False diagnosi e accessi irregolari in Ginecologia a Catanzaro, il pm in aula: “Tutti a giudizio”

Le accuse a vario titolo sono abuso di ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa. Si ritornerà in aula il prossimo 14 luglio
Indennità Covid ostetriche Pugliese

di Gabriella Passariello- False attestazioni, piani terapeutici per curare malati oncologici o con problemi di fertilità per favorire pazienti che non avevano mai pagato il ticket. Il pm Domenico Assumma ha ribadito in aula la richiesta di rinvio a giudizio per sei ginecologi dell’Ospedale Pugliese-Ciaccio, finiti sotto inchiesta a vario titolo per abuso di ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa. Si tratta di  Fulvio Zullo, 60 anni, residente a Napoli; Roberto Noia, 50 anni, di Cosenza; Andrea Gregorio Cosco, 59 anni di Catanzaro; Menotti Pullano, 65 anni, di Catanzaro; Saverio Miceli 49 anni di Catanzaro e Roberta Venturella, 36 anni, di Settingiano. Si ritornerà in aula davanti al gup Paola Ciriaco il prossimo 14 luglio, giorno delle arringhe difensive dei legali Vincenzo Maiello, Enzo Ioppoli, Angela La Gamma, Francesco Iacopino, Danilo Iannello, Amedeo Bianco, Massimo Gimigliano e Giovanni Merante. E in particolare i difensori hanno voluto sottolineare che  mai nessuna coppia o paziente ha sporto denuncia nei confronti dei medici oggi imputati: “I camici bianchi godono di stima e rispetto sia da parte dei colleghi che da parte dei pazienti stessi, che increduli si sono stretti a loro sostegno, tant’è vero che nessuno si è costituto parte civile. Il procedimento nasce dalla denuncia interessata di un singolo ginecologo portatore di astio verso i colleghi oggi imputati. Il processo farà luce sulla verità”.

Accessi irregolari in reparto

Accessi irregolari in reparto

Zullo, direttore del dipartimento universitario di Ostetricia e Ginecologia fino a febbraio 2017 e consulente ginecologico-oncologico fino a tutto il 2019, avrebbe attestato false diagnosi  in 12 piani terapeutici indicando che pazienti erano affette da patologie, che consentono la prescrizione gratuita dei farmaci previsti nella nota Aifa 51 (malati oncologici), indicando falsamente la regolarità delle procedure cliniche seguite per la relativa diagnosi. Inoltre avrebbe sottoscritto altri 94 piani terapeutici a favore di pazienti con problemi oncologici e di fertilità che non avevano pagato il ticket, consentendo alle pazienti un ingiusto profitto con pari danno per l’Amministrazione di 62.672 euro, in barba al principio costituzionale di imparzialità nella Pubblica amministrazione che vieta di compiere favoritismi e di procurarsi ingiusti vantaggi, alla legge regionale che stabilisce le modalità di partecipazione al ticket da parte dei cittadini e alla determina Aifa con riferimento alle note 51 e 74  che limitano rispettivamente la possibilità di rilasciare prescrizioni a carico del Sistema sanitario nazionale dei farmaci previa diagnosi e piano terapeutico di strutture specialistiche a fronte del riscontro di patologie per lo più di natura oncologica la prima (nota 51) e di infertilità la seconda (nota 74).

Costrette a curarsi fuori regione

Secondo le ipotesi di accusa Zullo in concorso con Venturella, responsabile del Centro Pma (Centro per la procreazione assisitita), violando norme costituzioni e la legge che consente il ricorso alle tecniche di procreazione assistita solo quando sia stata previamente accertata l’impossibilità di rimuoverne diversamente le cause impeditive, avrebbe sottoscritto 281 piani terapeutici a favore di 177 pazienti, di cui solo 55 piani terapeutici rilasciati a 33 pazienti del centro Pma di Catanzaro diretto da Venturella finalizzati alla somministrazione di farmaci per combattere l’infertilità femminile ed indirizzando esplicitamente per la successiva procedura di Pma le pazienti in strutture sanitarie campane, dove venivano direttamente sottoposte alla procedura di Pma ed indicando tali strutture quali unici presidi sanitari idonei ad assicurare un esito positivo delle terapie in corso, sebbene presenti in territorio calabrese altre strutture sanitarie pubbliche capaci di offrire le stesse prestazioni sanitarie a prezzi inferiori. Avrebbero intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alle predette cliniche e indirettamente allo stesso Zullo per complessivi 719.482,74 euro pari alla somma versata da tutte le pazienti recatesi nelle strutture sanitarie fuori regione. Ma c’è di più.

Presente contemporaneamente in due posti diversi

Zullo in qualità di professore ordinario all’Università Magna Graecia avrebbe attestato che un atto era stato compiuto da lui o comunque era avvenuto in sua presenza falsamente, certificando nel registro cartaceo di aver esaminato 74 studenti, sebbene risultasse contestualmente in sala operatoria al Pugliese o più volte avrebbe certificato la sua presenza  in sala operatoria alla casa di cura di Villa Serena, mentre risultava contestualmente nella sala operatoria del Pugliese.

Le false diagnosi

Noia dirigente di primo livello  all’Unità operativa di ostetricia e ginecologia del Pugliese con artifici e raggiri avrebbe attestato diagnosi false in un piano terapeutico indicando che la paziente era affetta da una malattia per la quale è prevista la prescrizione gratuita di farmaci oncologici, inducendo in errore l’Azienda ospedaliera e sottoscritto 12 piani terapeutici su pazienti che non avevano effettuato regolare accesso al reparto di Ginecologia, procurando alle pazienti un ingiusto profitto con pari danno per l’Amministrazione per complessivi 4.644, 95 euro. Stesso copione per Cosco medico specialista in Ostetricia e Ginecologia che avrebbe sottoscritto 10 piani terapeutici procurando alle pazienti un ingiusto guadagno di 11.467, 08 euro, per Pullano che avrebbe sottoscritto 4 piani terapeutici procurando alle pazienti un indebito guadagno di 5.430, 77 euro e Miceli, sottoscrittore di 14 piani terapeutici, per un ingiusto profitto da parte delle pazienti di 5.430,77.

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