di Gabriella Passariello- Si chiude senza un colpevole il processo nato dall’inchiesta che aveva determinato la caduta del Consiglio comunale di Catanzaro, una vicenda che risale a otto anni fa. Il giudice del Tribunale monocratico di Catanzaro Alessandro Bravin ha pronunciato una sentenza di non doversi procedere per maturata prescrizione nei confronti di Paolo Gravino; Ferdinando Tomaselli; Salvatore Tomaselli e Fabio Trapasso, imputati a vario titolo per compravendita di voti, falsificazione, alterazione delle schede e favoreggiamento personale, (difesi dai legali Gioconda Soluri, Dario Gareri, Andrea Gareri, Gregorio Viscomi e Antonio Lomonaco). Per Francesco Leone è stato pronunciato il non luogo a procedere per morte del reo. Troppi i rinvii di udienza nel corso del processo e oggi la sentenza che salva tutti gli imputati.
L’accusa: “50 euro per un voto”
L’accusa: “50 euro per un voto”
Le indagini sui voti comprati sono scattati all’indomani delle amministrative del 2012, quando l’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Gerardo Dominijanni, oggi procuratore aggiunto a Reggio, ha aperto un fascicolo in base a quanto riscontrato nell’informativa della Digos. Sono partiti i primi due avvisi di garanzia, uno dei quali a carico di Franco Leone il candidato di centrodestra a sostegno dell’aspirante sindaco Sergio Abramo con la lista “Per Catanzaro”, entrambi eletti, salvo poi la decisione del Tar di rimettere tutto in discussione, annullando il voto in otto sezioni e determinando la caduta del sindaco, della Giunta e del Consiglio comunale. Leone avrebbe fatto “carte false” pur di aggiudicarsi uno scranno a Palazzo De Nobili. E non avrebbe agito da solo. Con la complicità del suo sostenitore Ferdinando Tomaselli avrebbe fatto in modo di garantirsi una valanga di voti pagandoli a un prezzo “nemmeno tanto rilevante”. Di 50 euro sarebbe stata la somma destinata a ciascun elettore come ricompensa del voto dato. L’indagine della Procura intanto era andata avanti a ritmo serrato con nuove iscrizioni nel registro degli indagati e nuove ipotesi di reato, mentre gli uomini della Digos continuavano a sentire decine e decine di persone informate sui fatti.
Inchiesta sgonfiata per il decorso del tempo
Il pm aveva chiesto e ottenuto dall’allora gip Maria Rosaria Di Girolamo l’incidente probatorio, “necessario per evitare un inquinamento delle prove”, nel corso del quale non erano mancati colpi di scena. Alcuni testimoni avevano ritrattato la versione dei fatti raccontati al pubblico ministero nella prima fase delle indagini, negando di aver ricevuto soldi o la promessa di un posto di lavoro in cambio del voti. Un dietro front che aveva indotto il magistrato a chiedere la trasmissione degli atti in Procura per valutare la sussistenza di eventuali ipotesi di reato a loro carico. Ferdinando Tomaselli in qualità di supporter avrebbe garantito in occasione delle elezioni comunali del 6 e del 7 maggio 2012 una valanga di voti all’allora candidato Leone, che alla fine si aggiudicò uno scranno a Palazzo De Nobili. Un’inchiesta sgonfiata, finita in una bolla di sapone, a causa del decorso del tempo. Reati prescritti per tutti.