Detenuta tenta il suicidio ingerendo candeggina, salvata dalle agenti e dalle altre detenute

La donna è grave, in codice rosso, nell'Ospedale di Avellino
uccisa a coltellate oristano

Combatte tra la vita e la morte, nell’Ospedale di Avellino, la detenuta di 37 anni del carcere di Lauro – sezione distaccata della Casa Circondariale di Avellino con custodia attenuata per madri detenute – che oggi ha ingerito candeggina con l’intento di togliersi la vita.

La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPe, per voce del Segretario Generale Donato Capece, che evidenzia: “il tempestivo intervento delle Agenti di Polizia Penitenziaria e delle altre detenute le ha salvato la vita ma ora la donna è grave, in codice rosso, nell’Ospedale irpino”.

La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPe, per voce del Segretario Generale Donato Capece, che evidenzia: “il tempestivo intervento delle Agenti di Polizia Penitenziaria e delle altre detenute le ha salvato la vita ma ora la donna è grave, in codice rosso, nell’Ospedale irpino”.

Le parole di Capece

“In ogni caso, il dato certo è che la scelta di togliersi la vita è originata da uno stato psicologico di disagio. E’ un dato oggettivo che chi è finito nelle maglie della devianza spesse volte è portatore di problematiche personali sociali e familiari”, evidenzia Capece. Per il leader del SAPPE, “l’ennesimo tentato suicidio di una persona detenuta, sventato in tempo dalla professionalità ed attenzione dei poliziotti, dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari. Ma dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari, al di là del calo delle presenze. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 23mila tentati suicidi ed impedito che quasi 175mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”.

Il suicidio ed il tentato suicidio di un detenuto e di una detenuta rappresentano un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti”, conclude il leader del SAPPE.

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