Eyphemos, quei vasti terreni del Reggino che ‘non sono italiani’

Eyphemos

di Nico De Luca – L’ordinanza del Tribunale di Reggio (ufficio GIP-GUP)  che ha dato origine all’operazione Eyphemos (DDA) offre alcuni passaggi esemplari che chiariscono un elemento basilare della protervia mafiosa, imposta fin dai diritti più elementari dei contadini e dei pastori: la proprietà del terreno.

PREMESSA

PREMESSA

Scrive il giudice Cotroneo, estensore del lunghissimo documento da cui è scaturito l’arresto eccellente del consigliere regionale Creazzo (FDI) e la richiesta per il senatore Siclari (FI), che “e’ stata giudiziariamente accertata l’esistenza, in territorio di S. Eufemia d’Aspromonte, Sinopoli, Cosoleto e località  limitrofe, di un’agguerrita consorteria mafiosa facente capo alla vasta famiglia Alvaro da decenni al centro di attività delittuose tipicamente mafiose ed anche questo  procedimento consente di affermare la perdurante esistenza – nel territorio di Sinopoli,  San Procopio, Delianuova, Sant’Eufemia e comuni viciniori – di una associazione per delinquere di stampo mafioso con diverse articolazioni strutturali nei plurimi contesti  geografici e tuttavia sempre operante sotto l’egida della grande famiglia mafiosa degli  Alvaro.”

COSA E’ LA GUARDIANIA

“Si accertava che la guardiania è “un sistema” imposto dalla criminalità organizzata di stampo mafioso nella piana di Gioia Tauro, ove esiste un controllo capillare del territorio delle cosche (che esercitano, ciascuna, il proprio potere mafioso, sul territorio di egemonia) che passa, tra l’altro, attraverso il sistema delle estorsioni, ovvero il pagamento di tangenti, già per il fatto di possedere un fondo e su ogni operazione immobiliare o transazione commerciale con riferimento ai prodotti del terreno.

Non esiste differenza alcuna tra i territori: Sinopoli è come San Martino o Gioia Tauro o Laureana di Borrello. In detti territori chiunque abbia una possidenza, produttiva di reddito, o un’impresa o decida di disporne deve, obbligatoriamente, fare i conti con i referenti mafiosi sul territorio stesso che si pongono come “guardiani” della proprietà. Non si tratta di un’opera di sorveglianza, svolta in assenza del proprietario, né concordata né richiesta ma imposta dall’asserito “guardiano” che la prospetta quale meccanismo di “prevenzione” di atti furtivi o di danneggiamento del fondo, cui ha dato egli stesso causa.

Il guardiano non sorveglia in realtà alcunché, solo “assicura”, presentandosi quale referente della cosca di appartenenza, che, trattandosi di proprietà ricadente in un territorio sottoposto a controllo esclusivo e a sovranità mafiosa della `ndrina, non si registreranno atti delittuosi. Si tratta di una forma primitiva di “espropriazione” del diritto proprietario: il terreno del proprietario appartiene nei fatti alla cosca, ricadendo nei confini della sua sovranità mafiosa territoriale, e pertanto deve essere produttivo di un reddito anche per l’organizzazione criminale.

TERRITORI ‘NON ITALIANI’ !

Quindi attraverso l’imposizione della guardiania, le cosche di `ndrangheta esplicitano il loro “reale” diritto su un bene immobile nonché il potere di renderlo inservibile (rendendolo bersaglio di atti vandalici e di furti) ove il proprietario non “assicuri” ad essa una certa forma di guadagno.

 Un certo territorio rappresenta così non territorio italiano, e pertanto territorio dello Stato, ma territorio della `ndrina che da esso deve comunque ritrarre un vantaggio economico illecito. E non solo. L’estorsione creando necessariamente un “contatto” tra la vittima ed il carnefice permette alla prima di avere contezza del soggetto che ha davanti e di tastarne la sua pericolosità. Non occorre neppure un atto minatorio o violento per accettare un sopruso: basta la rievocazione nella mente di ciascuno delle azioni criminali di cui la cosca ha dato prova di saper compiere.”

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