La sesta sezione della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dall’avvocato Valerio Murgano, redatto unitamente a Danila Scicchitano), ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame nei confronti di Christian Piscitelli, figlio dell’ex provveditore di Vibo Maurizio, per insussistenza di gravita indiziaria in relazione ad alcuni capi di imputazione nell’ambito dell’inchiesta “Diacono” sui falsi diplomi a Vibo. In particolare, i giudici della Suprema corte hanno annullato l’accusa di autoriclaggio del denaro e delle utilità provenienti dall’emissione delle false certificazioni dichiarando l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Procura di Vibo e confermando l’insussistenza di gravità indiziaria relativa all’accordo corruttivo con il Pubblico Ufficiale per l’attribuzione del ricavato della vendita delle false certificazioni e alla corruzione finalizzata al rilascio e la vendita dei falsi certificati per master mai frequentati.
Accusa e difesa tra ricorsi e controricorsi
Accusa e difesa tra ricorsi e controricorsi

Il gip del Tribunale di Vibo aveva emesso nello scorso mese di febbraio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Christian Piscitelli, accusato, tra le altre cose, di essere uno degli organizzatori del sodalizio “per il reperimento – si legge nel principale capo di imputazione – dei mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, in particolare con la funzione di fungere da intermediario e prestanome per consentire a Piscitelli Maurizio di poter conseguire i profitti illeciti dell’attività criminosa, anche avvalendosi di legami ‘Massonici’, allo scopo di commettere più reati contro la Pubblica Amministrazione, in particolare reati di corruzione, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici, con la compravendita di migliaia di master, 24 cfu per l’insegnamento ed abilitazioni Lim, Tablet, Pekit”. A seguito di istanza presentata dall’avvocato Murgano, il Tribunale della Libertà di Catanzaro aveva parzialmente rivalutato il quadro indiziario posto a sostegno della misura cautelare, annullando l’ordinanza alcuni capi d’incolpazione e, contestualmente, confermandone la sussistenza per gli altri capi d’incolpazione, ritenendo di adeguare la misura in atto attraverso l’applicazione della misura meno afflittiva degli arresti domiciliari. Dopo questa ordinanza la Procura di Vibo proponeva ricorso in Cassazione e, contemporaneamente, la difesa di Piscitelli, impugnava davanti alla Suprema corte l’ordinanza del Tdl sostenendo l’insussistenza di gravità indiziaria per tutti i capi contestati e l’assenza assoluta di esigenze cautelari che giustificassero l’applicazione di qualsiasi misura.