto il tasto verde votando per Gratteri il consigliere laico Stefano Cavanna della Lega che ha evidenziato le necessità di dare slancio all’azione della Dna secondo l’idea di Gratteri: non più un luogo di incontro conviviale con tante belle parole ma un ufficio di coordinamento, impulso e contrasto alle mafie. Tra la “prudenza” di Melillo e l’operatività di Gratteri è però prevalsa la prima linea. Una scelta ideologica e anche politica. Un’occasione persa così come sintetizzato dal Giuseppe Marra, membro del Csm in quota Autonomia e indipendenza. Il Plenum oggi poteva lanciare un segnale forte: scegliere il simbolo della lotta alla ‘ndrangheta, un magistrato senza collegamenti con la politica, senza peli sulla lingua, che dice sempre quello che pensa. Poteva scegliere Nicola Gratteri e dimostrare che in Italia i magistrati fanno carriera anche senza appartenere a una corrente. Come per Falcone prima e per Borsellino dopo è stata fatta un’altra scelta.

Il Csm, Gratteri e l’ennesima ingiustizia: Campania-Calabria 3-0. La dinastia napoletana continua

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