ESIMI ED ESIMIE | Agazio Loiero e il suo fiuto tipico dei cavalli di razza democristiani

Mente brillantemente raffinata, politico e uomo di cultura come pochi, affabile e trascinante, esilarante con stile, osservatore e studioso

di Vincenzo Speziali – I primi anni della mia infanzia li ho passati a Bovalino, paese natale che con orgoglio e coerenza porto nel cuore – ancora oggi sono colà residente – per poi trasferirmi con la famiglia a Catanzaro, autentico luogo del sentimento e di molti cari amici di infanzia che tali, a tutt’oggi, rimangono e che frequento con gioia. Coerentemente alla mia vita, la spola tra la città (così era ed è chiamata da noi, in famiglia, Catanzaro dai suoi “tre dolci colli”) e il paese (ovvero Bovalino, per il sottoscritto “il sogno e il paradiso”) è sempre stata costante, quasi fosse un rito o piuttosto un pellegrinaggio laico, pieno di gioie e tenerezze, volto a ribadire l’indissolubilità degli angoli del cuore.

Questi sono rappresentati dai posti, per me posti incantevoli e teneri, colmi di ricordi -chissà perché invecchiando vengono in mente solo quelli belli?- come dice Vasco Rossi, nella sua canzone.

Questi sono rappresentati dai posti, per me posti incantevoli e teneri, colmi di ricordi -chissà perché invecchiando vengono in mente solo quelli belli?- come dice Vasco Rossi, nella sua canzone.

Proprio a Catanzaro, i miei iniziarono a frequentare Agazio Loiero e la sua dolcissima moglie, ovvero Maria Blandini, autentica signora come poche ne ho conosciute in vita. Onestamente c’erano altri nel “gruppo stretto” di mamma e papà, cioè Elio Colosimo (di cui scriverò in separata sede e che ricordo con un affetto sconfinato) e sua moglie Cio Pugliese (altra grande signora, con la quale pranzo ogni domenica catanzarese, assieme al figlio Luigi che è tutt’ora uno dei miei più cari amici), oltre a Gianni Susanna, zio Carlo de Lellis e zia Gabriella Celestino, Benedetto e Gabriella Arcuri -memorabile con questi ultimi la gita alle Eolie con Agazio e Maria e le loro figlie Valentina e Francesca, nel 1989, pure assieme a Nicola Fiorita – e poi i dolcissimi Giovanni e Marcella Squillace. In tutta franchezza, lo ammetto ‘preambolarmente’ – consecutio “donaccattenianforlaniana”- Agazio era (ed è tutt’oggi) una mente brillantemente raffinata, politico e uomo di cultura come pochi, affabile e trascinante, esilarante con stile, osservatore e studioso, oltre che instancabile risorsa di supporto paziente per tutti quanti, durante i viaggi all’estero (di marca austriaca), soliti fare da questa compagnia nei periodi di Capodanno.

Siccome l’uomo ha il fiuto tipico dei cavalli di razza democristiani, ha capito sin da subito, da quando ero giovane il mio interesse per la politica e circa ciò fu uno dei pochi a non sottovalutare la cosa (manifesta superiorità dell’essenza dc), anche perché la prima regola per essere docenti in materia (e l’ultimo di noi democristiani sarebbe paragonabile al Magnifico Rettore di tale Università…studia Di Battista Alessandrino, studia bambino, studia sperando di non esser ‘grullino’…e ho detto tutto!), dicevo la prima regola è quella di scovare o comprendere coloro i quali da infanti possono rivelarsi come risorse future.
Si è sempre usato così da noi e i risultati non certo possono essere disdegnosi o insoddisfacenti.
Prendiamo alcuni casi come Enrico Letta (ex Premier e oggi Segretario del PD), oppure Roberto Occhiuto (già Presidente del Gruppo Di Forza Italia alla Camera e attualmente Presidente della Regione), continuando con Pino Galati (più volte Parlamentare e Sottosegretario) e Gianluca Gallo (Consigliere Regionale da 4 legislature e da due Assessore all’Agricoltura con unanime condivisione di inappuntabile gestione), per non parlare in ultimis di me stesso (…sapete? La vanità esiste e in questo caso, senza apparir presuntuoso, non lo è affatto!), dicevo qualcosa abbiamo dimostrato di valere e credibilmente di essere -soprattutto di essere- ragione per la quale sillogicamente si desume come la scuola sia stata buona…e l’università pure (l’ex “sguardasigilli”, ovvero il fu ministro di “disgrazia e ingiustizia” tal Alfonso “Malafede”, pardon je vous en prie, Bonafede… exemplum negans).

