Da Delianuova al Canada: Burlington scossa dall’omicidio di “Fat Pat” Musitano

Lo chiamavano Fat Pat, “Pasqualino il grasso” diremmo noi, all’anagrafe Pasquale Musitano da Delianuova, profonda Tirrenica reggina. Venerdì scorso a Burlington – la città canadese che fa parte della cosiddetta Greater Toronto Area, nella regione dei Grandi Laghi – Fat Pat è caduto sotto i colpi dei sicari: chissà, magari gli stessi che tre anni fa avevano “steso” il fratello Angelo, Ang per gli amici.

La polizia di Halton sta cercando di ricostruire dinamica e movente del fatto di sangue.

La polizia di Halton sta cercando di ricostruire dinamica e movente del fatto di sangue.

Un delitto di ‘ndrangheta nel senso più pieno del termine, un’esecuzione senza guardare in faccia a nessuno e lasciando anche due feriti sul campo: Giuseppe Avignone e John Clary, due collaboratori che Fat Pat Musitano stava andando a incontrare. Ma all’atto di scendere dal suo Sport utility vehicle Gmc Yukon Denali blindato, il bersaglio predestinato è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco: il killer l’ha sorpreso all’interno di un parcheggio. Del tutto sorpreso Clary, “storica” guardia del corpo di Musitano, che adesso lotta in ospedale.  Vano il coraggio pur dimostrato da Avignone, che appena l’ignoto sicario ha iniziato a sparare ha tentato di speronarne l’autovettura: non ha centrato, però, l’impresa di riuscire a bloccare il killer.

Fin dal 10 luglio le forze dell’ordine stanno setacciando l’intera regione: ci sarebbe infatti un testimone oculare della sparatoria, secondo il quale il probabile omicida si sarebbe allontanato a folle velocità dalle gallerie commerciali teatro del delitto a bordo di una berlina di colore grigio simile per tipologia alla Q50 prodotta dalla casa giapponese Infiniti, con la peculiarità d’essere munita di tettuccio apribile.
Insomma, un’autovettura che certo non tutti possiedono: anche grazie a questo dettaglio il “cerchio” potrebbe stringersi rapidamente intorno al sicario.

Una tregenda che viene da lontano, quella dei Musitano: negli anni Trenta il prozio Angelo aveva fatto furore sotto il profilo criminale, arrivando – era il 1937 – fino a uccidere la sorella sotto casa del suo amante per difendere il presunto, molto presunto, onore della “famiglia”. Proprio in ragione di quel fratricidio sempre nel ’37 il capostipite dei Musitano si guadagnò il poco commendevole appellativo La belva di Delianuova. Dopo quel fatto di sangue, per il quale gli fu anche inflitta una condanna dal Tribunale di Palmi, Angelo Musitano emigrò in Canada, arrivando a Hamilton, mezzo milione d’abitanti nella regione dell’Ontario: di lì iniziò la scalata del clan al potere (anche se il capobastone fu comunque assicurato alla Giustizia, nel 1965).

E proprio Angelo si chiamava il fratello di Fat Pat, a sua volta ucciso tre anni fa, il 2 maggio del 2017, mentre stava tornado a casa sua a Waterdown, sempre in Ontario, dalla moglie e dai tre figli della coppia, presenti al momento del fatto di sangue. Mentre lui, Pasquale, già lo scorso anno – era il maggio 2019 – era sopravvissuto a un’altra sparatoria, giusto fuori dallo studio del suo legale.
Insieme, i due fratelli furono condannati a dieci anni di carcere in un processo in cui originariamente venivano loro mosse accuse gravissime, come l’omicidio del potentissimo boss Johnny Papalia e del suo luogotenente, Carmen Barillaro (un uomo, a dispetto del nome). Barillaro fu freddato il 23 luglio del 1997, mentre la sua famiglia stava comprando i regali per lui: il giorno dopo il delitto, avrebbe compiuto 53 anni.
Ma il “dettaglio” clamoroso che rinvia senza discussione al delitto Papalia
consiste nelle modalità dell’omicidio Musitano: infatti un paio di mesi prima che venisse ucciso Barillaro anche Johnny Papalia, il 31 maggio del ’97, fu “giustiziato” dal suo assassino – Ken Murdock, che gli esplose un proiettile fatale alla nuca – all’interno di un parcheggio. Non un semplice caso: in entrambi i delitti, Murdock infatti volle deliberatamente evitare che moglie e figli del bersaglio predestinato fossero sulla scena del crimine al momento di sparare: un crime code che, invece, per Angelo Musitano almeno, invece non è stato per nulla rispettato.

I media, comunque, hanno – giustamente – dato un’enorme eco all’omicidio di Fat Pat. Intanto, perché il fatto di sangue non ha per nulla sorpreso gli addetti ai lavori, che anzi avevano pronosticato facilmente come sarebbe finito il rush dei Musitano verso il potere nella regione dei Grandi Laghi. Sul Corriere della sera, ha poi evidenziato Guido Olimpio – parafrasando il National Post – che Pasquale Musitano «era Tony Soprano prima che Tony Soprano fosse in tv»

E a proposito di criminalità organizzata e showbiz, va anche detto che c’è un altro precedente che per certi versi fa venire i brividi.

I nomignoli, si sa, nei vasti Stati americani vanno per la maggiore: è così che anche il rapper di colore Patrick Hawkins era soprannominato Fat Pat. Ebbene, anche “questo” Fat Pat, che a Houston aveva fatto fortuna con la musica, fu assassinato a colpi d’arma da fuoco in un agguato (appunto nella metropoli texana), il 4 febbraio del 1998, quando aveva solo 27 anni, a tal punto da essere iscritto d’ufficio, negli  States dov’era assai noto per i suoi successi hip-hop, nel fatidico “club 27” che mette insieme una serie di artisti morti in modalità diversamente tragiche ma comunque quando erano al più ventisettenni (da Jimi Hendrix a Amy Winehouse passando per Jim Morrison).
Non solo: coincidenza nella coincidenza, otto anni dopo anche il fratello John – rapper anche lui, nome d’arte Big Hawk – fu ucciso. Proprio come Angelo, il fratello di Pasquale Fat Pat Musitano.

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