di Mimmo Famularo – “Silente e più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale, nonché saldamente leader nei grandi traffici di droga”. E’ il volto della ‘ndrangheta disegnato dal nuovo dossier della Direzione investigativa antimafia che prende in esame il secondo semestre del 2020. A delinearlo sono le più importanti inchieste richiamate nella relazione che alla criminalità organizzata calabrese dedica una cinquantina di pagine. In ordine cronologico è la prima mafia analizzata dalla Dia quasi a sottolinearne la pericolosità. “La potenza imprenditoriale della ‘ndrangheta – spiegano – si esprime grazie alle ingenti risorse economiche di cui dispone verosimilmente in costante aumento grazie proprio alla proliferazione del narcotraffico”. Le ‘ndrine sparano di meno ma fanno sempre più affari. Il dato, suffragato da una miriade di inchieste giudiziarie, evidenzia l’attitudine “a relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti la cui opera è strumentale al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione”. Eppure nel muro invalicabile dell’omertà uno squarcio di luce sembra si stia aprendo e la Dia segnala l’avvento sulla scena giudiziaria di un numero sempre più elevato di ‘ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia. “Stretti dalla morsa sempre più incalzante dell’azione investigativa della magistratura e delle Forze di polizia, con la prospettiva di lunghi anni di carcere, in alcuni casi anche a vita e in regime detentivo differenziato, taluni esponenti anche di primo piano della ‘ndrangheta hanno scelto di rompere il silenzio”.
‘Ndrangheta e Covid
‘Ndrangheta e Covid
La Direzione investigativa antimafia lancia l’allarme sugli effetti della pandemia da Covid e su come la ‘ndrangheta potrebbe incidere su tutti i campi economici e sociali. “Le cosche calabresi – si legge nel dossier – potrebbero intercettare i vantaggi e approfittare delle opportunità offerte proprio dalle ripercussioni originate dall’emergenza sanitaria, diversificando gli investimenti secondo la logica della massimizzazione dei profitti e orientandoli verso contesti in forte sofferenza finanziaria”. Il modello è già collaudato e in diverse attività investigative è emerso chiaramente il modus operandi con il quale i clan si infiltrano nel tessuto produttivo locale accreditandosi “presso imprenditori in crisi di liquidità ponendosi quale interlocutore di prossimità, imponendo forme di sostegno finanziario e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale, nel verosimile intento di subentrare negli asset proprietari e nelle governance aziendali al duplice scopo di riciclare le proprie disponibilità di illecita provenienza e inquinare l’economia legale impadronendosi di campi produttivi sempre più ampi. E ciò con ogni probabilità avverrà in ogni area del Paese in cui le consorterie ‘ndranghetiste si sono radicate”. Secondo l’analisi della Dia, il pericolo più attuale è rappresentato dall’usura e dal conseguente accaparramento delle imprese in difficoltà, che, unito alla scarsa propensione delle vittime a denunciare, contribuisce alla sottostima e alla diffusione del fenomeno.
L’area grigia, le infiltrazioni e l’anti-virus
Un’altra minaccia da fronteggiare è rappresentata dalla capacità dei sodalizi calabresi di infiltrare i pubblici appalti avvalendosi di quell’area grigia che annovera al suo interno professionisti compiacenti e pubblici dipendenti “infedeli”. Un anti-virus contro questa forma di infiltrazione sono le interdittive antimafia che intervengono sulle imprese contaminate dalle cosche. Uno strumento molto utilizzato dalle Prefetture calabresi, soprattutto da quella di Reggio Calabria. “Il dato – spiega il report della Dia – restituisce l’immagine di una ‘ndrangheta infiltrata in svariati settori commerciali, produttivi e dei servizi (costruzioni, autotrasporti, raccolta di materiali inerti, ristorazione, gestione di impianti sportivi e strutture alberghiere, commercio al dettaglio, senza tralasciare il settore sanitario, etc.). Un inquinamento che offre la possibilità alle cosche di riciclare i proventi illecitamente accumulati”.
La ‘ndrangheta esprime un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche che grazie alla diffusa corruttela vengono condizionate le dinamiche relazionali con gli Enti locali sino a controllarne le scelte, pertanto inquinando la gestione della cosa pubblica e talvolta alterando le competizioni elettorali. Sotto questo profilo è ancora una volta significativo il numero di scioglimenti di consigli comunali per ingerenze ‘ndranghetiste anche in aree ben lontane dalla Calabria. Tra le pagine alla criminalità organizzata calabrese e ai suoi tentacoli viene citata ad esempio l’inchiesta “Farmabusiness”. “E’ uno spaccato del carattere – ha spiegato il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla – tentacolare della famiglia Grande Aracri, con la capacità pervasiva di condizionare grandi settori dell’imprenditoria, delle professioni e anche del mondo istituzionale e politico, in questo caso in particolare del circondario di Catanzaro”.