Detenzione di materiale pedopornografico, assolto perché il fatto non sussiste

L'uomo era accusato di essersi consapevolmente procurato il materiale, per poi detenerlo sul suo computer
materiale pedopornografico

Si è conclusa la vicenda di R.G., lametino difeso dall’avvocato Aldo Ferraro. L’uomo, infatti, era finito a processo con l’accusa di avere detenuto, sul suo computer portatile, materiale pedopornografico. All’esito delle indagini condotte dalla Procura lametina nel 2014 su fatti risalenti al 2010, R.G. è stato tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Catanzaro, competente per tale tipologia di reati, con l’accusa di essersi consapevolmente procurato quel materiale per poi detenerlo, altrettanto consapevolmente, sul suo computer.

Dalle indagini difensive condotte dall’avvocato Ferraro, con il supporto di un esperto in digital forensics, Andrea Antonio Miriello, è invece emerso che il salvataggio di quelle immagini non era la conseguenza di una consapevole azione dell’utente, essendo invece avvenuto automaticamente in conseguenza della navigazione in rete, come dimostrato dal fatto che esse erano state rinvenute in una cartella del computer, quella dei file temporanei, nascosta e spesso non visibile all’operatore, e che quindi si è trattato di una involontaria quanto spiacevole conseguenza della navigazione in internet, avvenuta in anni in cui i provider non utilizzavano accorgimenti tecnici per evitare che ciò possa accadere.

Dalle indagini difensive condotte dall’avvocato Ferraro, con il supporto di un esperto in digital forensics, Andrea Antonio Miriello, è invece emerso che il salvataggio di quelle immagini non era la conseguenza di una consapevole azione dell’utente, essendo invece avvenuto automaticamente in conseguenza della navigazione in rete, come dimostrato dal fatto che esse erano state rinvenute in una cartella del computer, quella dei file temporanei, nascosta e spesso non visibile all’operatore, e che quindi si è trattato di una involontaria quanto spiacevole conseguenza della navigazione in internet, avvenuta in anni in cui i provider non utilizzavano accorgimenti tecnici per evitare che ciò possa accadere.

Inoltre, dalle indagini tecniche di parte del consulente Miriello, è emerso che gli accertamenti tecnici compiuti dal consulente della Procura dovevano ritenersi inutilizzabili non essendo stata compiuta, l’analisi del computer dell’imputato, con il rispetto delle garanzie difensive per gli accertamenti irripetibili come previsto dal codice di rito, avendo invece operato, il consulente del pm, senza il coinvolgimento dell’indagato come se si fosse trattato di un accertamento ripetibile.

All’esito della discussione, il giudice monocratico Giovanni Strangis, recependo integralmente gli argomenti del difensore ed i rilievi del consulente, ha quindi assolto R.G. perché il fatto non sussiste.

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