Maria Grazia Laganà Fortugno, ex deputata e vedova di Francesco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, ucciso dalla ‘ndrangheta il 16 ottobre 2005, ha commentato la sentenza della Consulta emessa ieri. “Nel 2005 ho sperimentato sulla mia pelle la brutalità dell’esecuzione mafiosa. Non solo non condivido, ma nemmeno rispetto la sentenza della Corte Costituzionale perché le domande che mi pongo in questo momento sono: chi rispetta noi? Chi rispetta il nostro dolore? Quando parliamo di mafia non è possibile usare strumenti ordinari, ma servono quelli straordinari. Tutto quello che sta succedendo è una tragedia e la sentenza della Consulta avrà effetti devastanti sulla guerra che lo Stato sta conducendo contro i clan mafiosi.
“La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ha spiegato Palazzo della Consulta, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.
“La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ha spiegato Palazzo della Consulta, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.
Maria Grazia Laganà Fortugno ha ribadito che sulla questione “un allarme è stato lanciato anche da tutti i magistrati che sono in prima linea nella lotta alla mafia. Ciò deve stimolare una riflessione seria. Il messaggio che rischia di passare in questi giorni – ha ribadito – è terribile. Pensare che nel tempo un mafioso possa tornare tranquillamente alla propria vita mina la fiducia che i cittadini riconoscono alla Stato di diritto. L’unica strada da percorrere è quella della legalità e quella di prevedere pene certe e definitive”. Secondo la vedova Fortugno, è giunto “il momento per gli altri Paesi europei di adeguarsi al modello italiano di contrasto alla mafia. Non è un fenomeno che riguarda solo il nostro Paese, ma globale. Quando parlo di adeguamento non faccio solo riferimento al sistema giuridico – ha concluso – ma anche per quel che riguarda la polizia giudiziaria”