Diciottenne ucciso e travolto da un’auto in corsa nel Catanzarese, una condanna per omicidio stradale

L 'imputato risponde anche di calunnia nei confronti del figlio accusato ingiustamente di essere alla guida dell'auto al momento dell'impatto mortale

Tre anni e quattro mesi di reclusione. Il gup del Tribunale di Catanzaro Matteo Ferraro ha condannato Marcello Talarico, 50 anni, di Bellano, residente a Petronà, nel Catanzarese, giudicato con rito abbreviato, per aver ucciso in un incidente stradale il 18enne Raffaele Gnutti il 10 agosto 2018 a Cropani Marina, infliggendo una pena superiore rispetto ai 2 anni e 8 mesi richiesti in aula dal pubblico ministero Irene Crea, accogliendo la richiesta dei difensori di parte civile Domenico Chianese, Anselmo Mancuso e Vito Carioti. L’imputato è stato anche condannato per aver calunniato il figlio, originariamente l’unico indagato per la morte di Gnutti.

“Le colpe scaricate sul figlio”

“Le colpe scaricate sul figlio”

Talarico, infatti sentito a sommarie informazioni dai carabinieri di Cropani e di Petronà il 10 agosto e il 6 dicembre 2018, pur sapendolo innocente avrebbe accusato il figlio, riferendo contrariamente al vero, che questi si trovava alla guida dell’automobile nel momento dell’impatto, simulando la propria presenza sul veicolo come passeggero. Con l’aggravante di aver commesso il fatto per assicurarsi l’impunità del reato. Secondo la ricostruzione dei fatti, il 10 agosto 2018, mentre Talarico stava percorrendo la statale 106, all’altezza di Cropani Marina alla guida della sua auto ha tamponato la moto sulla quale la vittima viaggiava sulla stessa carreggiata e direzione di marcia dell’auto, sbalzando in aria il motociclista, che ha perso la vita sul colpo. Su richiesta delle difese delle parti civili, il gup ha anche disposto la pena accessoria della revoca della patente.

Morto sul colpo

Secondo le ipotesi di accusa, l’imputato avrebbe omesso per negligenza, imperizia e imprudenza di prestare le dovute attenzione alla guida e di praticare qualsiasi manovra, che avrebbe potuto evitare la tragedia, violando le norme che imponevano su quel tratto di stratta “di viaggiare a velocità non superiore al limite consentito”, provocando la morte di Gnutti per  “insufficienza cardiocircolatoria acuta secondaria a shock traumatico in soggetto con politrauma e in particolare a traumatismo del rachide cervicale”. I legali difensori dell’imputato Luigi Falcone e Giuseppe Bubbo attenderanno le motivazioni della sentenza per ricorrere in appello. (g. p.)

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