Coronavirus, “I contagi nelle Rsa calabresi sono colpa delle Asp territoriali”

“La storia ci consegnerà il suo verdetto sulla vicenda delle RSA calabresi. Farà luce sulle colpe di chi non ha saputo o, probabilmente, voluto affrontare con responsabilità ed umanità la situazione Covid-19. Ma, la storia ha sempre bisogno di tempo e noi, francamente non ne abbiamo più, difronte a tante morti inspiegabili e molte volte, moltissime volte, nascoste!”. Lo affermano in una nota Alfredo Serrao e Antonello Fabiano, de “I Quartieri” e Francesco Di Lieto del Codacons Calabria.

“In questa storia esiste, purtroppo, un’altra verità rispetto a quella che ci viene consegnata dalla cronaca.

“In questa storia esiste, purtroppo, un’altra verità rispetto a quella che ci viene consegnata dalla cronaca.
Gli anziani pazienti sono diventati positivi al Covid-19 o sono deceduti nelle RSA, quelle strutture che avrebbero dovuto proteggerli (?), non perché il virus sia stato portato dai parenti, visto che la chiusura è in vigore ormai da ben oltre un mese ma, incredibilmente dagli stessi operatori sanitari che lavorano nelle RSA.
Già questo mette un grande punto interrogativo sulla tanto decantata “qualità” di queste strutture che vivono e si ingrassano sui soldi pubblici. Le vicende che riguardano le RSA in Italia sono facilmente sovrapponibili alle vicende in terra di Calabria, perché è un sistema che considera gli anziani fragili, come una fonte di guadagno. Non garantendo loro il rispetto di standard di cura in virtù di una presa in carico per conto del Servizio Sanitario. In Calabria poi, si sovrappongono tante altre vicende di maltrattamenti, di mancanza di standard convalidabili di condizioni igienico-sanitarie nelle strutture. Non ci scandalizza il tutto, perché se la sanità territoriale nel complesso è un sistema malato – e vogliamo essere buoni – questa malattia che non è solo il Covid-19, ha origini lontane. Prende corpo dalla scomparsa della dignità e del rispetto di diritti costituzionali degli anziani e delle loro famiglie. E’ così in questi giorni abbiamo ulteriore conferma che il sistema di verifica e di controllo degli enti esterni, in Calabria si conclude, sempre o quasi sempre, con il riconoscimento di “complimenti” per la gestione delle strutture. Quando poi, in verità i dati che ne vengono fuori, quando non sono colpevolmente addomesticati, dicono il contrario. Risulta così normale che le Asp chiamate per legge alla verifica delle condizioni di sostenibilità delle RSA, sono territori senza frontiere, concedendo in colpa, probabilmente, lo screening dei tamponi per l’identificazione dei positivi al Covid-19 sui pazienti e sanitari delle RSA, ai dipendenti stessi delle RSA (?). Quelle verifiche che poi, presumibilmente, sono state fatte in violazione di precisi protocolli; quelli che proprio le Asp avrebbero dovuto attuare e verificarne, facendoli eseguire al loro personale e non certamente al personale infermieristico delle RSA, nonostante la smentita dell’OPI di Cosenza. Ma, se tutto questo non bastasse, sono sempre le Asp che in “deroga” di un preciso obbligo nell’attuare lo screening dei tamponi, mandano i sanitari interni delle RSA a fare la verifica in alcune realtà in “zona rossa”, a Chiaravalle Centrale giusto per chiarirci, in violazione, probabile, di una limitazione di accesso di un territorio, esponendo, forse colpevolmente, questi stessi sanitari a veicolo di infezione nel momento in cui gli stessi rientrano nelle loro strutture di provenienza.
Ma c’è di più. Oggi scopriamo che mentre tutte le RSA arrancano chiedendo i tamponi, quelli che il decreto del presidente della regione ha imposto di fare, subito, ai pazienti ed al personale di tutte le strutture… ci sono situazioni di privilegio, che balzano agli occhi leggendo le cronache odierne.
Privilegi che consentono ad altri di disporre, senza una giusta valutazione, di cospicue quantità di tamponi, su gentile concessione (?) della Protezione Civile Regionale. Esiste certamente una differenziazione di importanza fra le diverse RSA calabresi, quelle che hanno accesso, forse, alle premure delle Asp o del Dipartimento regionale dalla Salute, e tutte le altre che, figlie di un Dio minore, magari perché non permeabili, attendono che il miracolo si compia… Quel miracolo che certamente si compirà, quando la Magistratura vorrà dare uno sguardo e quando le revoche di tanti accreditamenti saranno la ragione ultima di questa triste storia di Calabria”.

Redazione Calabria 7

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