Il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, figlio di Pantaleone Mancuso, alias “l’ingegnere”, esponente di spicco, già condannato per gravi reati di mafia, dell’omonima cosca, denuncia – attraverso una lettera inviata al Presidente della Repubblica, inoltrata dal proprio legale di fiducia – presunti maltrattamenti sulla figlia da parte degli operatori dei Servizi Sociali affidatari. “Illustrissimo Presidente della Repubblica, Onorevole Sergio Mattarella, scrivo la presente – si legge nella missiva – con grande speranza perché solo Lei può intervenire, quale Istituzione che vigila sul rispetto della Costituzione Italiana, per risolvere la controversa vicenda che riguarda mia figlia.
“Ho deciso di collaborare”
“Ho deciso di collaborare”
“Il 18 giugno 2018, mentre ero detenuto – afferma Emanuele Mancuso –, sette giorni prima che nascesse la mia primogenita, ho deciso di collaborare con la giustizia, rendendo dichiarazioni auto ed etero accusatorie, nei confronti di esponenti di spicco della criminalità organizzata, alla Procura della Repubblica di Catanzaro-Direzione Distrettuale Antimafia, recidendo i contatti con la mia famiglia di origine e sottoponendomi, nel corso di questi quattro anni, a numerosi esami, ex art. 210 c.p.p., anche per gravi reati omicidiari”.
“A causa della mancata adesione della mia ex compagna allo speciale programma di protezione, ai fini della tutela dell’incolumità fisica della mia bambina, di allora pochi mesi, il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro prima, e quello di Roma successivamente, hanno limitato la responsabilità genitoriale di entrambi, affidando la stessa al Servizio Sociale territorialmente competente in relazione alla località protetta, individuata dal Servizio Centrale di Protezione, con facoltà della madre di seguirla, se consenziente”.
“Nessuno ha preso a cuore la mia bambina”
“La mia ex compagna – continua Mancuso -, pur non dissociandosi dal contesto criminale, tutt’oggi imputata per reati, aggravati dal metodo mafioso, e già condannata, in primo grado, alla pena di anni 4 per aver ideato, unitamente ai miei congiunti più stretti ed utilizzando quale strumento anche la bambina, un piano per farmi
abbandonare l’intrapreso percorso di collaborazione con la giustizia, convive, in esecuzione dei decreti dei
Tribunali per i Minorenni già citati, in una casa famiglia, con la minore. Oggi Le scrivo in quanto Lei è custode e garante del rispetto della nostra Costituzione”.
“Mi riferisco agli articoli che riguardano diritti e doveri dei cittadini e, soprattutto, la tutela dell’infanzia. Orbene, mia figlia è, attualmente, affidata al Servizio Sociale. In virtù di tale affidamento subisce continui maltrattamenti dagli operatori dei Servizi Sociali affidatari, fatti comunicati e denunciati, tempestivamente e puntualmente, alle Autorità competenti. Purtroppo, nel corso dei mesi, nonostante le numerose segnalazioni, nessuno ha preso a cuore la delicata questione della mia bambina con totale disinteresse da parte di tutti”.
“Una sola ora a settimana”
“Attualmente è costretta ad incontrarmi – si legge nella lettera indirizzata a Mattarella –, in base ad un calendario predisposto dai Servizi Sociali e dal Servizio Centrale di Protezione, per poco più di 60 minuti a settimana, in locali fatiscenti, con evidenti carenze igienico-sanitarie; con la perpetrazione, da parte degli assistenti sociali, di atteggiamenti traumatici che possono in futuro sviluppare, nella minore, serie problemi psicologici. Da mesi manifesto con note scritte, anche provenienti dal mio difensore, questa condizione”.
“Ho chiesto di essere sentito in Commissione Centrale e dalla Procura Distrettuale di Catanzaro. Richieste rimaste inesitate. Oggi chiedo il Suo prezioso intervento in quanto sono convinto che alla base di tutto vi sia un’inquietante “complotto” avente come unico obiettivo quello di “stancarmi” ed indurmi ed abbandonare la collaborazione con la giustizia e, conseguentemente, fuoriuscire dal programma di protezione”.
“Distorsioni del sistema”
“Le chiedo, cortesemente, di ricevermi personalmente, presso il Suo Ufficio di Presidenza, per poterLe
rappresentare in modo completo, con la produzione di tutti gli atti richiamati, la complessa e delicata
situazione che la minore ed io siamo costretti a subire. Ribadisco alcune distorsioni del sistema che stanno permettendo a mia figlia di crescere a contatto con la madre la quale non si è mai dissociata dalla mia famiglia di origine, la cd. cosca “Mancuso”, custodendone i segreti criminali più stretti nonché resasi, persino, responsabile del reato di furto in flagranza, presso la località protetta, nel mentre le viene vietato di avere relazioni costanti e significative con me che ho deciso di recidere ogni legame con la criminalità organizzata proprio per offrirle un futuro di dignità e soprattutto di libertà. Spero – conclude il collaboratore di giustizia – in un Suo intervento decisivo e Le porgo distinti saluti.”