Il business dei falsi green pass al centro della maxi operazione scattata all’alba di stamane e coordinata dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese. Sono 25 gli indagati coinvolti a vario titolo nelle attività dell’organizzazione criminale che aveva messo in commercio certificazioni verdi anticovid contraffatte. Tra gli acquirenti scoperti in ben 15 province italiane (Roma, Cremona, Aosta, Cosenza, Lucca, Caltanissetta, Agrigento, Palermo, Bologna, Olbia, Bari, Venezia, Treviso, Mantova e Salerno) appare una famiglia di Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza. Padre, madre e figlio si sarebbero adoperati per acquistare online dei super green pass falsificati.
Le indagini sui falsi green pass
Le indagini sui falsi green pass
Le indagini partite da Termini Imerese erano rivolte solo a uno dei componenti del nucleo familiare, successivi accertamenti hanno poi portato a scoprire il coinvolgimento dei congiunti. Attraverso il web avrebbero contattato i rivenditori di green pass falsificati, convinti di non essere rintracciati e di restare impuniti, per poi acquistarne tre spendendo, in totale, circa 900 euro. Comunicando attraverso chat Telegram si sarebbero accordati per il pagamento con ricarica Paypal e per ricevere il file con la certificazione verde contraffatta e il relativo Qr code. Nessun contatto al di fuori del mondo virtuale è stato intrattenuto tra la famiglia montaltese e i membri dell’organizzazione criminale dedita alle falsificazioni dei green pass che si avvaleva di un accesso al ministero della salute francese per poi incollare i dati dei propri “clienti” italiani sulle certificazioni contraffatte. I tre montaltesi sono stati deferiti all’autorità giudiziaria, mentre i cellulari sui quali erano stati memorizzati i green pass sono attualmente sotto sequestro. Ad oggi, l’utilizzo di un green pass falso, comporta il reato di uso di atto falso (articolo 489 del codice penale) con il rischio di incassare una pena che va da due mesi a due anni di reclusione. (mti)