Epatite acuta grave nei bambini, ecco come riconoscerla e cosa fare

Il professor Carlo Federico Perno: "Se tra una settimana dovessero continuare ad aumentare i casi, ci sarebbe qualcosa di strano"
Carlo Federico Perno

Da gennaio del 2022 è stato rilevato un numero elevato di casi di epatite acuta grave in età pediatrica nel Regno Unito. In Inghilterra, in particolare, sono stati osservati circa 60 casi e 10 in Scozia. In Italia, i casi accertati ad oggi sono tre. Lo scorso 23 aprile il ministero della Salute ha diramato una circolare in cui si fa chiarezza, per quanto sia possibile ad oggi, sull’eventuale collegamento di questi casi di epatite acuta grave in età pediatrica con il coronavirus Sars-CoV-2 e con il vaccino contro il Covid. Così come per l’adenovirus (altro virus per il quale si è ipotizzato un legame con questi casi di epatite), anche per il Sars-CoV-2 ci sono bambini risultati positivi e bambini risultati negativi. Riguardo ad un ipotetica correlazione con il vaccino contro il Covid, “non è stato identificato alcun legame con il vaccino anti Covid”, si legge nella circolare.

Chi colpisce

Chi colpisce

Ancora si sa poco della malattia ma una cosa è certa: questa epatite acuta grave ad eziologia sconosciuta, ovvero con causa ignota, colpisce esclusivamente soggetti con età inferiore ai 16 anni, in particolar modo i bambini sotto i 5 anni; in alcuni casi anche i lattanti. Ad oggi si è registrato un solo decesso e un esito positivo nella maggioranza dei circa 200 casi osservati. C’è dunque da preoccuparsi? Siamo di fronte ad un’altra potenziale pandemia? E come riconoscere questa epatite da altre forme virali?

Ne parliamo su Interris.it con il professor Carlo Federico Perno, Direttore dell’Unità di Microbiologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (Opbg) e docente di Microbiologia alla Unicamillus Univesity. L’Unità di Microbiologia unisce le competenze professionali e le tecnologie avanzate per eseguire test che rispondono ai quesiti della diagnostica infettivologica ad ampio spettro, come caratterizzare i ceppi batterici portatori di malattie (patogeni), rari o inusuali, e attuare e definire le metodologie diagnostiche avanzate in campo virale.

In merito all’adenovirus F41 cosa può dirci?
“Ad oggi l’adenovirus è in effetti l’indiziato più importante – ma non il principale – perché è stato riscontrato in un certo numero di bambini colpiti dall’epatite acuta. Ma non in tutti. Perciò non sappiamo ancora se è un agente che abbiamo cercato e abbiamo trovato (ma non c’è nessuna causa-effetto) oppure se è davvero una delle cause. L’adenovirus, essendo stato trovato in quasi la metà dei pazienti, è sotto osservazione speciale. Ma, lo ripeto, l’eziologia di questa epatite è ancora sconosciuta, non abbiamo trovato un agente infettivo certo”.

Potrebbe essere infettiva?
“Sì. Potrebbe essere infettiva, dunque causata da un virus, da un batterio, da un germe. Il fegato è un ‘organo bersaglio’ perché è il depuratore del nostro organismo: tutto ciò che passa nel nostro corpo passa per il fegato. Dovendo quindi identificare una causa scatenante possiamo dire che potrebbe trattarsi di un virus ma anche di un’alterazione immunologica o di una tossina e perfino di una sostanza tossica. Al momento, l’origine infettiva è la più ragionevole e quella più perseguita dalla scienza. Non sappiamo neppure se si tratta di un’infezione diretta o indiretta”.

Cosa intende per infezione diretta o indiretta?
“Per infezione diretta si intende un germe che è presente e ha causato la malattia. Per esempio: la tubercolosi, la Sars, l’Hiv. Per indiretta si intende invece un germe che era presente nell’organismo poi è passato e quello che sta accadendo ora è la conseguenza della presenza passata del germe. Un esempio è la sindrome post-COVID-19, il cosiddetto Long Covid: il virus SARS-CoV-2 non è più presente, ma l’organismo soffre per la pregressa infezione, anche per diversi mesi. Questo perché il virus ha turbato il sistema immunitario, ha scatenato un’infiammazione importante, ha fatto dei danni agli organi. In definitiva, l’eziologia di questa nuova epatite è probabilmente infettiva, ma non è detto che il virus sia presente in questo momento”.

