Trattativa Stato-mafia a processo. La Procura generale di Palermo ha chiesto alla Corte d’Assise d’Appello di confermare le condanne inflitte in primo grado a boss, ex carabinieri e politici imputati di minaccia a Corpo politico dello Stato. In primo grado il boss Leoluca Bagarella fu condannato a 28 anni di carcere, a 12 gli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri e l’ex medico fedelissimo di Toto’ Riina, Antonino Cinà. Otto anni la pena inflitta all’ex capitano del Ros Giuseppe De Donno. La Corte in primo grado, aveva inoltre dichiarato il “non doversi procedere” nei confronti del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca per intervenuta prescrizione visto il riconoscimento delle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia. Brusca, ricorda RaiNews nella ricostruzione del procedimento giudiziario, ha partecipato al processo in collegamento da una località riservata, dopo essere stato scarcerato per fine pena, tra le polemiche, la settimana scorsa, dopo 25 anni di detenzione. Anche Massimo Ciancimino era stato condannato a 8 anni per calunnia e concorso esterno ma poi, nel secondo grado, la sua posizione è stata stralciata perché il reato è andato prescritto.
La requisitoria del pm
La requisitoria del pm
Per l’accusa Marcello Dell’Utri ha avuto “un ruolo decisivo in questa situazione di convivenza gattopardesca”, “curando la tessitura dei rapporti tra cosa nostra e ndrangheta con il potere politico. E lo stesso Berlusconi, chiamato a testimoniare sull’argomento quando era premier, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Un suo diritto certo, ma di certo ci si aspettava un contributo diverso su questo argomento”. “Le stesse menti raffinatissime che avevano sostenuto la coabitazione tra il potere criminale e le istituzioni, avviandola trattativa, consentono a Riina di dire che lo Stato si è fatto sotto”, ha detto il pg. ” E ciò induce ulteriore violenza”, motivando l’accusa, per gli imputati, di minaccia e violenza a Corpo politico dello Stato. Acconsentendo al dialogo con i boss gli imputati, dunque, avrebbero consolidato l’escalation violenta della mafia certa che quella stragista fosse la strada giusta per far capitolare le istituzioni. Dopo gli arresti di boss come Totò Riina e i fratelli Graviano, secondo l’accusa, i pezzi deviati dello Stato che avevano sostenuto la trattativa avrebbero garantito “una latitanza protetta per Bernardo Provenzano”.
Il coinvolgimento della ‘ndrangheta
“Nel frattempo nasce Forza Italia”, dice la procura generale, che descrive il presunto ruolo nella vicenda dell’ex senatore Marcello Dell’Utri che avrebbe “curato la tessitura dei rapporti tra Cosa nostra e ‘ndrangheta e il potere politico. “Ma i fatti rimasti accertati non possono essere nascosti e taciuti: le verità, anche scomode, devono essere raccontate”. Così il sostituto procuratore generale di Palermo Giuseppe Fici ha concluso la sua requisitoria con la richiesta della conferma delle condanne in primo grado. Definito anche il calendario per il proseguio del processo che volge al termine. Nella prossima udienza, in programma il 14 giugno sempre nell’aula bunker del carcere di Pagliarelli, parleranno le parti civili e l’avvocato Luca Cianferoni che difende l’imputato Leoluca Bagarella. Il 21 giugno toccherà agli avvocati Di Benedetto e Folli, difensori dell’imputato Antonino Cina’. Francesco Romito e Basilio Milio, difensori degli imputati Giuseppe De Donno e Mario Mori, parleranno il 28 giugno e il 5 luglio mentre il 12 luglio toccherà alla difesa del generale Antonio Subranni. Infine – il 14 e il 20 luglio – è in programma l’arringa del collegio difensivo di Marcello Dell’Utri.