di Danilo Colacino – Partiamo da una cifra: 11.322 euro e rotti. Somma che – presuntivamente, anzi verosimilmente – neppure copre l’intero cospicuo importo annuo (nel caso di specie relativo al 2015 o forse a una sua parte) versato da Palazzo De Nobili a un datore di lavoro – come ovvio privato – per pagare lo stipendio di un dipendente (nient’affatto campione di presenze in…ufficio) impegnato anche e soprattutto nelle vesti di consigliere comunale.
Ma non è il singolo, peraltro mica tale, verso cui ci concentriamo. No, tutt’altro.
Ma non è il singolo, peraltro mica tale, verso cui ci concentriamo. No, tutt’altro.
È infatti il meccanismo che vogliamo stigmatizzare. Un sistema davvero assurdo, che oseremmo definire perverso, perché in particolare in tempi di vacche magre, spending review e lotta agli sprechi, consente – in modo perfettamente legale, questo lo ribadiamo a chiare lettere – di mantenere una pletora di pubblici amministratori i quali non siano dipendenti pubblici o liberi professionisti.
Gente che, oltre al rimborso spese mensile pari a circa 900 euro o forse un po’ di più, fra il ‘lusco e il brusco’ con il mestiere di componente del civico consesso riesce ad ‘alzare’ paghe da favola considerati i difficili tempi attuali.
E chissà cosa salterà fuori quando al Codacons – nella persona del vicepresidente, Francesco Di Lieto, che ha inoltrato l’istanza di accesso agli atti al Comune – verranno consegnati i documenti, come quelli da noi in parte visionati, relativi al periodo 2012-2017 su tutti i ‘rimborsi spese’ dei vari membri dell’assemblea richiedenti poiché aventi diritto. Un esborso che possiamo definire astronomico per le casse dell’ente, pardon per le tasche dei catanzaresi.
Ma tu chiamalo, se vuoi, il costo della democrazia!