di Danilo Colacino – Il giovane deputato leghista Domenico Furgiuele, calabrese di Lamezia Terme (ex coordinatore regionale del partito del vicepremier Matteo Salvini, sostituito la scorsa metà di marzo dal commissario straordinario Cristian Invernizzi), è stato suo malgrado protagonista del dibattito politico nazionale ieri sera a La7. La trasmissione in cui è stato molto negativamente citato, quasi fino al punto di essere additato quale impresentabile, è la notissima Otto e Mezzo, condotta dall’altrettanto famosa anchorwoman Lilli Gruber e incentrata nell’occasione sull’arresto dell’ex consulente per l’Energia della Lega – o presunto tale – Paolo Arata, per così dire responsabile anche delle dimissioni del sottosegretario salviniano Armando Siri per un ipotetico caso di corruzione. Ospite in studio, per commentare lo scottante caso del docente universitario siciliano arrestato, il presidente Cinquestelle della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra. ‘Accanto a lui’ i direttori de l’Espresso Marco Damilano e il suo collega de Il Giornale Alesandro Sallusti.
Le bordate di Damilano alla Lega e agli alleati pentastellati. Il senatore Morra nella tv di Urbano Cairo sembra essere, seppur in modo indiretto, sul banco degli imputati. Damilano infatti lo incalza con tono perentorio: “Lei a Palazzo Madama è espressione della Calabria, peraltro esattamente come il leader del Carroccio. Un ministro dell’Interno che alle recenti Europee da quelle parti ha fatto il pieno di consensi, soprattutto in provincia di Reggio e in località famigerate: Rossano, Platì, Oppido Mamertina e così via, in cui la Lega è arrivata prima o seconda con punte del 36%”. Dati che Morra prova a spiegare, e ‘smontare’, così: “Pure il Pd, Forza Italia o i soggetti politici del passato, hanno vinto a mani basse in certi luoghi e pure nel vibonese e nel crotonese, se è per questo, considerato che noi calabresi non ci facciamo mancare alcunché a ogni latitudine. Ma non significa certo che chiunque venga eletto lì sia compromesso”.
Le bordate di Damilano alla Lega e agli alleati pentastellati. Il senatore Morra nella tv di Urbano Cairo sembra essere, seppur in modo indiretto, sul banco degli imputati. Damilano infatti lo incalza con tono perentorio: “Lei a Palazzo Madama è espressione della Calabria, peraltro esattamente come il leader del Carroccio. Un ministro dell’Interno che alle recenti Europee da quelle parti ha fatto il pieno di consensi, soprattutto in provincia di Reggio e in località famigerate: Rossano, Platì, Oppido Mamertina e così via, in cui la Lega è arrivata prima o seconda con punte del 36%”. Dati che Morra prova a spiegare, e ‘smontare’, così: “Pure il Pd, Forza Italia o i soggetti politici del passato, hanno vinto a mani basse in certi luoghi e pure nel vibonese e nel crotonese, se è per questo, considerato che noi calabresi non ci facciamo mancare alcunché a ogni latitudine. Ma non significa certo che chiunque venga eletto lì sia compromesso”.
Damilano mette sotto torchio il presidente dell’Antimafia sulla posizione del tutto particolare di Furgiuele. Morra prova – pur a fatica – a divincolarsi dalla morsa inquisitoria del giornalista romano di lungo corso, però Damilano non molla la presa: “Lei cerca di cavarsela. Ma come avete fatto a governare con gente quale Siri, un anno fa designato nel vostro Esecutivo gialloverde malgrado fosse già pregiudicato (avendo optato per il patteggiamento, ndr) per bancarotta fraudolenta, e come sopportate la presenza in maggioranza di esponenti quali Furgiuele, il cui suocero è stato condannato in via definitiva per estorsione aggravata dal metodo mafioso, e per giunta gravato da guai seri anche a titolo personale avendo i beni pignorati insieme alla moglie?”. Domande taglienti come lame di rasoio a cui il senatore, che fino a poco fa sarebbe stato definito grillino, ha replicato con una sorta di pacata rassegnazione: “Dottor Damilano, lei non può prendersela con il sottoscritto, e l’intero Movimento da me qui rappresentato, se in Italia è in vigore una legge elettorale che oltretutto noi abbiamo cercato di osteggiare in tutti i modi perché concepita contro i 5S. Una norma secondo cui alla maggioranza relativa dei voti ottenuti non corrisponde l’elezione di un numero sufficiente di parlamentari per guidare da soli il Paese. Fatto che ci ha obbligato al ‘contratto’ con la Lega e a dar vita al Governo Conte”.