di Gabriella Passariello- “Una presenza, che può essere definita “istituzionale” nella società calabrese, un interlocutore indefettibile di ogni potere politico e amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che sia riuscita ad ottenere l’aggiudicazione di lavori pubblici o privati sul territorio regionale”. Nell’informativa del Roni dei carabinieri di Catanzaro, confluita negli atti di Farmabusiness, la famiglia di ‘ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro viene paragonata alla figura mitologica del Giano Bifronte, con una duplice natura “militare e operativa” da un lato e “politica e imprenditoriale” dall’altro, che intesse rapporti con uomini politici, fino a diventarne un tutt’uno. La sete di potere dei Grande Aracri, che in quel momento storico aveva il proprio boss fuori dal carcere dal 2012 al 2014 per un cavillo giudiziario, non si è limitata ad esercitare il suo controllo nel Catanzarese attraverso un’unica articolazione criminale, ma è andata avanti confederando a sé gruppi storici, creando alleanze con il clan degli zingari e quello dei Gaglianesi, che avrebbe fatto la sua parte durante le elezioni regionali del 2014. Secondo le risultanze di un’attività di intercettazione, è emerso che una parte del clan dei Gaglianesi si era attivato per procacciare voti a favore di Sergio Costanzo, all’epoca dei fatti, consigliere comunale e provinciale di Catanzaro, presentatosi con il partito “Calabria in rete”, appoggiando come presidente della Regione, Mario Oliverio, poi effettivamente eletto. Il 2014 segna il passaggio politico di Costanzo al centrosinistra, dopo una lunga esperienza in Forza Italia e nel centrodestra.
L’intercettazione in auto che parla di un ordine dal carcere
L’intercettazione in auto che parla di un ordine dal carcere
In questa consultazione elettorale, il politico non era riuscito ad entrare a Palazzo Campanella, pur avendo preso ben 6.687 voti, risultando il primo dei non eletti. Ma c’è di più nei 21 faldoni, che compongono l’inchiesta della Dda vergata dai sostituti della distrettuale Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e dell’aggiunto Vincenzo Capomolla: sulla base del materiale captativo, l’ordine di votare Sergio Costanzo pare sia arrivato dallo storico capo clan dei Gaglianesi Girolamo Costanzo, alias “compare Gino”, detenuto nel carcere di “Opera” a Milano, a seguito della condanna definitiva all’ergastolo, emessa nell’ambito dell’operazione “Falco Ghibli” del 1993. Sarebbe stato lui a far arrivare “un’ ambasciata” dal carcere ai propri sodali in base ad alcuni dialoghi intercettati avvenuti in macchina tra Pancrazio Opipari, detto Ezio, l’antennista Domenico Scozzafava, Donato Gallelli e Giuseppe Celi, fidato collaboratore del boss Gennaro Mellea.
Le parentele scomode del consigliere
Dialoghi da cui si evince che il clan avrebbe sempre “aiutato” Sergio Costanzo, proprio perché “cugino carnale”, di compare Gino. Informazioni che trovano riscontro negli accertamenti effettuati dal Nucleo investigativo dei carabinieri nella banca dati dell’anagrafe del Comune di Catanzaro: i genitori dei due Costanzo sono fratelli e quindi Sergio e Girolamo sono cugini di primo grado. L’attuale capogruppo di “Fare per Catanzaro” in vista delle regionali del 2014 aveva lasciato la sua lunga militanza con il centrodestra e con Domenico Tallini per passare tra le fila del centrosinistra “si è staccato da Tallini perché pensa di farcela da solo” afferma Ezio nella conversazione con i “suoi amici”, aggiungendo che “quando si è candidato è arrivata l’ambasciata dal carcere da Gino Costanzo perché è suo cugino carnale”. L’hanno sempre aiutato. Adesso è passato dall’altra parte, perchè Oliverio è forte”. Nell’informativa dei carabinieri, inoltre, emerge come il politico conoscesse e avesse una certa confidenza con Opipari al quale ha chiesto una mano per le elezioni. Poco prima delle regionali, Opipari riferisce che il politico aveva mandato un sms d’invito a Scozzafava, perché questi andasse a prendersi materiale elettorale, asserendo che l’aveva fermato e si era intrattenuto con lui con “molto affetto”, materiale elettorale, di cui si era disfatto poco dopo visto che lo stesso appoggiava Tallini. Opipari, secondo il riassunto della conversazione spiata, dichiara che Sergio Costanzo gli avrebbe detto: “salutami là sopra”. Secondo gli investigatori con questa espressione, Opipari intendeva riferirsi al clan dei Gaglianesi, “poiché almeno i suoi elementi più rappresentativi dimorano nell’omonimo quartiere di Gagliano, che viene considerato più in alto a Nord-Ovest rispetto al centro di Catanzaro”.
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