Coronavirus, comunità per minori: “Siamo abbandonati dalle istituzioni”

Stanno continuando a lavorare senza sosta nell’emergenza dettata dalla diffusione del coronavirus “nel silenzio più assoluto – dicono – da parte delle istituzioni”.

Si tratta degli enti gestori e gli operatori di 30 comunità di accoglienza dei minori di Cosenza e provincia che rivolgono un appello alla Regione Calabria. Le comunità, che offrono accoglienza e percorsi di educazione e formazione a tutti i bambini che non hanno una famiglia alle spalle, chiedono alla presidente della Regione, Jole Santelli e all’assessore regionale al Welfare, Gianluca Gallo un intervento affinché venga dato il giusto riconoscimento, anche economico, a queste realtà così come previsto dal decreto n. 503/19, in vista anche dell’imminente redazione del bilancio regionale. “Tutti  – si legge in un documento -stanno affrontando, con sacrificio, le conseguenze alla pandemia da coronavirus, ma a pagare più di tutti sono soprattutto i bambini e le bambine, costretti a star dentro casa e a non poter dare giusto sfogo a tutta la loro esuberanza e alle loro energie, risentendo anche della lontananza dagli affetti più cari. Non c’è più la scuola, non ci sono le attività sportive, anche le visite delle famiglie sono venute meno. Il compito delle case di accoglienza è quello di dare un futuro a questi ragazzi e ragazze segnati da sofferenze e traumi dai risvolti a volte drammatici che richiedono passione, competenze educative e tanto, tanto impegno. Tenere dentro casa e far convivere ragazzini tra gli 8 e i 18 anni 24 ore su 24, sta diventando – spiegano – un’impresa faticosa e ardua, destabilizzante per gli stessi educatori, costretti a tour de force e turni massacranti, peraltro senza alcun riconoscimento economico. “Non sappiamo ancora cosa ci sarà riservato – dichiarano gli operatori – e siamo preoccupati che questa crisi renderà ancora più debole questo settore se non si avvierà fin da subito un percorso strutturato capace di riformare, sostenendoli, questi servizi necessari e vitali per il welfare calabrese. Occorreranno strumenti che possano rinforzare l’istruzione e l’educazione dei ragazzi, interventi strutturali e tecnologici delle comunità, riqualificazione degli operatori e adeguamenti dei salari”. Le case famiglia, dunque, chiedono interventi immediati sia per dare risposte ai bisogni legati all’emergenza, ma anche per strutturare meglio i servizi in futuro, servizi purtroppo fortemente penalizzati in tutti questi anni a causa di un trattamento economico scandaloso e, fanno sapere ancora gli operatori, “secondo anche ai canili, con tutto il rispetto dei cani”. Le 30 strutture di accoglienza si dicono disponibili ad un incontro con le istituzioni regionali “al fine di giungere ad una soluzione condivisa e dignitosa per operatori e ragazzi”.

Si tratta degli enti gestori e gli operatori di 30 comunità di accoglienza dei minori di Cosenza e provincia che rivolgono un appello alla Regione Calabria. Le comunità, che offrono accoglienza e percorsi di educazione e formazione a tutti i bambini che non hanno una famiglia alle spalle, chiedono alla presidente della Regione, Jole Santelli e all’assessore regionale al Welfare, Gianluca Gallo un intervento affinché venga dato il giusto riconoscimento, anche economico, a queste realtà così come previsto dal decreto n. 503/19, in vista anche dell’imminente redazione del bilancio regionale. “Tutti  – si legge in un documento -stanno affrontando, con sacrificio, le conseguenze alla pandemia da coronavirus, ma a pagare più di tutti sono soprattutto i bambini e le bambine, costretti a star dentro casa e a non poter dare giusto sfogo a tutta la loro esuberanza e alle loro energie, risentendo anche della lontananza dagli affetti più cari. Non c’è più la scuola, non ci sono le attività sportive, anche le visite delle famiglie sono venute meno. Il compito delle case di accoglienza è quello di dare un futuro a questi ragazzi e ragazze segnati da sofferenze e traumi dai risvolti a volte drammatici che richiedono passione, competenze educative e tanto, tanto impegno. Tenere dentro casa e far convivere ragazzini tra gli 8 e i 18 anni 24 ore su 24, sta diventando – spiegano – un’impresa faticosa e ardua, destabilizzante per gli stessi educatori, costretti a tour de force e turni massacranti, peraltro senza alcun riconoscimento economico. “Non sappiamo ancora cosa ci sarà riservato – dichiarano gli operatori – e siamo preoccupati che questa crisi renderà ancora più debole questo settore se non si avvierà fin da subito un percorso strutturato capace di riformare, sostenendoli, questi servizi necessari e vitali per il welfare calabrese. Occorreranno strumenti che possano rinforzare l’istruzione e l’educazione dei ragazzi, interventi strutturali e tecnologici delle comunità, riqualificazione degli operatori e adeguamenti dei salari”. Le case famiglia, dunque, chiedono interventi immediati sia per dare risposte ai bisogni legati all’emergenza, ma anche per strutturare meglio i servizi in futuro, servizi purtroppo fortemente penalizzati in tutti questi anni a causa di un trattamento economico scandaloso e, fanno sapere ancora gli operatori, “secondo anche ai canili, con tutto il rispetto dei cani”. Le 30 strutture di accoglienza si dicono disponibili ad un incontro con le istituzioni regionali “al fine di giungere ad una soluzione condivisa e dignitosa per operatori e ragazzi”.
Redazione Calabria 7

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