di Gabriella Passariello- “Il rapporto tra il politico e la cosca non si è mai concretizzato in un contatto diretto, bensì in una relazione mediata e filtrata tramite l’antennista Domenico Scozzafava”. Il Tribunale del riesame di Catanzaro, presidente Giuseppe Valea, a latere Giuseppe De Salvatore e Sara Mazzotta, dopo aver annullato la misura cautelare degli arresti domiciliari al consigliere regionale Domenico Tallini, (codifeso dai legali Vincenzo Ioppoli e Valerio Zimatore), indagato nell’inchiesta della Dda “Farmabusiness”, sui presunti intrecci tra ‘ndrangheta, imprenditoria e politica, spiega in 39 pagine come allo stato degli atti ci siano solo dei sospetti che non superano la soglia della gravità indiziaria tale da giustificare il mantenimento della misura cautelare. E questo tanto per l’ipotesi di accusa sul concorso esterno in associazione mafiosa che sul voto di scambio politico mafioso, fornendo interpretazioni alternative degli atti di indagini rispetto a quelle del gip firmatario dell’ordinanza. Per i giudici del collegio è innegabile che la cosca Grande Aracri abbia voluto perseguire interessi economici, ingerendo dapprima nell’affare del consorzio Farmaitalia e in seguito ponendosi all’ombra della società Farmaeko. Così come è indiscutibile la volontà della cosca di ricercare nell’ambito del progetto un referente istituzionale in grado di rimuovere eventuali ostacoli nel corso dell’iter burocratico, concordando con il gip e con l’ufficio di Procura sul fatto che la ‘ndrangheta non abbia scelto una persona a caso.
Scozzafava “cavallo di Troia”
Scozzafava “cavallo di Troia”
Ma per capire l’esistenza di rapporti tra Tallini e l’organizzazione criminale, per il Riesame bisogna partire dal coindagato Domenico Scozzafava, che aveva coinvolto il politico in virtù di un rapporto confidenziale. Scozzafava, descritto nell’ordinanza come il grande mediatore, un uomo capace di presentarsi all’esterno nella sua modesta veste di onesto antennista e di relazionarsi con ambienti della borghesia catanzarese è al contempo capace di navigare nei canali delinquenziali locali mantenendo vivi i rapporti con i Gaglianesi Gennaro Mellea e Pancrazio Opipari. Questa caratteristica di Scozzafava, secondo i giudici, ha rappresentato una risorsa per la cosca che era determinata a mettere in atto una strategia volta alla realizzazione di un progetto economico che risultasse apparentemente lecito “una cosa il più possibile pulita”. E la ricerca di figure pulite da impiegare nella gestione dell’affare era divenuta una priorità per la cosca a garanzia di un sicuro investimento. Se da un lato, questo spiega la decisione di coinvolgere in primis l’avvocato Domenico Grande Aracri, formalmente incensurato, dall’altro giustifica anche la scelta della cosca di non instaurare un rapporto diretto con “l’assessore”, ma di servirsi di un profilo in apparenza insospettabile, quale era appunto quello di Scozzafava, “cavallo di Troia per ottenere un aggancio istituzionale senza rilevare l’ingerenza criminale”. La scelta di demandare a Scozzafava la gestione dei rapporti con Tallini, in altre parole, appare del tutto coerente con il modus operandi di una cosca che aveva deciso di operare all’ombra in modo da non destare sospetti.
“I motivi delle accortezze di Tallini”
Per il gip, la consapevolezza di Tallini sull’illiceità del contesto in cui si muoveva è fondato su alcune accortezze che il politico avrebbe adoperato per evitare di essere intercettato. Tallini evita di parlare esplicitamente al telefono di certi argomenti con Scozzafava per paura di essere controllato o sottoposto ad indagini, valutazione del gip che per il Riesame si basa su una sensazione personale, su congetture, potendosi fornire una lettura diversa dei fatti: il politico preferisce trattare di persona anziché per telefono gli affari economici.
