Da una vita spezzata un’altra può rinascere. Ecco la storia di Letizia e Pino (VIDEO)

di Giovanni Bevacqua – Ventuno anni. Una vita davanti. Amiche che ti vogliono bene, una famiglia che ti offre tutto quello che può. E tanti sogni nel cassetto. Questa è la storia di Letizia, “una ragazza solare, sempre sorridente e piena di affetto” per descriverla con le parole di mamma Damiana. Le piace studiare, ascoltare la musica reggae e stare in compagnia. È la storia di una ragazza come tante che a 18 anni, con il pieno supporto di papà Sebastiano, si trasferisce a Bologna per studiare Lettere e Filosofia. 

Ma è anche la storia di Pino, padre di famiglia, pieno di affetto per la moglie Rosa e il suo piccolo. Una vita tranquilla divisa tra il lavoro e l’amore per i suoi cari. Che passa serena a 100 chilometri di distanza da Letizia fino a quando un lunedì mattina scopre che i suoi giorni non saranno più gli stessi. 

Ma è anche la storia di Pino, padre di famiglia, pieno di affetto per la moglie Rosa e il suo piccolo. Una vita tranquilla divisa tra il lavoro e l’amore per i suoi cari. Che passa serena a 100 chilometri di distanza da Letizia fino a quando un lunedì mattina scopre che i suoi giorni non saranno più gli stessi. 

Letizia e Pino non si conoscono e non avrebbero mai potuto immaginare che le loro storie sarebbero divenuta una sola, unica e grande. D’amore e di dolore. Di rabbia e di speranza.

Una storia terribile ma anche di rinascita 

Questa è la storia di come un singolo gesto, per quanto difficile, sia in grado di cambiare la vita di chi abbiamo di fronte o di qualcuno, come in questo caso, la cui vita, lontana, dipende dalle nostre scelte.

Questa è la storia – terribile – di una ragazza di ventun anni chiamata in cielo giovane, troppo giovane per colpa di un aneurisma cerebrale. Improvviso, incurabile. Ma è anche la rinascita di un padre di famiglia, costretto ormai a sopravvivere grazie alle macchine per la dialisi, che trova nel cuore di un altro padre, e di una madre, la forza di cui aveva bisogno per tornare a vivere.

L’appello di papà Sebastiano: “Da una vita spezzata un’altra può risorgere”

“È un tema sicuramente molto difficile da affrontare”. Papà Sebastiano sa che non tutti continueranno a leggere questa storia, così come in tanti “hanno paura di ascoltare certi discorsi”. Il motivo è semplice: “Ritengono che parlare di donazione degli organi sia come parlare di morte. Ma non è così”. Sebastiano sa bene quanto dolore porta con sé un lutto, lo porta ormai dentro da 15 anni. Perché nessun padre dovrebbe sopravvivere ai propri figli. Ma la vita riserva a ognuno di noi una strada diversa. E di conseguenza non bisogna chiudersi nel dolore ma guardare oltre. Perché vicino a noi ma anche lontano qualcuno può avere ancora bisogno del nostro aiuto. E il suo appello merita la massima risonanza possibile: “Quando si ha una persona cara in Rianimazione, per la quale non c’è più nulla da fare, la risposta naturale alla domanda se siamo favorevoli alla donazione dovrebbe sì. Perché è un sì alla vita. La vita che qualcun altro può recuperare grazie al nostro gesto”. Lo stesso sì che col cuore spezzato dal dolore Sebastiano, insieme a sua moglie Damiana, hanno detto ai medici dell’ospedale Pugliese di Catanzaro. Non con poche difficoltà. Non senza diffidenza. Ma “da una vita spezzata un’altra vita può risorgere”. Sebastiano lo sa bene e ne ha fatto una missione di vita costituendo il gruppo intercomunale di San Pietro a Maida, Curinga, Maida, Jacurso e Cortale dell’Associazione italiana per la donazione di organi. Ed è per quanto vissuto sulla sua pelle “che io dico donate e dite sì alla donazione degli organi”.

Una domenica (non) come le altre

È il mese di luglio dell’ormai lontano 2005. Letizia ha 21 anni e torna in Calabria per le vacanze estive. I genitori la aspettano nella casa al mare di Fiumefreddo, per trascorrere qualche giorno in famiglia, prima di partire per il Salento con le amiche. La partenza è fissate per il 5 agosto. Ma Letizia quel viaggio non lo intraprenderà mai.

