Commercianti sotto il giogo dell’usura nel Catanzarese, indagini chiuse

rapina cosenza

Di Gabriella Passariello- Avrebbero abusato delle difficoltà economiche di due commercianti, costretti a chiedere in prestito una somma iniziale “relativamente irrisoria”, pretendendo nel tempo tassi di interesse vertiginosi. Con le accuse a vario titolo di usura ed estorsione aggravata dalle modalità mafiose, il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Debora Rizza ha chiuso le indagini nei confronti dei coniugi Francesco Galati, 43 anni, Giuseppina Taverniti, 40 anni, entrambi di Guardavalle e Angelo Gagliardi, 25 anni, di Soverato.

“Ti Taglio la testa”

“Ti Taglio la testa”

Secondo le ipotesi di accusa i coniugi a maggio 2016 avrebbero elargito 20mila euro alla titolare di una gioielleria di Guardavalle Marina, imponendo interessi anticipati fino ad arrivare a pretendere negli anni la somma complessiva di 300, 400mila euro, minacciando il figlio della titolare della gioielleria di tagliargli la testa, con l’avvertimento che si sarebbero impossessati dell’attività del marito, della casa di proprietà, dell’oro della gioielleria. Avrebbero costretto la gioielliera a versare al Compro Oro di Catanzaro preziosi della propria clientela per recuperare liquidità, procurandosi l’ingiusto profitto, consistito nella consegna del denaro ricavato dalla vendita. Il debito andava onorato e Gagliardi e Taverniti  avrebbero minacciato il marito della titolare della gioielleria a cedere la sua attività commerciale ubicata a Guadavalle superiore.

“I debiti si onorano”

E per punirli della “loro poca tempestività” e del fatto che non avevano ottemperato a quanto pattuito, Galati avrebbe dato uno schiaffo al figlio dei due commercianti che si era recato a casa sua consegnando la somma di 6mila e 700 euro invece dei 13mila concordati, costringendo i genitori del ragazzo a pagare i debiti maturati nel corso dell’attività commerciale della gioielleria cedendo l’attività del marito.  Gagliardi e Taverniti sono stati raggiunti l’8 maggio scorso da un provvedimento di misura cautelare, eseguito dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Soverato e da quelli della Stazione di Guardavalle, che ha portato il primo in carcere e la seconda ai domiciliari, poi passata al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima. Gli indagati, difesi dai legali Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino avranno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati dal pubblico ministero, per produrre memorie e compiere ogni atto utile all’esercizio del diritto di difesa, prima che il magistrato, titolare del fascicolo, proceda con una richiesta di rinvio a giudizio.

Le indagini hanno avuto inizio nel maggio 2019, a seguito della denuncia presentata alla Compagnia dei carabinieri di Soverato dalle vittime, titolari di un esercizio commerciale e un’attività produttiva, ed è stata sviluppata attraverso indagini tecniche (intercettazioni telefoniche, ambientali e analisi di dati), attività tradizionali (osservazioni, controlli e pedinamenti) e accertamenti patrimoniali. I fatti oggetto delle indagini sono stati inquadrati, da inquirenti ed investigatori in un più ampio contesto di matrice ‘ndranghetista, per la riconducibilità degli indagati alla cosca Gallace, attiva nell’area Jonica Catanzarese, con proiezioni nel Lazio e in Lombardia. Nello stesso contesto, è stato eseguito un sequestro preventivo di beni mobili e immobili riconducibili agli indagati nei Comuni di Guardavalle, Soverato e Nettuno, per un valore complessivo di oltre 100mila euro.

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