Potrebbe dunque essere, almeno teoricamente, il virus SARS-CoV-2 a provocare la nuova epatite?
“Non possiamo escluderlo. Che questa epatite non sia un nuovo virus – il secondo in due anni – ma uno degli effetti del Long Covid è una delle ipotesi sul tavolo. Sia ben chiaro: è plausibile, ma al momento non ne abbiamo la certezza scientifica”.

E’ invece possibile che questa epatite sia un (altro) nuovo virus?
“Sì, non possiamo escluderlo. Però, premesso che le coincidenze possono sempre avvenire, la probabilità che si siano generati due virus ‘nuovi’ in due anni è altamente improbabile. Ricordo, inoltre, che l’umanità ha un ‘debito immunitario’ a causa di quanto vissuto negli ultimi due anni”.

Cosa intende per debito immunitario?
“Voglio dire che le nostre difese immunitarie si sono abbassate e siamo quindi più fragili anche rispetto a virus normalmente innocui che invece ora producono effetti più gravi”.

Come possiamo riconoscere questo nuovo tipo di epatite?
“Più che riconoscerlo, vediamo come è possibile escluderlo. Siamo in una fase stagionale in cui circolano tantissimi virus gastro-intestinali. Nel bambino provocano nausea, vomito, diarrea, un po’ di febbre… Sono virus che nell’arco di un giorno o due se ne vanno. Non bisogna preoccuparsi se il bambino ha questi sintomi. Diverso è il discorso se gli occhi e la pelle del piccolo diventano gialli. Oppure se la sintomatologia gastro-intestinale dura per quattro o più giorni. In questo caso bisogna subito correre al pronto soccorso per fare degli accertamenti”.

C’è una cura per questa nuova epatite?
“Non abbiamo farmaci anti-virali, però la terapia di supporto funziona molto bene. Il fegato ha una straordinaria capacità di rigenerazione, quindi il danno epatico è compensato dal fegato che ricresce. Ricordiamo i miti della Grecia, come Prometeo… A volte nemmeno ci accorgiamo che il fegato è stato intaccato. Noi lo supportiamo con medicine generali, idratazione e riposo assoluto. Solo in una strettissima minoranza – meno del 10% – è stato necessario il trapianto”.

Come si trasmette? E’ possibile la trasmissione diretta?
“Non lo sappiamo. Siamo solo a conoscenza del fatto che in pochi casi è ‘clusterizzata’. Non abbiamo evidenza di trasmissione tra persone, anche se c’è qualche caso di co-presenza familiare. Comunque è una situazione ristretta solo ai bambini fino ai 16 anni”.

Per quale motivo è presente solo negli Under 16?
“I motivi potrebbero essere due. Il primo è che si tratta di un patogeno che colpisce più i bimbi che gli adulti. Il secondo è che il sistema immunitario dei bambini è diverso da quello degli adulti e quindi risponde in maniera diversa all’attacco di un germe. Una di queste due risposte o entrambe potrebbero giocare un ruolo”.

Questa forma di epatite ha una qualche relazione con il vaccino anti-Covid?
“Questo mi sento di escluderlo: non c’è nessuna evidenza scientifica in tal senso. Anzi: la maggior parte dei bambini malati hanno meno di 5 anni e il vaccino contro il SARS-CoV-2 non è previsto per i bambini da 0 a 5 anni”.

Dopo il Covid-19, siamo di fronte a una nuova paura?
“Chiedo a tutti grande attenzione, ma nessuna preoccupazione perché non abbiamo evidenza che quanto stia accadendo sia anormale. Ogni anno ci sono alcune decine di casi di epatite in Italia senza una causa. Alcuni di questi casi vanno al trapianto. Solo se tra una settimana dovessero continuare ad aumentare i casi, ci sarebbe qualcosa di strano. Il mio consiglio è di mettersi in un’attesa vigile: osservare, seguire i nostri bimbi, tenere un occhio attento ai sintomi specifici. Come gli occhi e la pelle che diventano giallognoli. Ma senza inutili allarmismi: di paura in questi due anni ne abbiamo già vissuta tanta!”.

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