Sette condanne da confermare e un ergastolo sono state chieste dal pm della Dda Pasquale Mandolfino, in veste di sostituto procuratore generale, per otto imputati, condannati con rito abbreviato il 25 agosto 2022, nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia “Eleo”, contro la locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro che ha portato il 25 gennaio 2020 ad un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri nei confronti di 12 indagati (LEGGI QUI) . Davanti alla Corte di assise appello di Catanzaro, presieduta da Gabriella Reillo, il magistrato ha chiesto di lasciare inalterato il verdetto di primo grado, invocando la condanna per Giacinto Castagnino, (32enne di) Crotone, 8 anni e 8 mesi di reclusione; per Diego Garofalo, (42 anni) di Petilia Policastro, 10 anni; nei confronti di Mario Garofalo (46 anni) di Petilia Policastro 10 anni; per Giuseppe Garofalo, (37 anni) di Petilia Policastro, 8 anni e 8 mesi; per Antonio Grano, (40 anni) di Petilia Policastro, 10 anni; per Tommaso Rizzuti, (40 anni) di Crotonei, 10 anni di resclusione e per Francesco Scalise, (34 anni) di Petilia Policastro, 8 anni e 8 mesi. Ha invece invocato il carcere a vita nei confronti del presunto mandante dell’omicidio dell’allevatore Massimo Vona, Rosario Curcio, (62 anni) di Petilia Policastro, che ha incassato in primo grado 8 anni, 8 mesi di reclusione e 10mila euro di multa e rispetto al quale la Dda ha proposto ricorso per ottenere una pena più severa; L’udienza è stata aggiornata al prossimo 26 giugno, giorno in cui inizieranno le arringhe difensive dei legali Paolo Carnuccio, Gregorio Viscomi, Tiziano Saporito, Francesco Garofalo, Roberto Coscia, Francesca Buonopane, Giovanni Ettore Sinopoli, che tenteranno di smontare le ipotesi accusatorie per gli imputati, accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsioni, usura, delitti in materia di armi, furti, danneggiamenti seguiti da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso.
L’inchiesta e il tentativo della ‘ndrangheta di riorganizzarsi
L’inchiesta e il tentativo della ‘ndrangheta di riorganizzarsi
Le indagini, delegate al Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Crotone e dalla Compagnia di Petilia Policastro e coordinate dal procuratore Nicola Gratteri e dai sostituti Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino, hanno consentito di definire la pervasività della locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro nel territorio dei comuni di Petilia Policastro e Crotone, che sarebbe riuscita a riorganizzarsi, a partire dal 2014, dopo le scarcerazioni di alcuni esponenti di spicco, che hanno determinato una escalation di atti intimidatori sul territorio, individuando e delineando i singoli ruoli dei vari componenti dell’articolazione: organizzatori delle attività criminali, i partecipi, compresi i nuovi adepti a disposizione del reggente con mansioni di autista.
L’omicidio Vona
In particolare l’attività investigativa avrebbe permesso di identificare il presunto mandante dell’omicidio dell’allevatore Massimo Vona, in Rosario Curcio, alias Pilirusso e uno degli asseriti esecutori materiali in Pierluigi Ierardi, che ha scelto il rito ordinario (LEGGI), ricostruendone le varie fasi. Il 30 ottobre 2018, la vittima, dopo essere stata attirata in un’azienda agricola in località “Scardiato” di Petilia Policastro, con il falso pretesto di “consegnarle” i responsabili dell’incendio appiccato nel 2016 ai danni del suo capannone, sarebbe stata ucciso, con almeno due colpi di arma da fuoco, dall’assassino che lo attendeva insieme ad altre persone allo stato sconosciute. Un caso di lupara bianca, tant’è che i responsabili avrebbero poi eliminato il cadavere, mai più ritrovato. L’8 novembre 2018, in località Scavino di Petilia Policastro, i carabinieri sono riusciti a recuperare solo la carcassa dell’auto dell’allevatore scomparso, completamente distrutta dalle fiamme e abbandonata in una stradina interpoderale a servizio di alcuni appezzamenti di terreno coltivati a uliveti.
L’informativa dei carabinieri e le intercettazioni
Secondo gli inquirenti dunque ad organizzare l’esecuzione, la soppressione del cadavere e la distruzione dell’auto sarebbe stato proprio Ierardi (forse aiutato da alcuni complici). Nell’informativa dei carabinieri allegata agli atti dell’inchiesta trova spazio anche una singolare conversazione nella quale lo stesso Ierardi rappresentava di aver appreso che il fratello dello scomparso andava in giro con una pistola. Consapevole del fatto che i familiari di Vona potessero venire a sapere del suo coinvolgimento nell’omicidio citava il celebre film di Sergio Leone “Per un pugno di dollari” e in particolare una frase: “Quando l’uomo con la pistola incontra un uomo col fucile quello con la pistola è un uomo morto!” lasciando chiaramente intendere di essere pronto a reagire ad un’eventuale azione di vendetta, avendo la disponibilità di un fucile con il quale, in un eventuale scontro a fuoco, avrebbe avuto la meglio. Da un’altra intercettazione ambientale emerge che Ierardi disponeva di un fucile che avrebbe occultato all’interno del suo camion: “Va bene! Io vado un attimo nel camion che ho portato il fucile…”.
“Minchia sto morendo”
In una conversazione ambientale captata in aperta campagna discute con altri operai (non identificati) di alcuni omicidi di ‘ndrangheta avvenuti nel territorio di Petilia spiegando i minimi particolari di come sparare con un fucile caricato a pallettoni: “Ah? La vuoi detta una cosa… lo carichi… a pallettoni e gli meni… qua gli meni no?… Guarda… gli meni qua… gli meni dritto con il pallettone… questo qua non c’è più… la testa… si spappola… nemmeno la Digos la trova più… va a lampo (ndr. inteso immediato) …inc…”, arricchendo poi di altri particolari l’effetto dello sparo sulla vittima tanto da far nascere il sospetto che quanto descritto l’avesse vissuto in prima persona (“Lo sai che senti? Non senti niente… stai dicendo… tieni solo il tempo… “Minchia sto morendo!”… inc… “Minchia sto morendo”).