Ora, volete che uno come Agazio, con bagaglio culturale come il suo, preparazione solida, passione politica, intuito e sveltezza, potesse non essere in grado di arrivare ai vertici del Partito e del Paese prima e della Regione dopo? Patti chiari, confesso di essere testimone diretto, ancorché credibile, ovvero senza unilateralismo alcuno, però devo ammettere come egli fu il primo a credere in se stesso (regola aurea per chi si lancia in qualsiasi impresa!) e non si è mai risparmiato in tal senso, anzi ciò che ha avuto se lo è conquistato sul campo, meritamente, più degli altri. Difatti le ostilità concettuali -chiamiamole così- le ha dribblate tutte (a proposito, gioca bene pure a calcio, di cui è un intenditore), ed riuscito ad affrontare e al contempo superare le bagarre democristiane, intentategli “ragionieristicamente” da Carmelino Pujia (ed invero, pure da altri che dietro a lui, vigliaccamente, si celavano).
Quando perciò divenne Ministro la prima volta, il sottoscritto che ha avuto la fortuna di conoscerlo da post poppante, non si è meravigliato affatto, semmai la “quaestio” è apparsa essere una cosa naturale, quasi scontata o immancabile -che dir si voglia- al pari del sole che sorge ogni mattina. E dire che l’agognato podio, in partenza, non appariva raggiungibile a nessuno, per i calabresi e i DC calabresi in particolare, poiché la nostra Regione è da sempre, in tutti i Partiti e in qualsiasi epoca (Regno d’Italia, I, II e III Repubblica) un territorio di modesta incidenza elettorale.

A parte il mio bisnonno Tiberio Evoli, Presidente del Gruppo Parlamentare dei Socialisti Riformisti alla Camera del Regno -in seno al quale erano iscritti Pietro Mancini (bisnonno dell’attuale Giacomo, caro amico personale), Francesco Saverio Nitti (già Presidente del Consiglio di Sua Maestà Vittorio Emanuele III, nonché omonimo di un mio caro amico ed ex collega in Consiglio Comunale a Catanzaro) e Ivanoe Bonomi (pure lui ex Premier Reale), la Calabria ha dovuto attendere fino al 2020 per avere un altro Capogruppo in Parlamento e cioè Roberto Occhiuto per Forza Italia; come Ministri vi sono stati Giacomo Mancini (nonno del già menzionato Giacomo che ha ricoperto pure la carica di Segretario Nazionale del PSI) e successivamente Mario Casalinuovo -sempre in quota socialista – e la DC ha espresso, solamente Riccardo Misasi, Gennaro Cassiani e successivamente Dario Antoniozzi.
Dario, per la verità, era calabrese “di importazione” (suo padre fu nominato Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, benché poi divenne cosentino fino all’osso, pure se la famiglia era originaria di Rieti), mentre Riccardo fu il leader nazionale della corrente di base -quella che in maniera apocrifa è meglio conosciuta come “la sinistra demitiana”, in seno alla Democrazia Cristiana- e tra l’altro era il vero pupillo del fondatore, cioè l’indimenticabile Giovanni Marcora, ex partigiano bianco, di cui il nome di battaglia era Albertino (e tanto gli rimase pure in seguito).

