di Gabriella Passariello- Associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale e intestazioni fittizia di beni. L’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha fatto tremare i palazzi del potere, nome in codice “Famabusiness” ha raggiunto un altro step. Il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, i sostituti Domenico Guarascio e Paolo Sirleo sotto il coordinamento del procuratore capo Nicola Gratteri hanno chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di ventiquattro indagati, tra sodali e affiliati alla ‘ndrangheta, imprenditori e politici.
Le accuse della Dda al consigliere Tallini
Le accuse della Dda al consigliere Tallini
Tra questi c’è il consigliere regionale Domenico Tallini, che dovrà difendersi dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e di voto di scambio politico mafioso, anche se queste ipotesi di accusa sono crollate al vaglio del Riesame e della Cassazione(LEGGI QUI). Per la Dda il politico, all’epoca dei fatti assessore regionale “avrebbe fornito al clan Grande Aracri, pur non facendone organicamente parte, un contributo concreto, specifico e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell’associazione stessa”. Tallini è anche indagato per scambio elettorale politico-mafioso. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, durante le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale, datato novembre del 2014, avrebbe accettato dagli esponenti della cosca di ‘ndrangheta di Cutro la promessa di procurare voti in cambio della promessa di compiere in ambito politico amministrativo azioni a vantaggio degli interessi economici dei Grande Aracri. In particolare avrebbe speso il suo ruolo di assessore regionale uscente della Regione Calabria per favorire la conclusione dell’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività del consorzio “Farma Italia” riconducibile alla cosca di Cutro.
ll ruolo di uno degli indagati chiave nell’inchiesta
Nella richiesta di rinvio a giudizio, compare anche il nome dell’antennista Domenico Scozzafava, uno degli indagati chiave nell’inchiesta, considerato il mediatore della famiglia Grande Aracri. La sua ambizione, in base a quanto emerge dall’ordinanza vergata dal gip Giulio De Gregorio, lo conduce al continuo tentativo di accrescere e rafforzare la sua considerazione negli ambienti criminali più influenti, ai quali chiede consiglio per ampliare la sua attività di tecnico antennista e di concessionario Sky in tutta la Calabria. Un’ambizione, che lo porta fin dietro la Tavernetta della famiglia Grande Aracri per mettersi a disposizione e farsi garante degli aiuti dell’assessore regionale Domenico Tallini per la realizzazione dell’affare sui farmaci. Per attuare il suo progetto di affermazione personale, secondo le ipotesi di accusa, Scozzafava si avvale dei rapporti instaurati con il gruppo catanzarese di riferimento della cosca Grande Aracri, al quale era preposto Gennaro Mellea detto Pierino, condannato in Kyterion alla pena di 15 anni.
I rapporti con il clan dei Gaglianesi
Gli atti processuali dimostrano i legami tra l’antennista e Pancrazio Opipari altro personaggio di indubbio spessore criminale, secondo quanto scrive il gip, nominato pur senza averne apparentemente alcun requisito tecnico, magazziniere di un consorzio che grazie all’intervento di Tallini otteneva l’autorizzazione alla distribuzione dei farmaci e successivamente anche la distribuzione all’ingrosso di sostanze stupefacenti. Scozzafava si muove molto bene, sempre secondo la Dda, anche negli ambienti criminali e “si dimostra abile nel gestire i rapporti interpersonali su ogni fronte, talmente abile da riuscire a tener fuori Mellea”, definito il boss del gruppo dei Gaglianesi. Ci sono anche Giuseppina Mauro e Elisabetta Grande Aracri, moglie e figlia del boss Nicolino Grande Aracri, “il falso pentito” (LEGGI QUI), coinvolto nell’inchiesta Farmabusiness e la cui posizione era già stata stralciata, tant’è che il suo nome non compariva nell’avviso di conclusione delle indagini. L’inchiesta nei confronti del capo bastone di Cutro prosegue e potrebbe aprire nuovi inquietanti scenari, tenuto conto dei verbali omissati relativi alla sua collaborazione (LEGGI QUI).
Tutti i nomi dei ventiquattro indagati
Giovanni Abramo, 45 anni di Crotone, Tommaso Patrizio Aprile, 56, Catanzaro; Pasquale Barberio, 76 anni, di Isola Capo Rizzuto; Serafina Brugnano, 44 anni di Cutro; Santo Castagnino, 59 anni, Mesoraca; Giuseppe Ciampà, 43 anni, Cutro; Pasquale De Sole, 77 anni, Roma; Paolo De Sole, 47 anni, Cesena; Donato Gallelli, 46 anni, Catanzaro; Domenico Grande Aracri, 56 anni, Cutro; Elisabetta Grande Aracri, 39 anni, residente a Cutro; Salvatore Grande Aracri, 35 anni, Cutro; Salvatore Grande Aracri, 42 anni, Brescello, Lorenzo Iiritano, 62 anni, di Catanzaro; Gaetano Le Rose, 49 anni, Cutro; Gaetano Le Rose, 46 anni, Sissa Trecasali, (Parma); Giuseppina Mauro, detta Maria, 67 anni, Cutro; Pancrazio Opipari, 46 anni, Sellia Marina; Salvatore Francesco Romano, 43 anni, Cutro; Maurizio Sabato, 55 anni, Catanzaro; Domenico Scozzafava, 40 anni, Catanzaro; Raffaele Sisca, 49 anni, Crotone; Domenico Tallini, 69 anni, Catanzaro e Domenico Villirillo, 54 anni, Crotone.
L’inchiesta e le iniziative imprenditoriali dei Grande Aracri
L’inchiesta, che il 19 novembre dello scorso anno ha portato a diciannove misure cautelari, è nata in seguito alle attività investigative dei carabinieri di Catanzaro e Crotone, sotto la supervisione del procuratore capo Nicola Gratteri. Al centro delle indagini, la cosca di ‘ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro e in particolare le loro iniziative imprenditoriali e il reimpiego dei capitali illeciti, attraverso la costituzione di una società con base a Catanzaro, finalizzata alla distribuzione all’ingrosso di prodotti medicinali, mediante una rete di punti vendita, costituiti da farmacie e parafarmacie.
La parola al gup
Adesso la parola passa al gup distrettuale del Tribunale di Catanzaro, che una volta fissata l’udienza preliminare, deciderà se rinviare o meno a giudizio gli imputati, sempre che nei termini di legge i legali difensori non chiedano per i loro assistiti il rito abbreviato.
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