Corruzione al Tribunale di Catanzaro, accuse infondate per Valea e Staiano: denunce inattendibili

I motivi che hanno portato all'archiviazione di uno dei filoni dell'inchiesta della Dda di Salerno denominata "Genesi". Il caso è chiuso
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di Mimmo Famularo – “La notizia di reato deve ritenersi infondata per insussistenza di tutti i fatti ipotizzati, per carenza di prove e lacunosità degli elementi raccolti a carico degli indagati”. E’ uno dei passaggi salienti della richiesta di archiviazione firmata dalla Procura di Salerno e, in particolare, dal procuratore capo Giuseppe Borrelli e dal sostituto procuratore Francesca Fittipaldi. La notizia di reato in questione è corruzione in atti giudiziari contestata, a vario titolo, ai giudici già in servizio al Tribunale di Catanzaro Giuseppe Valea e Marco Petrini in concorso con avvocati, commercialisti, imprenditori. Per tutti loro, come già scritto (LEGGI QUI), il gip di Salerno ha accolto la richiesta della Procura e ha archiviato uno dei filoni giudiziari scaturiti dall’inchiesta “Genesi” su un presunto giro di corruzione all’interno del Tribunale di Catanzaro per il quale è già stato condannato in primo grado l’ex presidente di sezione della Corte d’Appello del capoluogo di regione Marco Petrini. Tra le posizioni archiviate spiccano quelle di due indagati “eccellenti”: il giudice Giuseppe Valea, già presidente del Tribunale del Riesame di Catanzaro, e l’avvocato Salvatore Staiano, considerato uno dei migliori legali nel panorama italiano. Entrambi erano finiti sul registro degli indagati con l’accusa di corruzione in atti giudiziari con l’aggravante di aver favorito i clan della ‘ndrangheta. A chiamarli in causa le dichiarazioni fornite agli inquirenti dallo stesso giudice Marco Petrini ma anche dal medico dell’Asp di Cosenza Emilio Santoro, dall’avvocato Francesco Saraco e dall’imprenditore Antonio Macrina. Dichiarazioni che, tuttavia, non hanno trovato riscontro nell’attività investigativa portata avanti per circa tre anni tant’è che il pm ha persino evidenziato la “totale inattendibilità” di quanto dichiarato nei confronti di Valea e Staiano. “Appare evidente – scrivono i magistrati – l’assenza di un qualche valido riscontro alle dichiarazioni rese da chi, di volta in volta, è stato anche reiteratamente interrogato su vicende che neanche la poderosa piattaforma intercettiva all’epoca messa in campo e la contestuale corposa attività di indagine svolta hanno consentito di ricostruire in termini di certezza”.

Le tre ipotesi di corruzione

Le tre ipotesi di corruzione

Tre le ipotesi di corruzione passate al vaglio della Procura di Salerno. Protagonisti tre imprenditori catanzaresi: Raoul Mellea, Francesco Perri e Salvatore Mazzei. Il primo caso trae spunto dalle dichiarazioni rese agli inquirenti da Antonio Macrina al quale l’avvocato Gennaro Pierino Mellea avrebbe riferito l’intenzione di consegnare la somma di 20mila euro al giudice Valea per un pronunciamento favorevole nel procedimento giudiziario che riguardava il fratello Raoul. Lo stesso Macrina avrebbe appreso sempre da Pierino Mellea che, in un’altra circostanza, il giudice Valea avrebbe ricevuto la somma di 500mila euro da parte dell’avvocato Staiano per emettere sentenza favorevole nei confronti di Francesco Perri, il titolare di alcuni negozi all’interno del centro commerciale “Due Mari” di Lamezia Terme. La cessione di denaro sarebbe avvenuta – secondo quanto sostenuto da Macrina – in un noto hotel lametino. Sulle procedure che riguardano gli imprenditori Perri e Mazzei si è soffermato Emilio Santoro per il quale vi era addirittura un presunto schema secondo il quale il commercialista Schiavone (accuse archiviate anche per lui) sarebbe stato nominato consulente tecnico da parte di un determinato indagato o proposto per una misura di prevenzione a sua volta difeso dall’avvocato Staiano e poi giudicato “favorevolmente da Valea in considerazione dei rapporti che il magistrato aveva con il difensore”. Uno schema che secondo la versione fornita da Santoro avrebbe favorito sia Perri che Mazzei. Per la Procura di Salerno però sia Macrina e che Santoro “rappresentano la vicenda in termini del tutto differenti” e per quanto riguarda la procedura di Mazzei “le dichiarazioni di Santoro appaiono sfornite di riscontri”. Negativi anche gli accertamenti patrimoniali disposti dagli inquirenti sui conti di Valea e dei suoi familiari operati anche con la consulenza tecnica della Banca d’Italia.

Le accuse di Petrini a Staiano: “Non c’è riscontro”

Altro fascicolo finito con l’archiviazione riguarda i rapporti tra Petrini e Staiano. In questo caso è lo stesso giudice a raccontare ai magistrati della Procura di Salerno di aver ricevuto dal legale la somma di 5mila euro nei locali della Corte d’Appello di Catanzaro per un provvedimento favorevole nella revoca di una misura di prevenzione. In particolare, Petrini avrebbe accettato promesse e dazioni corruttive da parte dell’avvocato Staiano in tre procedimenti giudiziari. Anche in questo caso per la Procura di Salerno vi è “assenza di qualunque riscontro esterno ed individualizzante in merito alla condotta attribuita allo Staiano”. In una sola parola non ci sono prove al di là di quanto dichiarato da Petrini per sostenere validamente l’accusa in un eventuale processo. Il caso è chiuso.

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