di Mario Meliadò – Come talora gli capita, un po’ Circe ammaliatrice un po’ lupo, il presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini in una lettera-appello a Pippo Callipo scrive a chiare lettere che le motivazioni a corredo delle dimissioni dell’ex candidato alla Presidenza per il centrosinistra sono bislacche e incomprensibili, “perciò” gli chiede di revocarle e di restare in carica a Palazzo Campanella.
Ci prova, Tallini, a capire quali siano «le motivazioni vere e autentiche delle dimissioni» (tradotto dal tallinese: Cavaliere, almeno potresti non dire balle). «Mi sforzo, senza trovarle», asserisce il Presidente dell’Assemblea, aggiungendo di dolersene perché la minoranza resterebbe orbata «della sua guida naturale» e perché Callipo «è persona non solo rispettabile, ma soprattutto dotata di qualità etiche e professionali di notevole spessore»
Ci prova, Tallini, a capire quali siano «le motivazioni vere e autentiche delle dimissioni» (tradotto dal tallinese: Cavaliere, almeno potresti non dire balle). «Mi sforzo, senza trovarle», asserisce il Presidente dell’Assemblea, aggiungendo di dolersene perché la minoranza resterebbe orbata «della sua guida naturale» e perché Callipo «è persona non solo rispettabile, ma soprattutto dotata di qualità etiche e professionali di notevole spessore»
Terminato il capitolo del bon-ton, via con le sferzate. «Trovo però eccessive e perfino ingiuste le critiche rivolte ad un Consiglio Regionale che si è insediato da pochi mesi, all’indomani di un’emergenza epocale e che ha dovuto fare i conti con una situazione di straordinaria gravità – attacca Mimmo Tallini –. Ci sono stati, lo riconosco, alcuni errori di valutazione, alcune incertezze e soprattutto alcune incomprensioni tra maggioranza e opposizione che non hanno fatto bene all’Istituzione. Ma ciò non giustifica certe valutazioni espresse dal consigliere Callipo che tenderebbero ad accreditare l’immagine di un Consiglio delegittimato e privo di responsabilità istituzionale». (Seconda tranche d’interpretazione dal tallinese: Callipo, se proprio devi vattene, ma non gettare fango addosso a noi mentre apri la porta, eh).
Il nodo sta nell’enorme divaricazione tra le parole del “re del tonno” su quanto visto a Palazzo Campanella e l’idea del politico catanzarese al riguardo. Pippo Callipo aveva scosso il fango dai propri calzari nell’andar via, stroncando malamente i princìpi «cedevoli», le «prassi consolidate negli anni che mortificano la massima Assemblea legislativa calabrese», le «liturgie politiche che impediscono la valutazione delle questioni sulle quali l’Assemblea è chiamata a esprimersi», arrivando a dirsi ormai consapevole, dopo pochissimi mesi di mandato – Covid19 incluso – che «qualsiasi sforzo profuso non avrebbe portato ad alcun risultato». Nella visione di Tallini, invece, «Niente è stato fatto in questi mesi di irregolare. Ogni provvedimento licenziato dall’Assemblea è stato adottato nel rispetto dello Statuto e del Regolamento. Quando si è incorsi in errori di valutazione, che hanno coinvolto anche lo stesso consigliere Callipo, abbiamo avuto il coraggio e l’umiltà di riparare». (Terza parte della traduzione dal tallinese: caro Pippo, ma cosa ci censuri se non sei stato neanche in grado di capire cosa sanciva la norma che stavi votando?).
E diciamo tutto questo, andando di “smorfia” per decrittare il reale messaggio politico e personale che fa da sottotesto all’ “appello” a Callipo a «tornare sui suoi passi» e «ritirare le dimissioni», lanciato «interpretando credo il sentimento unanime dei gruppi consiliari di maggioranza e di opposizione», perché il primo a “interpretare” pensieri e azioni altrui, non in uno scritto giornalistico ma in una nota ufficiale istituzionale diramata agli operatori dell’informazione, è proprio Mimmo Tallini.
L’esponente di Forza Italia, in effetti, non si fa problemi nel vergare queste righe volte a strologare le famose «vere» motivazioni alla base delle dimissioni di Callipo: «Ho l’impressione che le forze dell’antipolitica, con le loro campagne denigratorie, abbiano influenzato molto la decisione» di un imprenditore-consigliere che «non si è sottratto alla tentazione di sottolineare una sua ‘diversità’».
Ecco allora la significativa sinossi dell’esortazione-invito che Mimmo Tallini rivolge a Pippo Callipo: 1) gli chiede di ripensarci «garantendo così il suo contributo di passione politica e competenza non a tanto e non solo alla sua parte politica, quanto a tutta l’Assemblea», indiretto ma chiaro riferimento alla delegittimazione che ne verrebbe, in caso di dimissioni confermate; 2) gli suggerisce: «Lo faccia senza timore, senza farsi condizionare dai giacobini dell’antipolitica», confermando che no, il neofita naiv Callipo “non può” avere un’idea sua propria anche orribile dell’operato di gran parte dei politici e dei consiglieri regionali calabresi – come purtroppo ce l’hanno tantissimi cittadini, a torto o a ragione –, ma secondo Tallini “per forza” deve aver sragionato cedendo alle pressioni delle folle populiste.
Unica certezza? Beh lui, Tallini, dopo la pessima figura rimediata sui vitalizi-non-vitalizi, dopo lo scivolone con doppio avvitamento carpiato sulle vicepresidenze delle Commissioni consiliari, ai «giacobini dell’antipolitica» non offrirà la stessa soddisfazione, lo sappiamo. E resterà intrepido al timone, incurante se anche la nave-Calabria fa acqua da tutte le parti.