Espugnato il “fortino” di Scordovillo, Gratteri: “Anche i rom devono rispettare le regole”

Smantellata un'organizzazione dedita allo smaltimento illecito di rifiuti. I dettagli dell'operazione: "Questo tipo di inquinamento provoca tumori"

di Damiana Riverso – “Un fortino nel quale un gruppo di persone continuava a compiere lo stesso reato da anni, inquinando irreversibilmente ettari di terreno nel comune di Lamezia con un grave impatto sul piano ambientale”. Così il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha definito il campo rom di Scordovillo dove questa mattina sono state arrestate 29 persone ritenute responsabili a vario titolo di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, oltre al furto aggravato e alla violazione di sigilli. Nello specifico, per 15 indagati è stata disposta la misura cautelare della detenzione in carcere, per 14 indagati la misura cautelare degli arresti domiciliari. E’ stato disposto, inoltre, il sequestro preventivo per le organizzazioni aziendali coinvolte. Si tratta di due imprese individuali e quattro società a responsabilità limitata.

Smantellato il fortino rom

Smantellato il fortino rom

“Un’indagine importante che ha smantellato – ha detto il procuratore Gratteri – un’organizzazione specializzata a smaltire i rifiuti in modo illecito. Sembra poco ma in realtà si tratta di soggetti che da decenni compiono lo stesso reato e questo vuol dire che per loro era la normalità, un modus vivendi. Per questi soggetti era quindi normale bruciare rifiuti e inquinare la zona in spregio a qualsiasi rispetto dell’ambiente. Una realtà imprenditoriale malata dove ognuno ha il suo compito: reperire i rifiuti, smembrarli per rivendere le parti buone a società compiacenti e smaltire il resto. Anche i rom devono rispettare le regole. Ci sono molti modi per guadagnarsi da vivere, anche con lavori umili. Agivano come se fossero i padroni di quello spazio che occupano ma non è così”. Le indagini nascono da un vasto incendio che ha messo in ginocchio Lamezia Terme, bloccando le attività dell’ospedale, della ferrovie con pesanti emissioni di diossina che ha bloccato i residenti in casa per giorni. “I carabinieri – ha sottolineato il procuratore – non si sono risparmiati in uomini e mezzi per dimostrare come ettari di terreno sono inquinati  in modo pesante. Questo tipo di inquinamento provoca tumori alle vie respiratorie e inquina le acque che andiamo a bere”.

“Quarta chiave: quella del rispetto dell’ambiente”

Il provvedimento è fondato quindi sugli esiti dell’attività investigativa denominata “Quarta Chiave”, condotta dai Carabinieri di Lamezia Terme, diretta e coordinata dalla Dda di Catanzaro, avviata nell’agosto 2019, a seguito di un vasto incendio di rifiuti, verificatosi il precedente 11 luglio nell’insediamento Rom di Contrada Scordovillo, a Lamezia Terme, con lo sprigionamento di fumi tossici che hanno interessato l’adiacente ferrovia e il vicino ospedale Giovanni Paolo II.  “Il nome Quarta chiave”  – ha spiegato Sergio Molinari, comandante del Gruppo carabinieri di Lamezia – fa riferimento alle 3 chiavi che l’allora ministro Barca valutò essenziali per l’integrazione dei rom: l’istruzione, il lavoro e la casa. A questi noi abbiamo aggiunto la quarta: il rispetto per l’ambiente e per la legalità”

Emergenza sanitaria

“L’indagine – ha dichiarato il procuratore Vincenzo Capomolla – nasce anche a seguito di tante segnalazioni da parte della comunità di un vero e proprio degrado ambientale con relativa emergenza sanitaria. Ricordiamo che l’insediamento sorge a ridosso dell’ospedale di Lamezia. L’esalazione dei fumi tossici a seguito dei numerosi incendi usati per smaltire i rifiuti hanno determinato inquietudine nella comunità. Siamo riusciti a documentare il profilo organizzativo di queste attività di smaltimento e intervenire in maniera organizzata. In questa filiera facevano parte anche delle società che sebbene iscritte all’albo nazionale dei gestori dei rifiuti hanno costituito il paravento di questa attività illecita, alterando anche i documenti e violando le autorizzazioni in loro possesso”.  I carabinieri hanno messo in campo tutte le loro specialità. “Ci siamo presentati con un dispositivo robusto – ha confermato il comandante provinciale dei carabinieri di Catanzaro, Antonio Montanaro –  e con tutte le risorse del comando provinciale dei carabinieri, compresa anche i forestali, con elicotteri  e con assetti specializzati perché consapevoli della delicatezza della situazione e contestualmente della necessità di intervenire individuando tutti gli elementi  colpiti dalle misure cautelari”.

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