Covid19, Catanzaro: ieri viale Ciaccio come Sarajevo nella guerra dei Balcani

de lellis catanzaro

di Danilo Colacino – Non la si ferma la vita che ‘scorre’. Nemmeno se c’è il rimorso di poter arrecare grave danno agli altri o domina la paura.

Compresa quella più brutta che esista: della morte.

Compresa quella più brutta che esista: della morte.

Ecco cosa ci è venuto in mente ieri.

Sì proprio in una delle più belle Pasquette, solo meteorologicamente parlando s’intende, degli ultimi anni.

E se stiamo per ricorrere  a un paragone certamente parecchio ardito, è perché la gente da noi scorta nel Viale del Ciaccio (senza violare la quarantena grazie alla residenza, diciamo così, propizia), non molta in termini assoluti ma davvero troppa in ragione del mostruoso Covid in agguato, ci ha scoraggiato o forse persino costretto a rassegnarci.

E il motivo è quello detto in partenza.

Non la si spegne la voglia di vivere con un Decreto governativo, a meno che (i colti qui ricorrerebbero all’ottativo greco, periodo ipotetico dell’irrealtà) non si schierino i cararmati per le strade e non certo per erogare multe da 400-500 euro ai trasgressori dello stesso Dpcm.

Cosa abbia spinto i catanzaresi del rione Pontepiccolo (pur se abbiamo notato anche un paio di individui di colore, sebbene muniti di protezione ma calata sul collo, in apparenza a passeggio) a violare il rigido divieto imposto di ‘disobbedire’ proprio nel giorno santo del Lunedì dell’Angelo è presto detto: l’irresistibile e, nella fattispecie soprattutto irresponsabile però, volontà di tornare alla normalità.

Ed ecco quindi – subito dopo il pranzo – pararsi a distanza di sicurezza da noi, ma non abbastanza da togliercene la vista, il padre (un matto, consentiteci) portare il pargolo di al massimo sei anni d’età a fare una bella sgambata interminabile senza protezioni di sorta; l’aitante giovanotto in canotta e short, soli indumenti addosso altro che mascherina, fare jogging sotto gli alberi; il ragazzo sulla trentina portare a spasso il cane per circa un’ora o forse più, almeno però con una maschera da attacco nucleare in corso; la coppia attempata – del tutto sguarnita di bardatura (citazione, siamo innocenti per il termine usato) desiderosa di smaltire il verosimilmente luculliano banchetto del dì di festa con una lunghissima promenade e addirittura la premurosa mammina, o zia chissà (a cui va comunque un’ideale premio da parte nostra), intenta a fare scuola guida.

Sì una doviziosa istruzione di conduzione del veicolo alla figlioletta (o nipotina) a bordo di ‘scattante’ vecchia utilitaria nera.

Un modo di intendere l’esistenza senza privazioni e limiti di sorta, quindi, seppur in questo momento minacciata da un nemico invisibile sempre in circolo, così come facevano vari incoscienti temerari a Belgrado o Sarajevo durante la guerra nella ex Jugoslavia, incuranti dei cecchini con mitra e fucili di precisione i quali li facevano secchi non appena mettevano il naso fuori casa senza il placet dei miliziani balcanici in lotta.

Noi, invece, neppure ci sia avvicinati a ‘portata di zoom’ per fare una foto.

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