“Ho dovuto chiamare un amico, diciamo così, e dopo 20 minuti sono venuti fuori i risultati”. È la forte dichiarazione con cui Antonio Fiorillo, padre di famiglia di Piscopio, nel Vibonese, denuncia i ritardi nella gestione dell’emergenza coronavirus. Almeno per quanto vissuto sulla sua pelle e quella della sua famiglia. Perché Antonio, come raccontato al TG3 Calabria, è costretto in casa da quasi un mese insieme a moglie e figli. Ha conosciuto in prima persona che cos’è questo virus che sta mettendo in ginocchio il mondo intero. E oltre alla paura, e al dolore che la malattia porta, ha dovuto fare i conti con una burocrazia “all’italiana”. “So che siamo 3 negativi – dice – e il bambino piccolo è positivo ma con due risultati diversi”. Il suo è un racconto di sofferenza perché si è sentito abbandonato. “Nessuno dal Comune o dal’Asp – continua – ci ha fatto una chiamata per sapere come stiamo. Io sono stato a casa malissimo”. Ma la gravità della sua denuncia nasce dal metodo attraverso il cui è potuto venire a conoscenza dei risultati suoi e della sua famiglia. La chiamata a un ben non definito amico che in meno di mezz’ora gli ha fatto “un favore” che favore non avrebbe dovuto essere. Ma semplice normalità.
Emergenza Covid, gli esiti del tampone arrivano solo dopo “la chiamata all’amico”
© Riproduzione riservata.