Un sodalizio “articolato in cellule presenti in Italia ed all’estero (Turchia e Grecia)”, i cui appartenenti, pur con “compiti differenti”, avevano un “obiettivo unico”, quello di far “giungere i migranti in Italia sfruttando la rotta marittima del mediterraneo orientale, con destinazione finale Centro-Nord Europa”. Operazione, alle prime luci dell’alba, della polizia di Stato, che ha dato esecuzione a un’ordinanza cautelare emessa dal gip di Catanzaro, su richiesta della Dda – guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri – nei confronti di 29 persone straniere fortemente indiziate, a vario titolo, di appartenere a una associazione transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al riciclaggio del denaro provento dell’attività illecita. Complessivamente, gli indagati sono 33.
Gli sbarchi di migranti
Gli sbarchi di migranti
Gli arresti effettuati oggi arrivano dopo una lunga indagine, iniziata nel 2018, contro il fenomeno del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che ha interessato la provincia di Crotone, meta di una serie di sbarchi aventi ad oggetto natanti condotti da soggetti principalmente di nazionalità ucraina o comunque dell’area dell’ex Unione Sovietica con a bordo migranti di diverse nazionalità della zona medio-orientale o asiatica del pianeta. Attraverso le acquisizioni probatorie, frutto di complesse attività tecniche, perquisizioni, accertamenti di polizia e dichiarazioni rese dal migranti giunti in Italia, sono raccolti gravi indizi in ordine al fatto che li sodalizio criminale, oggetto di monitoraggio, avente base logistica in Turchia e Grecia, abbia organizzato numerosi eventi migratori verso le coste calabresi e pugliesi. Il gruppo criminale era composto da cittadini provenienti dall’area medio-orientale, prevalentemente di origine curdo-irachena.
Il costo del viaggio si aggirava tra i 7 e i 15mila euro
Il viaggio dei migranti aveva inizio nel quartiere turco di Aksaray, dove chi intendeva partire si recava per prendere contatti con i sodali della cellula turca, i quali fornivano tutte le informazioni utili sull’organizzazione del viaggio e sull’importo da corrispondere (in totale tra i 7.000 ed i 15.000 euro), mediante li noto sistema cosiddetto hawala. Una volta raggiunto l’accordo e versata la prima parte della somma pattuita, i migranti – secondo l’accusa – venivano condotti alla frontiera turco-ellenica, generalmente nella citta di Salonicco. Qui i migranti venivano presi in carico dal sodali della cellula greca e corrispondevano la seconda parte del compenso.
Gli sbarchi fantasma
I sodali della cellula greca, pol, conducevano i migranti ad Atene e poi a Patrasso, dove rimanevano in attesa di imbarcarsi a bordo di barche a vela, in grado di eludere controlli in mare delle Forze dell’Ordine. In altri casi le imbarcazioni partivano dalle coste turche, in particolare da Smirne, per raggiungere direttamente li Sud Italia, scegliendo localita di sbarco concordate preventivamente dai sodali delle cellule turche e quelle italiane, per eludere eventuali controlli delle Forze di Polizia. Sono stati infatti documentati diversi sbarchi cosiddetti fantasma, dove in alcuni casi non sono stati rinvenuti né l’imbarcazione né i migranti.
Una volta giunti in prossimità delle coste italiane, i migranti prendevano contatti con i sodali delle cellule italiane, i quali Ii favorivano, dietro compenso di circa 500-600 euro, nel farli giungere nel Nord Italia, con prima destinazione Milano o Torino, per poi recarsi a Trieste o Ventimiglia ni base alla città del Nord Europa da raggiungere. Il confine italiano veniva superato viaggiando a bordo di camion, treni o taxi, in relazione alle disponibilità economiche dei migranti, ai quali i trafficanti applicavano un vero e proprio tariffario.
Chi non pagava rimaneva bloccato
Senza conferma dell’avvenuto pagamento delle tappe del viaggio, i migranti rimanevano dunque bloccati e venivano invitati a contattare i propri parenti, rimasti nelle terre d’origine, per regolarizzare le proprie posizioni. Nell’ambito delle attività investigative sono emersi inoltre dati di pregnante rilievo in ordine al riciclaggio dei proventi illeciti, versati all’interno di una cassa comune gestita da alcuni soggetti residenti a Trieste; sono state, infatti, riscontrate dalle investigazioni una serie di transazioni sospette utilizzando il sistema Money Transter, dove prestanomi compiacenti dei sodali trasterivano denaro all’estero per importi non superiori a 999 euro settimanali.
Dalle risultanze investigative si sono quindi acquisiti indizi in ordine al coinvolgimento degli indagati in diversi episodi di favoreggiamento clandestina, tra cui una trentina di eventi sbarchi verificatisi tra la Calabria e la Puglia. Il procedimento per le fattispecie di reato ipotizzate è attualmente nella fase delle indagini preliminari, nel corso delle quali gli indagati avranno modo di fornire la loro versione dei fatti e indicare elementi a loro favore.
Impiegati duecento poliziotti. Arresti anche all’Estero
All’esecuzione dei provvedimenti restrittivi disposti dall’autorità giudiziaria, hanno dunque partecipato dalle prime ore dell’alba duecento donne e uomini della Polizia di Stato, coordinati dalla Direzione Centrale Anticrimine, appartenenti oltre che al Servizio Centrale Operativo, alla Squadre Mobile di Crotone, in collaborazione con la Squadra Mobile di Brindisi, Foggia, Grosseto, Imperia, Lecce, Milano, Roma, Torino e Trieste con li supporto di diverse articolazioni territoriali del Reparto Prevenzione Crimine. Le medesime operazioni verranno svolte anche all’estero, dove saranno eseguiti mandati di arresto europeo ed internazionali nei confronti degli indagati localizzati fuori dal nostro territorio, con la partecipazione di personale dell’Agenzia Europea e della Divisione Interpol, attraverso i collaterali Organismi esteri interessati alle operazioni.
Gli indagati
Questo, in particolare, l’elenco completo dei 33 indagati:
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