Comunali di Reggio Calabria, le ore più lunghe di Minicuci

Quanto a pedigree e “consistenza”, non pare ci siano realmente avversari per la nomination di Antonino Minicuci ad aspirante sindaco di Reggio Calabria nei ranghi della Lega (nel suo caso, senza tessera).

I NOMI 

I NOMI 

Vero è che non manca un discreto quantitativo di nomi (dal coordinatore provinciale del Carroccio Franco Recupero all’avvocato Giuseppe Lombardo, figlio dell’ex procuratore capo di Catanzaro Vincenzo Lombardo, dal fin qui unico consigliere comunale reggino leghista Emiliano Imbalzano all’ex assessore comunale e oggi consigliere regionale Tilde Minasi fino a “civici ciondolanti a Destra” come Angela Marcianò o più difficilmente Eduardo Lamberti-Castronuovo)  circolati per rimpinguare la “rosa” che verrebbe sottoposta da Matteo Salvini ai leader nazionali dei partiti alleati entro la giornata di domani.
Se rispettata questa data per l’interpartitica decisiva nel centrodestra strutturato – composto cioè quantomeno da Forza Italia, Lega e Fdi con la “variabile” Udc che dipende, come spesso già in passato, da intese sui territori ed “estro del momento –, la visita reggina di Salvini per presentare “sul campo”, a Reggio Calabria, il candidato alla sindacatura nella nuova sede provinciale leghista di via Miraglia potrebbe avere luogo già venerdì 24 luglio.

IL “CRISMA”

Il fatto è che, al di là di alcune rispettabili scelte “tutte politiche” (Tilde Minasi in pole position, nel caso), la figura che s’immagina al timone di Palazzo San Giorgio la Lega e l’intero centrodestra la ipotizzano come dotata di peculiari conoscenze d’ordine tecnico. E quando diciamo “tecnico” il riferimento va alla contabilità di un Ente pubblico e ai suoi gangli amministrativi.
Ecco perché ben difficilmente l’idea-Minicuci può essere accantonata a vantaggio di qualsiasi altra fin qui trapelata, Lombardo incluso.

IL SACRIFICIO

La cosa che solo alcuni hanno ben afferrato è che, se vincerà il centrodestra alle Comunali del 20 e 21 settembre, in realtà il sindaco incaricato sarà un po’ immolato, mandato al sacrificio. Perché Lega & C. sono straconvinti che l’Ente comunale reggino sia sostanzialmente in dissesto finanziario, e che questa volta – diversamente che nel post-Scopelliti, quando i numeri manifestamente attestavano il dissesto ma la Commissione straordinaria, su espressa richiesta dell’allora ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, fece di tutto per incanalare un “salvataggio” del Comune da questa prospettiva – tale dissesto vada immediatamente proclamato e formalizzato.
In tale eventualità il primo cittadino e la sua Giunta rimarrebbero in carica, così come il Consiglio comunale, ma “blindati” da una Commissione straordinaria governativa incardinata per occuparsi del disavanzo pregresso. Invece l’Amministrazione in carica opera sul bilancio “risanato”.

DISSESTO: I PARAMETRI

Un Comune, recita il Testo unico Enti locali, è in dissesto finanziario se non può più «garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili»; ovvero anche quando gravato da «crediti cui non si possa far validamente fronte». E come s’è visto, il piano di rientro trentennale secondo la Corte costituzionale era illegittimo perché, argomenta il Giudice delle leggi, non si possono traslare sulle generazioni future i debiti di quella presente
In più, va detto che ci sono otto nuovi importantissimi parametri tra quelli da compulsare per decretare se un Comune versi effettivamente in dissesto. Il primo utilizzo previsto è per il consuntivo 2018 e per il bilancio previsionale 2020/2022, e i parametri in questione sono: 1) incidenza delle “spese rigide” (ripiano disavanzo, personale e debito) su spese correnti; 2) incidenza degli incassi delle entrate proprie sulle previsioni definitive di parte corrente; 3) anticipazioni chiuse solo contabilmente; 4) sostenibilità debiti finanziari; 5) sostenibilità disavanzo effettivamente a carico dell’esercizio; 6) debiti riconosciuti e finanziati; 7) debiti in corso di riconoscimento ovvero riconosciuti e in corso di finanziamento; 8) effettiva capacità di riscossione rispetto al totale delle entrate.

DISSESTO: LE CONSEGUENZE

C’è anche da dire che è in errore chi ritiene che il dissesto finanziario, di fatto, “non produca conseguenze”.
In particolare, i debiti insoluti sono “congelati” (non producono più interessi e non sono soggetti a rivalutazione monetaria); le azioni esecutive intentate contro l’Ente vengono dichiarate estinte d’ufficio; i pignoramenti esperiti una volta deliberato il dissesto non vincolano l’Ente e il tesoriere; il Comune non può stipulare prestiti, e per ogni intervento può impegnare al massimo le somme già previste nell’ultimo Bilancio approvato; tutte le imposte e tasse locali vengono alzate al massimo per cinque anni, misura non revocabile; specificamente per la Tari, l’Ente in dissesto è obbligato ad applicare tariffe che assicurino la copertura integrale dei costi di gestione; il costo di servizi a domanda individuale come mensa scolastica o scuolabus andrà coperto con proventi tariffari.

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