Coronavirus, l’immunologo Mantovani: “Sul vaccino AstraZeneca aspettiamo altre analisi”

"Se confermata, l’osservazione potrebbe guidare la diagnosi e la terapia di questi, pur molto rari, eventi avversi”.
AstraZeneca

“È un bene che si analizzino tutti i dati disponibili su possibili eventi avversi in giovani donne, a protezione della salute pubblica”. Lo afferma in un’intervista al Corriere della Sera l’immunologo Alberto Mantovani, secondo cui i casi gravi di trombosi osservati in relazione al vaccino AstraZeneca “potrebbero essere forse causati, secondo una recente pubblicazione, dalla formazione di autoanticorpi, come succede, in rarissimi casi, durante trattamenti con eparina”. “Se confermata, l’osservazione potrebbe guidare la diagnosi e la terapia di questi, pur molto rari, eventi avversi”.

Mantovani sottolinea che “per ora l’analisi condotta da Ema sul vaccino Oxford AstraZeneca ha rassicurato sul fatto che non causi un aumento della frequenza di tromboembolia, aspettiamo ulteriori analisi”. “I dati indicano – aggiunge il professore dell’Humanitas di Milano – che in alcune categorie di soggetti fragili il vaccino può funzionare un po’ meno bene: dobbiamo vaccinare sicuramente le persone fragili, ma anche studiare come proteggerle al massimo, quindi capire quando vaccinarle, individuare quali fra di loro hanno una risposta maggiore o minore”, pertanto “dobbiamo accompagnare la vaccinazione con programmi di ricerca che permettano di rispondere sempre meglio alle loro esigenze. In questo senso sono in corso studi collaborativi fra diversi istituti che avranno probabilmente il sostegno del ministero della Salute”.

Mantovani sottolinea che “per ora l’analisi condotta da Ema sul vaccino Oxford AstraZeneca ha rassicurato sul fatto che non causi un aumento della frequenza di tromboembolia, aspettiamo ulteriori analisi”. “I dati indicano – aggiunge il professore dell’Humanitas di Milano – che in alcune categorie di soggetti fragili il vaccino può funzionare un po’ meno bene: dobbiamo vaccinare sicuramente le persone fragili, ma anche studiare come proteggerle al massimo, quindi capire quando vaccinarle, individuare quali fra di loro hanno una risposta maggiore o minore”, pertanto “dobbiamo accompagnare la vaccinazione con programmi di ricerca che permettano di rispondere sempre meglio alle loro esigenze. In questo senso sono in corso studi collaborativi fra diversi istituti che avranno probabilmente il sostegno del ministero della Salute”.

“Una circostanza che in tanti anni non avevo mai osservato”

Anche secondo l’ematologo Pier Mannucci le trombosi in caso di vaccinazione con AstraZeneca sono un fenomeno da investigare ma, aggiunge, “noi per il momento aspettiamo le indicazioni di Ema. Non ci sono elementi per far una scelta del genere. I benefici di AstraZeneca superano di gran lunga i rischi: il Covid è un pericolo infinitamente superiore. Le trombosi – spiega il ricercatore – riguardano la coagulazione del sangue. Interessano le vene profonde della gamba e dei polmoni, colpiscono in Italia 60 mila persone all’anno, con un’incidenza di un caso su 1000”, rappresentano “una patologia cardiovascolare comune”. Mentre “le trombosi venose cerebrali sono invece un fenomeno molto più raro, un caso ogni 1-2 milioni di abitanti” quindi” non c’è nessun rapporto con ictus e infarto, che sono trombosi delle arterie”.

Tuttavia, osserva Mannucci, “colpisce il fatto che una forma di trombosi già rara di per sé, segnalata in persone che avevano ricevuto il vaccino, sia associata a emorragie causate dalla diminuzione di piastrine” ed “è una circostanza che in tanti anni non avevo mai osservato”. “Proprio la diminuzione delle piastrine – chiarisce Mannucci – ha generato il sospetto di un possibile legame con la vaccinazione in Germania, 31 casi su 2,7 milioni. È un fenomeno nuovo da investigare” “In Gran Bretagna – conclude – ci sono stati 30 casi su 18 milioni di vaccinati con AstraZeneca: l’incidenza delle trombosi rare non è aumentata”.

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