La domenica prima si è ritrovata a pranzo con tutta la famiglia. Era una domenica come le altre, passata in spensieratezza tra gli affetti più cari. Prima del dolce Letizia si concede quattro passi in giardino, per prendere una boccata d’aria. Nessuno ci fa caso. E intanto i minuti passano. Fino a quando non arriva un’amica a chiedere di Letizia. Non è a tavola e neanche in giardino. Iniziano a cercarla tutti. Ma a trovarla è papà Sebastiano: è sdraiata a terra vicino le scale, nel piano superiore. L’urlo di Sebastiano vive ancora in quella casa. Un male silenzioso e imprevedibile ha colpito impietoso. La corsa in ospedale svela la verità. L’aneurisma cerebrale che colpisce Letizia obbliga il ricovero a Catanzaro e non lascia molta speranza. Speranza che però è viva nel cuore di mamma Damiana e papà Sebastiano. Ma i giorni passano e Letizia non riesce a riprendersi.

Il dono di Letizia per la nuova vita di Pino

È il 5 agosto. Letizia avrebbe dovuto partire per il Salento con le amiche e invece per lei non c’è più niente da fare. I medici dell’ospedale Pugliese di Catanzaro chiamano mamma e papà non per buone notizie. Letizia è in coma cerebrale e bisogna prendere una decisione. Quella che nessuno vorrebbero mai prendere e a cui nessuno vorrebbe mai pensare. Una domanda che gela il cuore. Che i medici rivolgono prima di tutto a papà Sebastiano. È disposto ad espiantare gli organi della figlia? Ci pensa poco e dice sì. Ma resta comunque una domanda “terribile” perché, per usare le parole di mamma Damiana, “era la conferma che Letizia fosse morta”. Ma la risposta è la stessa che dà papà Sebastiano.

Qui si incrocia la sua storia con quella di Pino. Proprio quella sera, intorno alle 22, la moglie Rosa riceve una telefonata. È l’ospedale. Cercano Beppe, perché in ospedale lo chiamano così. il medico gli chiede se ha mangiato. E subito dopo gli annuncia che c’è un rene per il suo trapianto, quel rene che aspettava ormai da più di sei anni. Quel rene che poco prima Sebastiano e Damiana hanno offerto generosamente a chiunque ne avesse avuto bisogno. Per la prima volta Pino entra in ospedale ma con una speranza nuova. Rosa aspetta fuori, per oltre 7 ore. Ma quando esce è l’inizio di una nuova vita. Il pomeriggio del giorno dopo viene rimesso in reparto, è ancora stordito per l’intervento ma quel rene gli ha salvato la vita.

Pino e la voglia di conoscere chi gli ha salvato la vita

L’intervento si sente. Tanto nel fisico quanto nello spirito. Uno spirito nuovo, pieno di speranza. E quando si riprende completamente fa di tutto per scoprire di chi è quel rene lo ha salvato restituendogli la vita. E ci riesce, grazie anche alla trasmissione Alive di Rete 4. Si presenta così da Sebastiano e Damiana con un ulivo da piantare in giardino in segno di gratitudine. E con una lettera che racchiude tutta la sua gratitudine: “Cari Sebastiano e Damiana avete donato senza nulla chiedere. Io non avevo più un futuro. Le mie giornate scorrevano via tra lacrime, rabbia, tormenta e dolore di ogni tipo. Ogni giorno attaccato alle macchine per la dialisi. Per dare una parvenza di normalità a quelle giornate acquistai un piccolo terreno e iniziai a piantare degli alberi di ulivo. Speravo che mio figlio Pietro, quando io non ci fossi più stato, guardando quegli alberi si sarebbe ricordato di me e di tutto il mio amore. Ma voi e Letizia, con la vostra generosità, mi avete regalato un’altra vita. E oggi sono qui perché vorrei che uno di quegli ulivi possa crescere qui con voi, dov’era cresciuta Letizia. Per ricordavi ogni giorno tutta la mia gratitudine, tutto il bene che io ogni giorno che passa dedico alla vostra Letizia e a voi. Con affetto, Pino”.

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