Le acquisizioni delle farmacia e l’attivismo di Tallini
Il collegio non mette in discussione l’attivismo dell’indagato nella fase di sviluppo del progetto, ma il suo contributo all’interno di una cornice di mafia. Nel progetto del consorzio che iniziava a plasmarsi alla luce del sole figurano solo personaggi insospettabili privi di legami con la cosca e di fronte a questo dato, la frase di Tallini rivolta a Scozzafava: “stiamo tutti lavorando bene”, non può essere univocamente intesa come un compiacimento per l’attuazione dei reciproci interessi, ma può essere anche interpretata come una soddisfazione rivolta esclusivamente allo stesso Scozzafava e a chi era formalmente impegnato in quella attività. Il gip valorizza un ulteriore episodio a conferma dell’attivismo di Tallini e della sua consapevole e volontaria condivisione delle dinamiche criminali. Per il giudice per le indagini preliminari, Tallini avrebbe partecipato ad un incontro con alcuni farmacisti al quale era presente anche Domenico Grande Aracri, ma dalle fonti di prova emerge solo che Scozzafava si proponeva di andare a prendere Tallini con la sua auto, visto che dopo pranzo si sarebbe svolto l’incontro con i farmacisti, ma all’interno del cortile dove si trovava ubicato il capannone era sì parcheggiata l’auto di Scozzafava, ma non si è visto il politico scendere dall’auto, né vi sono elementi ulteriori per il Riesame in grado di corroborare l’entrata e l’uscita del politico dal capannone in cui si è svolta la riunione in presenza anche di Domenico Grande Aracri, ragion per cui la sua partecipazione all’incontro resta dubbia.
La promessa di sostegno elettorale nei confronti di Tallini
L’attivismo di Tallini sarebbe stato, secondo l’accusa, ripagato con un aiuto elettorale da parte della cosca. Scozzafava oltre ad essere un personaggio abile a tessere relazioni su opposti fronti era anche un grande sostenitore di Tallini a livello elettorale, oltre che essere a sua volta attivo in politica come dimostra la sua candidatura per le elezioni nel Comune di Sellia nel 2014. Le intercettazioni, per il Riesame, confermano indubbiamente accordi sul territorio per accrescere il consenso elettorale del consigliere regionale, movimentando voti in suo favore, ma la falla del provvedimento del gip è data per i giudici del Collegio dalla “singolare triangolazione dei contatti Mellea- Scozzafava -Tallini”, segnalando quale indizio di contiguità tra questo ultimo e gli ambienti malavitosi, la velocità con la quale correvano le notizie che riguardavano proprio Tallini all’interno del gruppo della criminalità organizzata catanzarese. Per i giudici del collegio resta una supposizione la stretta conseguenzialità dei contatti tra il boss dei Gaglianesi e Scozzafava e tra quest’ultimo e Tallini, così come ipotetico è il fatto che quegli incontri abbiano avuto ad oggetti i voti da indirizzare al politico catanzarese. Non si conoscono i contenuti specifici, né dell’incontro avuto da Scozzafava con Mellea, né tantomeno i temi trattati in presenza anche di Tallini in occasione di un appuntamento ad un bar a cui peraltro partecipavano anche altre persone non direttamente interessate dalle vicende elettorali “dell’assessore”. L’unico dato che allo stato risulta incontrovertibile è che Tallini discuteva con Scozzafava sul movimento dei voti, ma non che Tallini fosse consapevole realmente della capacità dell’antennista di reperirli dagli ambienti criminali. “Deve considerarsi che è lo stesso gip a riconoscere che non si registrerà mai un contatto diretto tra Tallini e Mellea e oltretutto da nessuna intercettazione risulta che Scozzafava abbia informato Tallini sulla provenienza dei voti promessi dal gruppo di Mellea”.
La vicenda Farmaeko e la zona grigia
Per il Riesame dalle risultanze emerge che nell’affare del consorzio farmaceutico tra la cosca e l’uomo politico esisteva un filtro rappresentato da figure che orbitavano nella zona grigia, i quali assumevano all’esterno la veste di insospettabili, mantenendo in particolare Scozzafava solidi legami con il gruppo criminale dei Grande Aracri di Cutro. La costruzione di un legame fiduciario tra Tallini e Scozzafava è del resto l’elemento fondamentale che permette di comprendere come l’antennista abbia potuto agire da “cavallo di Troia” per conto della cosca finendo per coinvolgere il politico senza rendere evidente i suoi legami con la consorteria cutrese, senza escludere la stretta e prolungata vicinanza per alcuni anni dell’indagato a personaggi ambigui come Scozzafava e De Sole e il prolungato interessamento e attivismo dello stesso Tallini nell’affare Farmaeko.
Il voto di scambio politico mafioso
“Non può stabilirsi con certezza se Tallini fosse realmente consapevole di ottenere come contropartita del suo intervento un ampliamento del consenso elettorale attraverso un intervento di matrice mafiosa”. Per il Riesame è indubbio che Scozzafava era un grande elettore di Tallini, ma dopo la cessazione dell’attività del Consorzio e della Farmaeko non si è registrato più alcun coinvolgimento di Tallini in altri affari direttamente o indirettamente gestiti dai Grande Aracri. Se a questo si aggiunge la circostanza che è passato molto tempo da quanto contestato dall’accusa non ci sono elementi che giustificano la permanenza delle esigenze cautelari.
LEGGI ANCHE | Farmabusiness, il Riesame su Scozzafava: “È un mafioso, deve restare in carcere”