Giustificare l’enorme quantità di denaro accumulata con il traffico internazionale di droga. E’ questa la priorità della ‘ndrangheta del terzo millennio. Lo spiega con la solita semplicità Nicola Gratteri nel documentario di Giulia Minoli ed Emanuele Giordano “Se dicessimo la verità”, prodotto da JMovie con Rai Cinema e andato onda in esclusiva nello Speciale Tg1 nella giornata nazionale della Legalità. Dai vicoli di Gerace, il paese della Locride dove è nato ed è cresciuto, il procuratore antimafia di Catanzaro ha raccontato come la ‘ndrangheta si è trasformata nel corso degli ultimi cinquanta anni: dai sequestri di persona alle false fatturazioni, il nuovo, ricercatissimo “oro” che permette ai clan di ripulire il denaro sporco rimettendolo in circolo nell’economia legale. “All’interno delle famiglie di ‘ndrangheta – racconta – troviamo sempre più incensurati e professionisti che hanno il compito di organizzare il business e facilitare il rapporto con chi ha il potere di decidere. La ‘ndrangheta da un po’ di anni è in grado di avere i suoi candidati nel sistema elettivo e rappresentativo. Gli ‘ndranghetisti non sono fuori dalla città ma sono tra di noi e hanno stanze piene di euro. Il loro obiettivo è quello di portare questa ricchezza alla luce del sole”.
‘Ndrangheta globale
‘Ndrangheta globale
Gratteri spiega il meccanismo adottato negli anni, terribilmente attuale oggi che l’emergenza sanitaria sta mettendo in ginocchio il sistema economico locale e nazionale. “La ‘ndrangheta – sottolinea il magistrato di Gerace – non ha bisogno di chiedere soldi alle banche ma interviene con l’usuraio il cui obiettivo non è quello di arricchirsi ma rilevare attraverso un prestanome un albergo o un ristorante. Il fine non sarà quello di guadagnare da questa attività ma fare false fatturazioni, aumentare le vendite per poter giustificare i soldi”. Così la ‘ndrangheta è diventata una holding finanziaria presente in tutti e cinque i continenti. “In alcune aree del nostro Paese – ribadisce Gratteri – controlla anche il respiro. E’ sempre presente da Roma in su ma anche in tutti i Paesi d’Europa, in America e ora anche in Asia. Da almeno gli anni sessanta è presente in Australia”. Un problema quindi globale che si comincia con ingiustificato ritardo “a studiare, capire e far comprendere”.
Dalla coppola alla cravatta
Negli anni settanta l’affare principale era quello dei sequestri di persona. “Ciò ha consentito – racconta Gratteri nel documentario – a ogni capo locale di comprare ruspe e camion per entrare nel mondo dell’edilizia pubblica e privata”. Ai primi anni novanta mentre Cosa Nostra pensava a fare la guerra allo Stato, la ‘ndrangheta ha iniziato a costruirsi il monopolio del narcotraffico mandando in Sudamerica i primi broker. “I mercati richiedevano la cocaina e loro – aggiunge il procuratore antimafia riferendosi ai boss calabresi – hanno iniziato a ragionare come grossisti comprando 10mila chili di cocaina alla volta per poi imporre il prezzo sul mercato europeo”. Fiumi di droga trasformati in fiumi di denaro. L’evoluzione della ‘ndrangheta è tutta qui: da mafia stracciona con la coppola e la lupara a multinazionale in giacca e cravatta.