(D.C.) – Una categoria privilegiata. Un tempo sì. E, diciamolo pure, nelle figure apicali, ancora oggi. E parecchio.
Solo che il mondo dell’Avvocatura, come tutti gli altri del resto, è assai cambiato nel corso del tempo. Intanto, sotto il profilo numerico, con una pletora di toghe, soprattutto alle latitudini calabresi, che hanno reso l’esercizio della professione in media assai meno redditizio del passato, vedasi casi limite di legali alla ‘fame’ o quasi.
Solo che il mondo dell’Avvocatura, come tutti gli altri del resto, è assai cambiato nel corso del tempo. Intanto, sotto il profilo numerico, con una pletora di toghe, soprattutto alle latitudini calabresi, che hanno reso l’esercizio della professione in media assai meno redditizio del passato, vedasi casi limite di legali alla ‘fame’ o quasi.
Ecco allora che il Covid-19, con lo stop imposto a tutte le attività espletate nei ‘luoghi di legge’ datato 9 marzo scorso, ha inferto un ulteriore micidiale colpo a quanti si barcamenano.
Attenzione però, perché a ‘piangere miseria’ o quantomeno ‘battere cassa’, non ci sono più unicamente i giovani o i poco strutturati, perché si aggiunge a loro anche qualcuno che il suo giro di clienti, anche di un certo spessore, ce l’ha. Eccome.
Si tratta del penalista catanzarese Anselmo Mancuso, ad esempio.
L’elenco di scontenti, tuttavia, sarebbe assai più lungo.
La sintesi è che quanti devono lavorare sono stanchi di registrare il rinvio di udienze su udienze, ad libitum, a eccezione di quelle dei soggetti gravati dalla più estrema forma di custodia cautelare (la carceraria) e i detenuti intenzionati a fare i processi.
Il resto, invece, nisba con il sistema delle richieste tramite Pec, davanti a un Pc, nella frustrante attesa che qualcuno risponda almeno dopo una decina di giorni.
Ma non possiamo dimenticare che si parla della delicata amministrazione della Giustizia, peraltro uno dei tanti Tallone d’Achille italiani.
È la ragione per cui Mancuso non esita a dire: “Forse il luogo principale di contagio del Coronavirus è il Tribunale. Lo affermo dal momento che hanno riaperto più o meno tutti: dai parrucchieri ai bar, dai ristoratori ai negozianti, e noi al contrario niente. Eppure abbiamo bocche da sfamare. Non siamo pubblici impiegati. Non disponiamo insomma di alcun 27 (il giorno del mese in cui si corrispondono molti stipendi della Pa, definito scherzosamente San Paganino, ndr) sicuro e tranquillo su cui poter fare affidamento, accada ciò che accada. E non sfugga, poi, come in altri Distretti siano tornati a una parvenza di normalità già da settimane. Mentre da noi non è successo e me ne chiedo insistentemente il motivo”.
Un duro sfogo del diretto interessato che ha messo in rilievo pure come con il Sars-Cov-2 abbia dato una mazzata a tanti liberi professionisti.
Gente adesso costretta a fare i salti mortali per accedere agli uffici giudiziari o, di contro, a confrontarsi con uno sportello, nel capoluogo calabro al piano terra del Palazzo di Giustizia Francesco Ferlaino, che solo per poche ore di lunedì, mercoledì e venerdì, filtra le varie richieste.