di Danilo Colacino – L’equilibrio è importante, in tutti gli ambiti. Figuriamoci nel giornalismo.
Ecco perché c’è una questione fondamentale, di cui si sta discutendo molto negli ultimi giorni, da affrontare su cui bisogna fare subito chiarezza: le cosiddette scarcerazioni facili, dettate – se non quando persino letteralmente favorite – dall’emergenza Coronavirus.
Ecco perché c’è una questione fondamentale, di cui si sta discutendo molto negli ultimi giorni, da affrontare su cui bisogna fare subito chiarezza: le cosiddette scarcerazioni facili, dettate – se non quando persino letteralmente favorite – dall’emergenza Coronavirus.
Ebbene, in proposito si deve spiegare – anche con il conforto dei numeri – per sottolineare i rischi ma pure al fine di non far ‘scandalismo’.
Partiamo dalle cifre: prima del Covid-19 la popolazione carceraria, peraltro in palese sovraffollamento, ammontava a 61.200 unità.
Adesso invece poco meno di un mese e mezzo dopo è scesa a 54.300.
Ma questo drastico calo è dovuto, oltre all’affievolimento della pena carceraria per il Sars-CoV-2 in presenza di talune condizioni che ora vedremo, anche alla sospensione dei blitz e – fatalmente – della commissione stessa di una serie di reati comuni e addirittura dei più gravi.
Ma resta il fatto che, sì, è stato introdotto il criterio della ‘comorbilità’ per i detenuti, pure quelli ristretti in alta sicurezza per la natura dei crimini commessi, con oggettivi fattori di rischio per la propria salute in conseguenza di un possibile contagio.
Gente che potrebbe pure essere ristretta al regime del 41bis come i boss mafiosi già scarcerati al Nord e i loro omologhi ‘ndranghetisti, usciti in Calabria.
Ma sul punto gli stessi legali dei possibili diretti si dicono scettici sul fatto che ci possa essere un boom di… liberazioni, poiché non sussistendo delle specifiche patologie pregresse nel richiedente la misura più ‘tenue’ è utopico confidare nell’accoglimento di istanze di tale segno da parte delle Corti competenti