L’articolo pubblicato questa mattina dal Fatto Quotidiano, dal titolo “Corso sulle DDA. Anche i pensionati ma niente Gratteri”, a firma di Lucio Musolino, ci deve far riflettere molto. Se da un lato, può rappresentare la solita perdita di tempo che si registra nel corso di queste riunioni, dove ognuno racconta le proprie imprese eroiche portate a termine contro la criminalità organizzata, dall’altro è una forte delegittimazione nei confronti della magistratura calabrese che giornalmente contrasta il fenomeno criminale sotto ogni forma. E’ un fatto gravissimo che ci riporta indietro di anni, dove la delegittimazione istituzionale diventa l’anticamera di fatti più gravi. Falcone e Borsellino docet.
Pignatone sì, Gratteri e Bombardineri no
Pignatone sì, Gratteri e Bombardineri no
E’ evidente che la mancata partecipazione, per mancanza di invito, del procuratore Nicola Gratteri e del procuratore Giovanni Bombardieri, sostituiti da Giuseppe Pignatone, che ha lasciato la Calabria da oltre dieci anni, suona come un monito nei confronti della magistratura calabrese. Certo, Pignatone dall’alto della sua preparazione ha potuto spiegare tante cose, chissà se ha anche parlato dei rapporti avuti con Montante, i continui incontri registrati sino al 2015, ove in alcune circostanze, così come riportato nei diari sequestrati allo stesso Montante, era presente anche il procuratore Michele Prestipino ed il responsabile della sicurezza di Confindustria Diego Di Simone Perricone (notizia riportata da Italyflash in un articolo del 22 aprile 2022).
Montante, oltre che con il procuratore Pignatone, aveva rapporti anche con il fratello Roberto (Pignatone), noto avvocato palermitano, che molta stampa indica in contatto con Piero Amara, indagato dalla Procura di Roma, legato alle note vicende giudiziarie che hanno visto indagati a Perugia il dottore Palamara e il dottore Stefano Fava, laddove Giuseppe Pignatone non si astenne dalla trattazione del fascicolo processuale. Una vicenda tutta torbida che la Procura di Perugia sta cercando di dipanare. Il dato allarmante resta un altro. Di Simone Perricone, sentito il 12 marzo 2021 dalla Corte di Appello Caltanissetta nell’ambito del processo a carico del Montante, ove lui stesso in primo grado era stato condannato alla pena di sei anni e quattro mesi, tra le tante cose, ha dichiarato di avere partecipato alle operazioni di Polizia contro la ‘ndrangheta, concepite da Pignatone con l’apporto di Confindustria. Molto interessante, a tal proposito, è quanto riportato da Italyflash in un articolo dello stesso giorno, dal titolo: “Processo Montante. Il capo della security, Di Simone Perricone: ‘noi di Confindustria eravamo lo Stato. Contro la ndrangheta ci occupavamo anche delle indagini per conto dell’allora Procuratore Pignatone”
I diari di Montante
In effetti dai diari di Montante, alla data del giorno 8 dicembre 2009, è riportato il seguente appunto: “ore 18,00 app. con Giuseppe Pignatone da me Villa Igea con Di Simone per collaborazione Reggio”. A che titolo i vertici di Confindustria si occupavano di indagini? Cosa hanno fatto? Era una Polizia Giudiziaria parallela che agiva per nome e per conto del Procuratore Pignatone? La Calabria e l’intera Nazione hanno il diritto ed il dovere di conoscere ogni dettaglio. La vicenda deve essere approfondita in ogni settore, quantomeno la Commissione Nazionale Antimafia dovrebbe sentire Di Simone Perricone al fine di conoscere ogni risvolto ed iniziare a svelare tanti retroscena, ancora nascosti da “un cono d’ombra”. (g. l.)
In merito a link in allegato all’articolo ci scrive Diego Di Simone Perricone, già Security Manager di Confindustria e pubblichiamo integralmente le sue precisazioni:
“Per correttezza di informazione bisogna chiarire che la vicenda ha origine e prende le mosse dall’articolo a firma di Attilio Bolzoni pubblicato sul giornale “Domani” il 12 febbraio u.s. dal titolo “Il potere infinito di Montante e la “la mafia di ritorno”. Questo articolo viene ripreso dal blog Italyflash rispettivamente il 12 marzo u.s. con la pubblicazione dal titolo: “Processo Montante. Il Capo della Security Di Simone Perricone: “Noi di Confindustria eravamo lo Stato. Contro la Ndrangheta ci occupavamo anche delle indagini per conto dell’allora Procuratore Pignatone”. Ritengo necessario segnalare che quanto scritto dal giornalista Bolzoni nel paragrafo intitolato “La manina amica” e più precisamente nella parte nella quale mi vengono attribuite delle espressioni che io avrei profferito in sede di esame processuale innazia alla Corte d’Appello di Caltanissetta, risultano infondate, dai chiari connotati attribuibili all’illazione, finalizzate probabilmente a catturare l’attenzione del lettore.
Il passaggio dell’articolo di Bolzoni dal quale discendono poi i due articoli a cui ho fatto riferimento è privo di qualsivoglia fondamento e riscontro. L’espressione che mi viene attribuita da Bolzoni: “In Calabria le indagini sulla ‘Ndrangheta le facevamo noi per conto dell’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone” è priva di qualsivoglia riscontro negli atti giudiziari della Procura di Caltanissetta. Io non ho mai utilizzato questa espressione, né tanto meno concetti che potessero accostarsi a questa affermazione che è una vera e propria falsità. A suffragio di quanto asserito vi invito a leggere le pagine della fonoregistrazione afferente il mio esame innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta I Sezione Penale del 12 marzo 2021 a cui è stato fatto preciso richiamo. All’uopo non troverete un solo passaggio che possa avere attinenza con quanto scritto in origine da Bolzoni, quindi dal blog ItalyFlash, ed in fine dalla Vostra Redazione.
Quindi per riprendere il messaggio che la Vs. Redazione fornisce ai lettori: “conoscere ogni risvolto ed iniziare a svelare tanti retroscena, ancora nascosti” rivolto alla mia persona, resta un monito che ha già le sue risposte nelle 384 pagg. del mio interrogatorio del 14 settembre 2018 formalizzato al pm Stefano Luciani, nonchè nel mio esame innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta a cui ho fatto preciso richiamo in narrativa. Dunque nulla rimasto ancora da svelare, men che meno retroscena rimasti nascosti. Concludo dicendo per completezza di informazione, che per tale vicenda ho formalizzato atto di querela a carico di Attilio Bolzoni presso la Procura della Repubblica di Roma. Quindi ho affidato al pm assegnatario del fascicolo procedimentale di valutare l’entità delle responsabilità penali del giornalista. L’informazione generalista, mancando di contenuti squisitamente tecnici e dei necessari riscontri spesso punta ai grandi titoli ad effetto che fanno audience, ma senza dubbio forniscono ai lettori poca, pochissima buona informazione”.