di Gabriella Passariello- Un duplice no da parte dei giudici in relazione all’annullamento dell’ordinanza con cui il 9 settembre scorso i carabinieri della Stazione di Catanzaro Lido hanno notificato un decreto di sequestro di 130mila euro e una misura cautelare agli arresti domiciliari, disposta dal gip Paola Ciriaco su richiesta della Procura nei confronti di Maurizio Caligiuri, 53 anni, di Catanzaro, presidente di “Arte di Parte”, associazione del terzo settore, che dal 2006 opera nel territorio di Santa Maria, formalmente deputata, tra le altre cose, al recupero e al reinserimento di persone di etnia rom della città, nel tessuto sociale mediante il loro impiego in attività lavorative alternative alla detenzione, tramite attestazioni risultate fittizie. Il gip e il Tribunale del Riesame hanno bocciato le istanze difensive degli avvocati Giovanni Gemelli e Piero Chiodo nei confronti dell’indagato, sotto inchiesta per false dichiarazioni destinate all’Autorità giudiziaria, procurata inosservanza di pena e truffa aggravata ai danni dello stato, insieme ad altri 32 indagati (LEGGI). Nelle prossime ore si attende la decisione del gip sulla richiesta di interdittiva dell’associazione, ribadita nel corso dell’udienza a porte chiuse dal magistrato che ha invocato l’esclusione dell’associazione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, mentre Caligiuri ha continuato a professarsi innocente nel corso della sua audizione durata oltre un’ora, ripetendo in sostanza quello che aveva già chiarito nel corso dell’interrogatorio di garanzia: c’erano rom dediti alla raccolta di olive, negando che gli “affidati” pluripregiudicati oziassero invece di lavorare (LEGGI QUI). In base alla sua versione dei fatti, non esisteva il dolce far nulla per i detenuti o imputati coinvolti nel progetto di reinserimento sociale all’interno di Arte di Parte, “quando erano in sede facevano fotocopie, non è vero che avevano libertà di movimento” (LEGGI QUI).
Corsi fantasma e la presunta truffa
Corsi fantasma e la presunta truffa
I problemi giudiziari per truffa iniziano con la partecipazione dell’associazione ad un bando per i “Giovani per il sociale” erogato dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta di un cofinanziamento di circa 130mila euro per avviare il progetto “Rete Territoriale Scholè”, destinato alla realizzazione di opportunità scolastiche di inclusione sociale di giovani della comunità rom catanzarese attraverso una rete operativa tra Enti pubblici e organizzatori privati impegnati nel sociale sul territorio. Un finanziamento erogato in tre tranche. I carabinieri setacciano tutte le carte, scoprendo che il progetto non è mai stato eseguito e che tutte le associazioni inserite insieme alla capofila “Arte in Parte”, pur riconoscendo la propria sottoscrizione in calce ai verbali di richiesta di finanziamento, non avrebbero mai partecipato al progetto. Il presidente della pseudo associazione di volontariato “Rom per l’integrazione” ha dichiarato che nel 2015 è stato inserito in un programma di cui non conosce nulla, men che meno le attività che avrebbe dovuto svolgere. Fidandosi di Caligiuri avrebbe sottoscritto dei documenti, secondo le ipotesi accusatorie, evidentemente finalizzati alla costituzione dell’associazione, senza leggerne il contenuto e ricevendo come compenso la somma di 50 euro. Gli investigatori scoprono, si legge nel provvedimento del gip, all’interno di una relazione inviata da Caligiuri al dipartimento Politiche giovanili, i nomi degli associati esterni: Istituto comprensivo Casalinuovo di Catanzaro, il Comune di Catanzaro, l’Istituto penale per i minorenni, la Casa circondariale di Siano, i cui referenti ascoltati a sommarie informazioni, però, hanno negato di conoscere il progetto, eccezion fatta per la Casa circondariale di Siano, destinataria di 600 ore di scolarizzazione a favore di 19 detenuti, corsi in questo caso avviati, ma con scarsi risultati, a causa del personale non qualificato. Per il gip sono indebite le erogazioni economiche elargite ad “Arte di Parte”, in base a sottoscrizioni di rappresentati di enti inconsapevolmente coinvolti.
Il trucco di Caligiuri per percepire finanziamenti
In base alle indagini sono risultate non conformi al vero le attestazioni relative alle spese sostenute dall’associazione, smentite da persone che avrebbero dovuto prestare alcuni servizi: ad esempio chi avrebbe dovuto organizzare conferenze stampa nega di aver sottoscritto le ricevute e di aver percepito i relativi compensi concordati, chi avrebbe dovuto provvedere alla pulizia di una scuola in località Corvo sostiene di non aver ricevuto il compenso di 9mila euro indicato in fattura. “Alla luce delle risultanze investigative non v’è dubbio sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Maurizio Caligiuri che ha simulato la realizzazione del progetto Territoriale Scholè per percepire un ingente finanziamento, attestando falsamente la concreta realizzazione del progetto in realtà mai portato a compimento con il coinvolgimento fittizio di altri enti ed istituzioni”. Un paio di esempi fra tutti: i docenti dell’Istituto comprensivo Casalinuovo di via Stretto antico, ascoltati dai carabinieri, non hanno memoria dell’offerta formativa di 1.200 ore di studio a favore di trenta studenti, così nel plesso Corvo un docente nega di aver avuto conoscenza di un corso della durata di 600 ore tenutasi a favore di 20 adulti nella sua scuola.
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