Comune di Catanzaro, a forte rischio la tenuta della maggioranza

di Danilo Colacino – Si ricorre spesso al noto modo di dire ‘la domanda delle cento pistole’ per definire un quesito assai difficile, la cui risposta esatta meriterebbe una ricompensa di altrettante monete d’oro. Ma per descrivere la situazione del Comune di Catanzaro degli ultimi giorni sarebbe probabilmente più corretto parafrasare così: ‘le cento domande della pistola’. E il perché di questa sorta di anagramma è presto detto: la tenuta della maggioranza è a forte rischio, tuttavia le variabili che incombono sul futuro – anche a breve termine – dell’amministrazione Abramo sono innumerevoli malgrado si faccia finta di niente.

I possibili scenari. La premessa dell’assunto del nostro ragionamento, chiaramente basato su fatti e notizie certe, è legata al più classico dei sillogismi aristotelici: ‘nessuno dei membri del civico consesso in carica ha voglia di andare a casa in anticipo’; ‘Sergio Abramo è tecnicamente il primo dei consiglieri, Abramo non vuol andare a casa’. Ma basta la volontà e il naturale istinto di conservazione dei componenti dell’assemblea cittadina per lasciare tutto com’è? No o almeno non del tutto. L’idea diffusa, si sa, è di scaricare Forza Italia, sacrificata sull’altare delle ormai sempre più imminenti Regionali in vista di cui lo stesso partito azzurro ha puntato sul sindaco di Cosenza Mario Occhiuto quale aspirante governatore. Il tentativo di ‘golpe’ nel capoluogo, ardito malgrado le recenti traversie del partito del Cav, converrebbe quindi allo stesso Abramo, animato dal desiderio mai sopito di insediarsi al decimo piano della Cittadella da presidente, e agli Abramoboys di Palazzo De Nobili. Sarebbe però assai gradito pure agli aielliani, che in un colpo solo direbbero ciaone al dominus locale di Fi Mimmo Tallini e al nemico giurato dei fratelli Gentile (sodali di Piero Aiello) Occhiuto, e persino a uno dei leader della minoranza. Chi? Quel Sergio Costanzo che, è noto, non vede l’ora di regolare i conti con l’ex mentore e amico Mimmo, consumando una vendetta politica accarezzata da tempo. Ma il paradosso di un piano all’apparenza perfetto risiede proprio nella necessità di lasciare il posto nell’assise, per così dire a seguito di un suicidio di massa, e soprattutto nella conditio sine qua non che sia il medesimo Tallini a causare l’effetto domino staccando la spina a una maggioranza da mesi con la crisi di rigetto forzista.

I possibili scenari. La premessa dell’assunto del nostro ragionamento, chiaramente basato su fatti e notizie certe, è legata al più classico dei sillogismi aristotelici: ‘nessuno dei membri del civico consesso in carica ha voglia di andare a casa in anticipo’; ‘Sergio Abramo è tecnicamente il primo dei consiglieri, Abramo non vuol andare a casa’. Ma basta la volontà e il naturale istinto di conservazione dei componenti dell’assemblea cittadina per lasciare tutto com’è? No o almeno non del tutto. L’idea diffusa, si sa, è di scaricare Forza Italia, sacrificata sull’altare delle ormai sempre più imminenti Regionali in vista di cui lo stesso partito azzurro ha puntato sul sindaco di Cosenza Mario Occhiuto quale aspirante governatore. Il tentativo di ‘golpe’ nel capoluogo, ardito malgrado le recenti traversie del partito del Cav, converrebbe quindi allo stesso Abramo, animato dal desiderio mai sopito di insediarsi al decimo piano della Cittadella da presidente, e agli Abramoboys di Palazzo De Nobili. Sarebbe però assai gradito pure agli aielliani, che in un colpo solo direbbero ciaone al dominus locale di Fi Mimmo Tallini e al nemico giurato dei fratelli Gentile (sodali di Piero Aiello) Occhiuto, e persino a uno dei leader della minoranza. Chi? Quel Sergio Costanzo che, è noto, non vede l’ora di regolare i conti con l’ex mentore e amico Mimmo, consumando una vendetta politica accarezzata da tempo. Ma il paradosso di un piano all’apparenza perfetto risiede proprio nella necessità di lasciare il posto nell’assise, per così dire a seguito di un suicidio di massa, e soprattutto nella conditio sine qua non che sia il medesimo Tallini a causare l’effetto domino staccando la spina a una maggioranza da mesi con la crisi di rigetto forzista.

