di Gabriella Passariello- La mole cospicua degli atti confluiti nell’inchiesta della Dda di Catanzaro, nome in codice Farmabusiness, che ha fatto luce sul mercato della distribuzione dei farmaci, spingendosi anche oltre, fino a penetrare negli angoli più oscuri dove gli interessi tra ‘ndrangheta, imprenditoria e politica si intrecciano, svela come la cellula catanzarese, satellite del clan Grande Aracri, poteva contare sull’aiuto non solo di politici compiacenti, ma anche di un tecnico della Provincia di Catanzaro, per facilitare l’aggiudicazione di un appalto. Nel carteggio di Farmabusiness, confluiscono anche gli atti di Kyterion e tra questi la tanto discussa vicenda del bar Pizzeria del Parco della Biodiversità, più volte emersa nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Santino Mirarchi. In base agli atti di indagine, la Buongustaia Sas di “Federica Corapi & C” e “Caffè Corapi di Battaglia Anna”, sarebbero gestiti di fatto da Roberto Corapi, considerato il braccio destro del boss Gennaro Mellea e intestate fittiziamente a Federica Corapi e Anna Battaglia rispettivamente figlia e coniuge di Corapi, per eludere le disposizioni di legge che consentono il sequestro e la confisca di beni in materia di misura di prevenzione o per agevolare il riciclaggio dei proventi dell’attività di estorsioni ed usura che la cellula criminale satellite della cosca Grande Aracri gestiva nella provincia di Catanzaro.
Ombre su un appalto e l’intervento del tecnico della Provincia
Ombre su un appalto e l’intervento del tecnico della Provincia
Un appalto quello della gestione del bar ristorante del Parco che, secondo gli inquirenti, non appare del tutto chiaro. Ed è qui che entra in gioco il responsabile dell’Ufficio tecnico della Provincia di Catanzaro Marcello Scarpino, nei confronti del quale, la Dda di Catanzaro, nell’ambito dell’indagine Farmabusiness, ha istruito un fascicolo di inchiesta, datato 11 gennaio 2019, lo stesso in cui compare anche il nome del consigliere Andrea Amendola (LEGGI QUI). Le attività investigative hanno permesso di accertare che Roberto Corapi avrebbe intrattenuto ambigui rapporti con il responsabile dell’Ufficio tecnico, atteso che la Buongustaia di Corapi Federica, prima aggiudicataria per la gestione del Bar Pizzeria aveva partecipato alla gara offrendo oltre 48mila euro contro i 36mila offerti dalla precedente gestione, arrivata seconda in graduatoria. Incomprensibilmente, secondo la Procura distrettuale, come la BuonGustaia sia riuscita poi attraverso l’intermediazione del geometra Scarpino ad ottenere una anomala riduzione contrattuale, pattuita in 31mila euro al posto dei 48mila offerti nella gara di appalto. In una conversazione del 14 gennaio 2013, Scarpino chiede a Corapi se ci sono novità (sull’appalto del bar ndr) e quest’ultimo risponde: “ Si… No conferma Federica (Federica Corapi ndr)” e Scarpino ribatte: “A conferma in quella maniera…” e Corapi annuisce, dicendo che aveva appuntamento alle 12 e mezza con il suo avvocato. La conversazione prosegue con Scarpino che chiede: “Eh… quindi gli va bene quella cifra là? E Corapi risponde di si.
Le dichiarazioni del pentito Mirarchi
In base alle dichiarazioni del pentito Santino Mirarchi, emerse durante il processo Kyterion, il bar ubicato all’interno del Parco della Biodiversità apparterrebbe a Mellea e Corapi. Una zona dove “la legge” non doveva metterci piede, doveva rimanere un posto tranquillo per non destare sospetti di sorta. “Corapi lo conosco da parecchio, perché lui insieme a Piero Mellea hanno preso il bar a Catanzaro. Lo conosco perché lui vende le cialde del caffè. Tramite mio zio Cosimino il Tubo, poi lui ha avuto pure un ingrosso di bibite e facevano incontri dove parecchie volte lui gli mandava le ambasciate tramite Piero Mellea” inviato da Nicolino Grande Aracri “per non rubare le macchine all’ospedale Pugliese, di non dare fastidio alle imprese”. Messaggi che risalgono al 2005 – 2006, inoltrati da Grande Aracri a Mellea e questi a Corapi, esecutore di tutte le disposizioni. “Mellea e Corapi hanno preso insieme il bar che c’è sotto l’ospedale, quello che c’è al Parco, anche se risulta come nome alla moglie o alla figlia di Corapi, ma è di tutti e due. Lo so perché avevo un ingrosso di bibite e Corapi è venuto più volte da me per le bibite, pure perché c’erano i nomadi che rubavano le macchine là la domenica, il sabato, quando andavano a parcheggiare. Quindi si doveva finire anche questa storia a non rubare più le macchine, perché là dovevano stare tranquilli in modo che la legge non stesse là tutti i giorni, perché là per loro era pure un punto di incontro, all’Agraria. Era quindi venuto a portare anche questi messaggi di evitare di rubare macchine perché io avevo molta influenza nelle comunità rom di Catanzaro, parecchi nomadi io li rifornivo. Gli facevo fare qualche lavoro, per esempio più volte rubavano camion, gli dicevo ‘vai là a rubare là a quell’impresa’, bruciavano qualche macchina. Qualunque lavoro gli chiedevo, loro lo facevano sempre. Io so che quel bar è di Mellea e di Corapi: quando sono andato al bar di Corapi, c’era il fratello di Piero Mellea e ho avuto una discussione con lui a Catanzaro, dove non volendo mio cugino gli aveva poco poco squasciato la macchina, quindi mi ha detto lui: ‘ci vediamo al bar di Corapi, che ne parliamo là’. Quando arrivammo là, Corapi mi disse personalmente: ‘Senti, vedi che è la stessa cosa che stai parlando con me’ mi disse, perché so che… mi disse: ‘perché Piero è in società pure cu mia, non risulta, non risulto neanche io’ questo lo diceva Corapi. Chiudiamola qua questa situazione e l’abbiamo chiusa qua. Infatti più volte il fratello di Piero Mellea mi invitava la domenica ad andare là al bar e a mangiare là con i bambini e farli giocare al Parco dell’Agraria”.
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