“Il vaccino sviluppato da una società cinese ha dato buoni riscontri sulle scimmie”. Il risultato, pubblicato sul portale BioRxiv, che pubblica articoli di scienza non ancora pronti per la pubblicazione su un periodico ufficiale, accende la speranza per una cura in grado di debellare il Coronavirus.
La società in questione, la cinese Sinovac, oltre ai testi svolti su alcuni macachi di Rhesus, animali che condividono quasi il 93% del loro DNA con l’uomo, ha disposto anche l’inizio della sperimentazione su 144 volontari. Dopo aver dato il vaccino, con diversi dosaggi, ai macachi, gli scienziati, trascorse tre settimane, hanno introdotto il Covid nei polmoni degli stessi animali. E il risultato, dopo 7 giorni, ha dato speranza. Infatti, i segni di infezione nei polmoni o nelle faringi delle scimmie sono stati assenti. Un risultato incoraggiante anche perché, sul rapporto stilato dai ricercatori, le quattro scimmie di controllo hanno rilevato un notevole livello di RNA del virus in svariate parti del corpo. Un risultato che apre scenari interessati per il vaccino sull’uomo. Florian Krammer, virologo della Icahn School of Medicine, ha mostrato tutta la sua soddisfazione “in quanto, il metodo usato potrebbe funzionare. Questo vaccino -ha proseguito- potrebbe essere realizzato anche nei paesi a reddito medio-basso”. Parole che non collimano con quelle dell’University of Pittsburg’s Douglas Reed, poco convinta sulla piccola dimensione del campione delle scimmie che non farebbero trarre considerazioni importanti. Tuttavia, il test ha dato risultati incoraggianti che potrebbero risultare decisivi per la produzione di un nuovo vaccino.
La società in questione, la cinese Sinovac, oltre ai testi svolti su alcuni macachi di Rhesus, animali che condividono quasi il 93% del loro DNA con l’uomo, ha disposto anche l’inizio della sperimentazione su 144 volontari. Dopo aver dato il vaccino, con diversi dosaggi, ai macachi, gli scienziati, trascorse tre settimane, hanno introdotto il Covid nei polmoni degli stessi animali. E il risultato, dopo 7 giorni, ha dato speranza. Infatti, i segni di infezione nei polmoni o nelle faringi delle scimmie sono stati assenti. Un risultato incoraggiante anche perché, sul rapporto stilato dai ricercatori, le quattro scimmie di controllo hanno rilevato un notevole livello di RNA del virus in svariate parti del corpo. Un risultato che apre scenari interessati per il vaccino sull’uomo. Florian Krammer, virologo della Icahn School of Medicine, ha mostrato tutta la sua soddisfazione “in quanto, il metodo usato potrebbe funzionare. Questo vaccino -ha proseguito- potrebbe essere realizzato anche nei paesi a reddito medio-basso”. Parole che non collimano con quelle dell’University of Pittsburg’s Douglas Reed, poco convinta sulla piccola dimensione del campione delle scimmie che non farebbero trarre considerazioni importanti. Tuttavia, il test ha dato risultati incoraggianti che potrebbero risultare decisivi per la produzione di un nuovo vaccino.
Redazione Calabria 7