La convenienza di Fi a far saltare il banco. I luogotenenti talliniani sono alla finestra, ma intanto hanno iniziato a dare segnali di insofferenza, sferzando da ultimo assessori e dirigenti (vero Manuela Costanzo?) e puntando l’indice contro talune scelte abramiane. Siamo però ancora lontani dal punto di rottura, che potrebbe invece arrivare se Giovanni Toti (il quale avrebbe dato ospitalità ai ‘reprobi’ di Fi Gentile e Aiello) rifiutasse l’offerta di Berlusconi di far parte del direttorio incaricato di rilanciare la sua creatura politica. A quel punto, infatti, la coalizione formata da Lega, Fratelli d’Italia e movimento totiano, si salderebbe a detrimento appunto di Forza Italia che dovrebbe trarne le conseguenze a tutti i livelli e a ogni latitudine. A Tallini, quindi, non resterebbe che decidere fra il continuare come nulla fosse, facendosi però logorare senza più potere per dirla con Andreotti, o staccare la spina, ritirando i…suoi dalla Giunta e non garantendo più l’appoggio all’Amministrazione in carica. Davvero un bel dilemma, salvo – ribadiamo – Toti ‘rientri nei ranghi’. Difficile, ma non impossibile.

La terza via. Ci potrebbe comunque essere una terza via, la più agevolmente percorribile peraltro, configurabile in una specie di patto di desistenza fra le varie anime dell’eterogeneo Consiglio. Un consesso in cui l’opposizione non sembra ancora pronta a fornire un’alternativa unitaria e organizzata all’attuale sindaco con il prof Nicola Fiorita in lunga attesa di una sponda Democratica e di altri soggetti del centrosinistra, che dunque necessita di tempo, così come l’ala pro Abramo è ancora al lavoro per fare all in alle Regionali. Senza contare una Fi intenta a sfogliare la margherita per l’avvenire e un Costanzo riottoso all’inedita ‘alleanza di scopo’ con Tallini in una mozione di sfiducia congiunta avanzata ai danni dell’omonimo Sergio. “Fantapolitica”, esclameranno alla lettura del nostro articolo i diretti interessati. Fatto sta che alcuni leader della maggioranza dovrebbero allora ad esempio spiegare (ma per cortesia in maniera plausibile) la ‘normalità’ della pubblica sconfessione di ieri sera da parte di Officine del Sud del suo stesso capogruppo Giuseppe Pisano, intervenuto (“a titolo personale”, ha puntualizzato il dirigente della lista facente capo a Claudio Parente, Raffaele Pilato) unitamente ai colleghi Ezio Praticò e Rosario Mancuso in favore dell’inversione del senso di marcia su Corso Mazzini. Provvedimento viceversa avversato da Fi e Obiettivo Comune. Un pasticciaccio insomma.

I casi del sindaco Rosario Olivo e del governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani. Alla luce delle considerazioni fatte, chissà allora che non si ripeta – a parti invertite o quasi – la storia dell’anno conclusivo della consiliatura guidata da Olivo con il centrodestra all’epoca stampella di un sindaco in minoranza per ‘senso di responsabilità’ o del governatorato Errani, sostenuto fino alla scadenza del mandato dal Pd da cui pure il presidente era fuoriuscito per aderire a LeU.

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