Corsi fantasma e falsi lavori ai rom di Catanzaro, Caligiuri a processo

Giudizio immediato per il presidente dell'associazione di volontariato "Arte di Parte" attualmente agli arresti domiciliari

di Gabriella Passariello- Va a processo Maurizio Caligiuri, 53 anni di Catanzaro, presidente dell’Associazione “Arte di Parte, agli arresti domiciliari dal 9 settembre scorso, quando i carabinieri della Stazione di Catanzaro Lido, gli hanno notificato il provvedimento di misura cautelare, vergato dal Paola Ciriaco, poi confermato dai giudici del Riesame (LEGGI). Quel giorno sono stati raggiunti da un avviso di garanzia altri 32 indagati (LEGGI), quasi tutti di etnia rom e rispetto ai quali la Procura procede separatamente.

“Evidente la prova della responsabilità”

“Evidente la prova della responsabilità”

Il giudice ha accolto la richiesta di giudizio immediato formulata dal sostituto procuratore Stefania Caldarelli con il visto del procuratore aggiunto Giulia Pantano nei confronti di Caligiuri, sul presupposto che gli elementi raccolti “concretano un solido quadro indiziario, per cui non è ipotizzabile l’eventualità che il contraddittorio instaurato all’udienza preliminare  possa portare ad una sentenza di proscioglimento, tenuto conto che dall’attività investigativa espletata  emerge con evidenza la prova la responsabilità dell’imputato”. Il processo inizierà il prossimo 19 dicembre e l’imputato, attraverso i suoi legali Piero Chiodo e Giovanni Gemelli, dovrà difendersi dalle accuse di false dichiarazioni destinate all’Autorità giudiziaria, procurata inosservanza di pena e truffa aggravata ai danni dello stato.

 “Mandami una fotocopia della carta di identità e il numero del legale”

Dal cellulare di Caligiuri spiato dai carabinieri viene documentato, secondo le ipotesi di accusa, il suo asservimento alle richieste dei detenuti: il presidente dell’associazione interloquisce con i difensori e molte volte direttamente con imputati e familiari per predisporre le istanze da inoltrare all’autorità giudiziaria contenenti lo svolgimento di false attività lavorative, che consente per esempio a Damiano Veneziano di allontanarsi dal domicilio dove è ristretto agli arresti domiciliari “mandami una fotocopia della carta di identità e il numero dell’avvocato”. In altri casi Caligiuri parla direttamente con gli imputati per preparare le istanze, poi effettivamente depositate alle autorità competenti e in altri ancora è lo stesso Caligiuri, che su richiesta dei detenuti, contatta i difensori ignari dalle natura e delle attività dell’associazione, provvedendo ad illustrare il proprio impegno sul territorio inoltrando le relative richieste. A volte propone direttamente lo svolgimento di attività lavorativa in strutture inesistenti e su richiesta dei familiari dei detenuti, predispone e sottoscrive false attestazioni riguardanti lo svolgimento di attività lavorative: “c’era Annamaria che diceva, se glielo puoi fare un documento come se lavorasse da te, poi ti spiega lei bene, ora intanto ti dico così”.

Il sistema Caligiuri e la tuffa allo Stato

La Procura ravvisa il reato di truffa ai danni dello Stato, realizzata da Maurizio Caligiuri in qualità di presidente dell’associazione “Arte di Parte” e dai componenti dell’organo direttivo dell’associazione Maria Teresa Gariano, Raffaele Caligiuri e Francesca Taverna (per i quali si procede separatamente) in relazione alla domanda di cofinanziamento previsto dall’avviso pubblico “Giovani per il sociale”, emesso dalla presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. Avrebbero  falsamente rappresentato la regolare esecuzione del progetto “Rete Territoriale Scholè”, iniziativa ammessa al contributo, ma mai realizzata nei termini previsti con costi di 130mila euro, mai effettivamente sostenuti, facendo conseguire indebitamente all’associazione “Arte di Parte” la somma complessiva di 129.986,6, erogata in tre tranche, il 16 marzo 2016, il 13 dicembre 2017 e il 19 marzo 2019 (LEGGI).

“L’associazione strumento per eludere le pene”

Secondo le ipotesi accusatorie, l’associazione di volontariato “Arte di Parte”, destinataria di una misura interdittiva (LEGGI) di esclusione da agevolazioni, finanziamenti e contributi, sarebbe stata utilizzata dal suo presidente, anche mediante finanziamenti pubblici, per agevolare “le condotte criminali e favorire l’elusione delle pene di pluripregiudicati, minando nei loro confronti l’efficacia repressiva e rieducativa della pena. Illecite convergenze reciproche tra il principale imputato nell’inchiesta e una serie di pluripregiudicati che non hanno nulla a che vedere con le nobili finalità paventate pubblicamente”. In realtà, secondo il pubblico ministero, che ha richiesto la misura cautelare le condizioni di indiscutibile emarginazione sociale di vasti strati del tessuto abitativo nei quartieri Isonzo, Pistoia, Aranceto e Stretto Antico costituiscono la fortuna economica e la fonte primaria di reddito di Maurizio Caligiuri.

“I pregiudicati oziano nell’associazione”

Dalla visione dei filmati e dalla lettura delle relazioni di servizio dei carabinieri è emerso in particolare come l’unica attività praticata dal gruppo di detenuti monitorati sarebbe quella di oziare davanti e nei pressi dell’associazione, dove ci si intrattiene in conversazioni personali con pregiudicati e in conversazioni telefoniche, oppure si palesa la possibilità da parte dei rom di muoversi senza che l’associazione operi alcun controllo sugli arrivi e sui rientri. “Appare evidente- scrive il magistrato- che l’associazione “Arte di Parte” più che un luogo di lavoro, sembra essere punto di incontro tra pregiudicati affidati all’associazione stessa e non”. Una sorta di circolo ricreativo: nessuna attività lavorativa svolta dai detenuti in base alle convenzioni stipulate all’interno di un sistema architettato ad hoc da Caligiuri (LEGGI QUI).

Le aree verdi inesistenti

I carabinieri monitorano l’attività dell’associazione, che ha stipulato con il Comune di Catanzaro una convenzione sulla gestione dell’aree verde in tre zone della città: viale Isonzo, via della Chiesa e Via dei Caduti 16 marzo, i cui esiti aprono ad uno scenario desolante. Dall’attività investigativa risulta in questa ultima zona l’esistenza di una strada urbana edificata su entrambi i lati senza alcuno spazio verde eccezion fatta per circa 12 alberi con aiuole ubicate ai due lati del marciapiede. Proprio la pessima manutenzione degli alberi che non vengono potati da molto tempo ha impedito di acquisire le immagini dell’unica telecamera comunale presente e oscurata dal “rigoglioso fogliame”. L’area di Viale Isonzo a fronte di formali lavori convenzionati di pubblica utilità  della durata di un anno e per 3 giorni settimanali di 5 ore al dì e con 3 operatori appare abbandonata a se stessa, degradata. Stesso esito il sopralluogo eseguito il 21 luglio 2018 alle 11.30 nella sede dell’associazione in via della Chiesa. Si tratta nello specifico di un semplice monolocale con un vano  pertinenziale adibito a servizi igienici che permette di accedere, attraverso una porta secondaria che dà su una sorta di cavedio aperto alla retrostante via Bainsizza (LEGGI).

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