Tornando alla DC regionale, quindi, nessuno, realisticamente, ha mai pensato di andare oltre la carica di Sottosegretario, magari di ministeri importanti -quelli definiti di prima fascia- ma pur sempre Sottosegretario restavi o nelle migliori e più rosee previsioni, potevi diventare. Mio nonno, Francesco Calauti per esempio, benché in precedenza Presidente del Circolo S.Pietro a Roma e poi alla FUCI e anche tra i primi ad aderire alla Democrazia Cristiana fondata da Giovanni Battista Montini (che sarebbe divenuto Papa e Santo, cioè S.Paolo VI e del quale era amico personale), non ci ha mai pensato; stessa cosa per i suoi colleghi del tempo, ovvero Murdaca, Foderaro, Bisantis e Reale, per citarne alcuni; non parliamo poi dei leoni dorotei Pucci (nonno di Ernestino Cafasi, altro caro amico d’infanzia e coevo) e Tiriolo (padre di Alberto a cui devo l’ingresso nel Giovanile); oppure del ras Fanfaniano, cioè Vincelli o del rappresentante di Moro, ovvero Guglielmo Nucci (che fu Sottosegretario e padre dell’indimenticabile Annamaria, la quale divenne, anch’essa deputata e Sottosegretario donna Calabrese, fino al tempo in cui giunse in incarico simile Jole Santelli nel 2001, mentre oggi vediamo una signorina il cui crine è poliformenente cangiante…Sic transit gloria mundi!).
In anni più recenti e a noi vicini, nemmeno Carmelo Pujia, vero dominus del Partito in Calabria pensò di arrivare a tale incarico, benché apprezzatissimo (come era giusto che fosse) dal suo capocorrente nazionale cioè Giulio Andreotti, mentre Tassone ha sfiorato la nomina apicale – lui plurisottosegretario e 2 volte viceministro- poiché Mario pagò la defaiance di Buttiglione (a cui doveva subentrare nella compagine del Berlusconi II e ironia della sorte, al Ministero degli Affari Regionali, di cui Agazio fu responsabile nel Governo Amato II).

Per Agazio Loiero la storia è differente e lui -in cuor suo (ed io nel mio)- questa meta, sono certo che se l’era prefissata e la riteneva possibile raggiungere, dato che le basi solide le aveva ed anche una capacità come pochi di essere presente e farsi apprezzare, essendo uno degli ultimi rappresentanti autentici di una politica vera, con fondamento e lungimiranza. Ancora oggi, seppur postumamente dal punto di vista dell’incarico, a detta di molti -tra cui il sottoscritto- è stato persino un ottimo Presidente di Regione, come a dire, senza piaggeria alcuna, che dove lo metti “suona una melodia”.
Certo, devo però confessare che raramente l’ho seguito nelle vesti di suo delfino (ho lasciato l’incarico a Pasqualino Scaramuzzino, al quale se togli ciò potrebbe saltare alla giugulare di chiunque, moglie, figli e cognato compresi…non me ne vorrà per questa onesta ilarità), ma come premesso in incipit, ho preferito non mischiare l’affetto e la frequentazione familiare, con l’attività politica, proprio per non inficiare la mia autonomia e ciò fu una scelta alla quale mi sono attenuto con ferrea coerenza (ah la coerenza: caro Valerio Donato, prendi nota e applicati, conseguenzialmente!).
Ammetto pure che il mio carattere giovanile è stato spesso, apparentemente, irriverente, nei suoi confronti -e questa peculiarità dovuta pure alla giovinezza dell’età ha rappresentato, ex tunc, fonte di disperazione per mio padre ad in seguito per Arnaldo Forlani, Angelo Donato e Nanà Veraldi, mentre in tempore actualis per Lillo Manti, Gino Trematerra e Franco Petramala- però Agazio con intelligenza e pratica di vita, ha lasciato correre, pur se alle volte, da parte del sottoscritto, vi è stata insopportabile esagerazione (come Luigi Colosimo ed Ernesto Cafasi, mi facevano notare, con sconcerto, forti di una educazione come pochi).
Di ciò chiedo scusa, con onestà, e ringrazio ancora la vita di avermi permesso persino un lusso simile, poiché Loiero è sempre Loiero, cioè un fuoriclasse, con il quale si colloquia piacevolmente e che a tutt’oggi -cosi` come quando ci siamo visti a tu per tu recentemente- si parla bene e innaffia con l’acqua della cultura politica e sociale, una mente come la mia, ancora assetata e appassionata alle materie di cui sopra.
Certo, poiche` ha pure il dono, come dicevo, della simpatia -tipica delle persone intelligenti- le battute pure sulla storia le continuiamo a fare, ed infatti riporto una delle ultime, ovvero quando ci siamo congedati dopo averlo incontrato per gli auguri del Santo Natale 2021: “Vicenzi`(proprio Vicenzi`, però in modo differente, ancorché più sincero di Tassone), Martinazzoli, con cui non sei stato mai tenero, era un profeta della politica, ma tu hai avuto sempre il senso dell’appartenenza forlaniana”, mi fa lui, mentre io prontamente rispondo “Aga`, se Martinazzoli è il profeta della politica, Forlani è il Principe di Galles della Democrazia Cristiana!”.
Così ci siamo salutati. Una chiosa, dal profondo del cuore, la devo aggiungere, cioè, caro Agazio, ti voglio bene.

Vincenzo Speziali

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