Drug Family, market della droga nel fortino rom di Catanzaro, chiesti 2 secoli di carcere (NOMI)

La Dda coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri ha invocato 26 condanne, a pene comprese tra i 4 e i 20 anni di reclusione

di Gabriella Passariello- I pubblici ministeri Chiara Bonfadini e Anna Chiara Reale hanno insistito, nel corso della requisitoria, sull’esistenza di un’organizzazione criminale su base familiare, operante nell’area sud della città di Catanzaro, nel quartiere Aranceto, puntando su un sodalizio ben strutturato e con specifici ruoli assegnati ad ogni suo componente, a partire dai promotori, passando per gli organizzatori degli approvvigionamenti fino ad arrivare agli esecutori nella distribuzione al minuto di hashish, cocaina ed eroina. Hanno parlato di un’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, detenzione di droga ai fini di spaccio, estorsione, per poi chiedere condanne, a pene comprese tra i venti e i quattro anni di reclusione,  per un totale di oltre due secoli di carcere nei confronti di ventisei imputati, giudicati con rito abbreviato,  coinvolti nell’inchiesta Drug Family, che ha portato gli uomini della compagnia dei Carabinieri di Catanzaro, guidati dal colonnello Roberto di Costanzo e della Squadra mobile della Questura del capoluogo calabrese diretta da Fabio Catalano a notificare ad ottobre dello scorso anno 30 misure cautelari di cui 18 in carcere, 10 ai domiciliari e 2 all’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. Tra gli imputati  anche l’ex collaboratrice di giustizia Natascia Paparazzo, detta Occhianera, che ha consentito ad investigatori e magistrati di fare quadrato sull’associazione capeggiata da Marco Passalacqua.

Le richieste di pena

Le richieste di pena

La Dda ha chiesto in aula nei confronti di Nino Berlingiere, 5 anni e 20mila euro di multa; Antonio Berlingieri, 8 anni, detto Pastina; Cosimo Bevilacqua, (25enne), 4 anni, 8 mesi di reclusione e 20mila euro di multa; Cosimo Bevilacqua, (24enne), detto Coccolino, 5 anni, 4 mesi e 20mila di multa; Fabio Bevilacqua, 4 anni, 4 mesi e 18mila euro di multa; Luciano Bevilacqua, 4 anni e 18mila euro di multa; Massimo Bevilacqua, detto U Malloscio, 4 anni, 4 mesi, 18mila euro di multa; Maurizio Bevilacqua, 4 anni, 18mila euro di multa; Luca Catania, 8 anni; Giuseppe Mungo, 8 anni e 8 mesi di reclusione; Vincenzo Palleria, 8 anni; Natascia Paparazzo, 12 anni; Cosimo Damiano Passalaqua, 4 anni e 18mila euro di multa; Daniele Passalacqua, detto Lupen,12 anni; Domenico Passalacqua (20enne), 6 anni e 8 mesi; Domenico Salvatore Passalacqua, detto Geppetto, 12 anni di reclusione; Enzo Passalacqua, 4 anni, 2 mesi e 18mila euro di multa; Fiorella Passalacqua 9 anni e 4 mesi; Franco Passalacqua, detto Bis 10 anni e 8 mesi; Marco Passalacqua,  detto Coccio d’olivo, 20 anni di reclusione; Rossella Passalacqua, detta Ro ro 16 anni; Silvana Passalacqua, 8 anni; Angela Tropea, 20 anni; Damiano Veneziano, 10 anni e Giovanni Veneziano, detto U Voi, 12 anni di reclusione. Il gup Paola Ciriaco ha aggiornato l’udienza al prossimo 24 giugno, giorno delle arringhe difensive dei legali Alessandro Guerriero, Mary Aiello; Piero Chiodo; Giuseppe Vetrano; Antonio Ludovico; Sergio Lucisano; Giuseppe Menzica e Antonello Talerico.

Lo smercio in via Teano e le spie per monitorare le Forze dell’Ordine

Il business dello spaccio, dall’hashish alla marijuana, alla cocaina e alla eroina, sarebbe iniziata nell’abitazione di via Teano al civico 19 e lo smercio,  al terzo e al quarto piano dell’edificio, talvolta utilizzando per nascondere la droga l’appartamento a piano terra (LEGGI QUI).  Paparazzo ha confermato durante le sue dichiarazioni, in base a quanto risulta nell’ordinanza vergata dal gip Gaia Sorrentino, che tanto lei, che Marco Passalacqua e Domenico Salvatore Passalacqua avevano a disposizione un impianto di videosorveglianza per controllare gli accessi agli appartamenti ed eventuali incursioni delle Forze di polizia. All’esterno, invece, c’era chi faceva la guardia, avvertendoli mediante walkie talkie oppure mandando l’allerta con dei ragazzini. A tenere i rapporti con i fornitori, Marco Passalacqua, che avrebbe utilizzato un telefono, nel quale inseriva schede intestate a persone straniere e le comunicazioni avvenivano mediante Whatsapp. La donna avrebbe consegnato gli utili al marito, il quale li divideva con il fratello, ritenendo che il coniuge trattenesse per sé parte dei guadagni, custoditi sotto l’armadio della camera da letto “al riparo dalle perquisizioni”.

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