di Danilo Colacino – Caustico il Filippo Mancuso-pensiero sull’ipotesi accorduni con il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita. Perché le dichiarazioni che raccogliamo in un’intervista rilasciata in esclusiva a Calabria7 dallo stesso presidente del consiglio regionale fanno emergere un certo lampante fastidio sullo specifico argomento da parte sua. Che sfocia in sarcastiche dichiarazioni rivolte a quanti fanno circolare tali voci. Che, afferma piccato, “rispedisco al mittente. A coloro i quali, cioè, hanno dei mal di pancia con bruciori che io non posso far passare”.
D’accordo, ma resta il dato concreto e inconfutabile dell’elezione di giovedì scorso alla presidenza del Collegio dei Revisori di Palazzo De Nobili di Caterina Caputo con ben 22 preferenze su 33 totali. Che ha fatto emergere come una professionista a lei molto gradita abbia fatto incetta di voti in consiglio comunale.
D’accordo, ma resta il dato concreto e inconfutabile dell’elezione di giovedì scorso alla presidenza del Collegio dei Revisori di Palazzo De Nobili di Caterina Caputo con ben 22 preferenze su 33 totali. Che ha fatto emergere come una professionista a lei molto gradita abbia fatto incetta di voti in consiglio comunale.
“E questo significherebbe che c’è un patto segreto tra me e il sindaco? Pura fantasia. Altrimenti, sarei riuscito a imporre il presidente del civico consesso da me designato. E invece, niente da fare. La verità, dunque, è un’altra. Caterina è una collega (anche Mancuso è un affermato commercialista, prestato alla politica, ndr) e soprattutto un’amica. Che stimo. Come, del resto, il compianto Franco La Cava (predecessore della citata Caputo, improvvisamente scomparso poco tempo fa, ndr). Noi facevamo parte di un gruppetto di persone legate da affetto. Ecco allora che, quando Caterina mi ha reso nota l’intenzione di proporsi per il prestigioso ruolo, io le ho subito detto ok. E ho aggiunto: ti darò una mano in questa tua campagna elettorale, definiamola così. Ma c’è di più”.
Ci dica tutto.
“Mi era parso che il suo nome non dispiacesse ad alcuno dei consiglieri della mia parte politica o dei componenti della compagine scesa in campo a giugno scorso per guidare la città. Incluso Gianni Parisi, oltretutto una figura molto qualificata ed esperta nell’occasione svolgendo la nostra medesima professione. Che però, evidentemente, deve aver nel frattempo cambiato idea. Ma, al di là di qualche possibile e legittimo mutamento di parere in corso d’opera, avevo riscontrato un chiaro favore nei confronti di Caterina pure nel fronte guidato da Antonello Talerico. E, come ovvio, nell’intero centrosinistra. Mi creda, allora, se non vedo dove stia il problema”.
E, invece, ribadiamo che ad avviso di più di qualcuno il ‘problema’ di una sua sospetta ingerenza pro Fiorita, o quantomeno di un’intesa con il sindaco, nelle dinamiche comunali c’è. Eccome.
“E io ripeto che non è una faccenda di cui devo occuparmi. Anzi, credo di aver dedicato già abbastanza tempo a questa sterile discussione. Meglio cambiare argomento, allora”.
Come parlare di un possibile ingresso in Giunta di figure a lei vicine in quella che fu l’Aula Rossa. Cosa c’è di vero a riguardo?
“Lo chieda a Fiorita. Io, in merito, ne so quanto lei. O, forse, addirittura meno. Altra cosa è se mi pone la domanda su un possibile rimpasto della squadra di governo cittadino”.
“Il mio ragionamento è politico e vale in termini del tutto astratti. Non so, quindi, se o quando potrebbe quadrare anche per la realtà attuale catanzarese. Ma è chiaro come il sole che il responso delle urne era quello di un sindaco inizialmente lontanuccio dai numeri per poter andare avanti. Almeno in modo sereno e con prospettive di lungo termine. Poi, invece, la maggioranza si è allargata alla svelta. E anche di parecchio. Ovvio, dunque, che abbia pescato consensi nel centrodestra. O, quantomeno, in chi si è candidato nelle file del nostro schieramento a supporto del professore Valerio Donato. Di conseguenza, non mi meraviglierei se oggi o domani uno o più fra questi interlocutori e sostenitori di Fiorita venisse gratificato con un posto nell’Esecutivo”.
Magari rilevando un membro della nutrita pattuglia di assessori tecnici, non candidatisi o comunque non prima eletti consiglieri?
“E come potrei rispondere a tale interrogativo, mi scusi? Le ho già specificato, mi pare, che io ho fatto un discorso puramente accademico e su un piano squisitamente politico”.
Continua a schermirsi. Sostiene di contare poco e sapere ancora meno sul Comune.
“Sicuro. Io, per fortuna o meglio grazie alle migliaia di cittadini che mi hanno dato la loro fiducia, sono stato confermato nell’assise di Palazzo Campanella a ottobre 2021, venendo poi addirittura scelto dai miei colleghi quale presidente dell’assemblea. Non mi sembra dunque di aver bisogno di contentini o premi di consolazione di qualsivoglia genere”.
Eppure torniamo sempre alla casella di partenza come nel Gioco dell’Oca, perché l’idea di molti è un’altra. Come se lo spiega?
“Semplice: io mi sono battuto, e mi batto quotidianamente, per reperire finanziamenti pubblici da destinare alla mia città. Che amo in maniera viscerale. Ed è chiaro che su infrastrutture come porto, presidi sanitari d’eccellenza, depuratore, grandi vie di comunicazione e così via, quando posso do una mano al sindaco Nicola Fiorita con cui devo quindi necessariamente avere una fitta interlocuzione. Ma è un rapporto, anche di una certa consuetudine, dovuto per lo più al mio ruolo istituzionale. E penso proprio che sia da questo che trovino origine strumentalizzazioni, speculazioni e anche futili pettegolezzi, se mi consente”.
Non sarà pure perché lei è un esponente leghista in una terra in cui in parecchi dopo un sorprendente, ma parrebbe anche fugace, ‘amore’ per il Carroccio, espresso nelle urne una manciata di anni orsono, avrebbe deciso di fare marcia indietro?
“Non ho ancora questa certezza assoluta in termini di una crescente o addirittura dilagante antipatia nei confronti della Lega. Non mi sembra, tuttavia, di essere ai primi posti nell’indice di gradimento del mio partito. In cui ho assunto posizioni anche molto critiche, avendo da sempre creduto nel principio della facoltà di espressione di un democratico dissenso interno in qualsivoglia organizzazione politica”.