Concorso pilotato all’ospedale di Catanzaro, il pm in aula: “A giudizio i 5 imputati”

parcheggio ospedale pugliese

La prima richiesta di rinvio a giudizio risale al 14 gennaio del 2019 mentre i fatti contestati si riferiscono all’ottobre del 2016. È la storia di un vecchio concorso pubblico per dirigente medico. Un posto di lavoro molto ambito, seppur a tempo determinato, nel reparto di Medicina e Chirurgia d’accettazione d’urgenza dell’ospedale “Pugliese” di Catanzaro. Un concorso chiacchierato che, a vario titolo, ha finito per inguaiare cinque professionisti. Da una parte Mario Verre, 69 anni di Catanzaro; e Maria Costanza Pullano, 72 anni di Catanzaro, all’epoca dei fatti componenti di una commissione esaminatrice dell’Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” oltre a Marcella Russo, 67 anni, anche lei di Catanzaro, segretaria della stessa commissione; dall’altra parte Claudio D’Amore, 48 anni di Giardini Naxos e Rita Zaccone, 53 anni di Catanzaro, i candidati al posto di dirigente medico assunti a tempo determinato con una procedura ritenuta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro tutt’altro che regolare. Il pm in aula ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per i 5 imputati cui sono seguite le discussioni dei legali Mario Zimatore, Vincenzo Ioppoli, Giovanni Merante e Maurizio Saniscalco. Si ritornerà in aula il prossimo 6 novembre.

Le ipotesi accusatorie

Le ipotesi accusatorie

I cinque devono rispondere, in concorso tra di loro, di abuso d’ufficio continuato. Secondo l’accusa Rita Zaccone e Claudio D’Amore, legati da stretti rapporti personali con Maria Costanza Pullano, sarebbero stati favoriti nella selezione. La stessa Pullano avrebbe pubblicamente e in più occasioni “manifestato l’intenzione di favorirli al fine di farli assumere quali dirigenti medici ancorché a tempo indeterminato”. Insieme agli altri componenti della commissione sarebbe stato redatto dapprima un elenco di 35 candidati con al fianco ai nomi di D’Amore e Zaccone la scritta “No” in quanto sprovvisti dei requisiti specifici previsti dall’avviso pubblico, ovvero la specializzazione in Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza. Successivamente avrebbero stilato un secondo elenco di “candidati con il titolo di ammissione” e in corrispondenza del nome dei candidati D’Amore e Zaccone al posto della dicitura “No” presente nella precedente lista sarebbe stata inserita la dicitura “servizio”, “requisito di ammissione non contemplato – secondo quanto si legge nel capo di imputazione – dall’avvio pubblico e utilizzato per l’accusa dalla commissione al solo finne di consentire la partecipazione alla selezione dei due candidati”. Superato il primo scoglio i commissari avrebbero attribuito a Rita Zaccone e a Claudio D’Amore un punteggio maggiore e non rispondente ai criteri prescritti dall’avviso pubblico. Così nella formulazione della graduatoria definitiva i due risultavano rispettivamente posizionati al primo e al quarto posto. “Un ingiusto vantaggio” procurato ai due aspiranti dirigenti medici che sarebbe consistito – secondo l’accusa – nell’inserimento nella graduatoria definitiva approvata nel gennaio del 2017 e nella successiva assunzione a tempo determinato (nell’aprile del 2017) nell’Unità operativa oggetto del concorso con la qualifica di dirigente medico. (m.f.)

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