di Gabriella Passariello- Nessun Riesame bis, nessun annullamento con rinvio. La Sesta sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Dda di Catanzaro contro la decisione dei giudici del Riesame di annullare l’ordinanza agli arresti domiciliari al consigliere regionale Domenico Tallini indagato nell’inchiesta Farmabusiness. Il politico catanzarese, codifeso dai legali Enzo Ioppoli, Valerio Zimatore e Carlo Petitto, resta libero. (LEGGI ANCHE).
La versione del Riesame e quella della Dda
La versione del Riesame e quella della Dda
Il Tribunale del riesame, pur ammettendo la stretta e prolungata vicinanza, per alcuni anni, dell’indagato a “personaggi ambigui come Domenico Scozzafava e Paolo De Sole” e l’attivismo dello stesso Tallini nell’affare del consorzio prima e della società farmaceutica dopo, non smentisce che il politico abbia potuto orbitare per lungo tempo in una zona grigia”, propendendo tuttavia per un sospetto che non supera la soglia della gravità indiziaria. Sospetti che non consentono di confermare la consapevolezza di Tallini di agire in un contesto mafioso. Considerazioni analoghe, vengono fatte dal Riesame per il voto di scambio politico mafioso: non può stabilirsi in modo pacifico se Tallini fosse realmente consapevole di ottenere, quale contropartita del suo intervento, un ampliamento del consenso elettorale attraverso l’intervento delle cosche. Il collegio concorda con il gip, sull’interesse concreto sia della cosca sull’affare dei farmaci, che dell’allora assessore al personale della Regione Calabria, riconoscendo che Scozzafava, era ritenuto l’anello di congiunzione tra il mondo politico-istituzionale in cui gravitava il politico e quello criminale della cosca Grande Aracri. In particolare il collegio prende atto che, con riferimento alla realizzazione del Consorzio farmaceutico Farmaitalia, il compendio intercettivo, fin dal 2013, dimostrava come Scozzafava, insieme a De Sole, si prodigasse “per la concreta realizzazione coinvolgendo da subito l’assessore Tallini” e nello stesso tempo “si teneva in contatto con figure gravitanti nel contesto criminale”, come dimostrato dal coinvolgimento nell’affare di un “commercialista”, identificato poi in Salvatore Grande Aracri, nipote del boss di Cutro Nicolino. Il Riesame dall’esito delle intercettazioni evidenzia il continuo attivismo di Scozzafava, la prosecuzione dei contatti con Tallini, volti alla concretizzazione del progetto imprenditoriale legato al consorzio Farmaitalia, e il coinvolgimento nello stesso della cosca Grande Aracri che si manifestano durante il summit del 7 giugno 2014 nella tavernetta del boss Nicolino. I giudici di seconde cure riconoscono inoltre “…la straordinaria rilevanza di quella riunione …”, che “…rappresenta un momento cruciale di sintesi degli interessi della cosca e di pianificazione di investimenti sicuri”, ammettendo inoltre, che “assume una certa rilevanza la circostanza che l’oggetto della discussione nel corso della stessa riunione vertesse anche su una figura istituzionale in grado di rimuovere eventuali ostacoli nel corso dell’iter burocratico.
“Piena conoscenza di Tallini del contesto criminale cutrese”
In sostanza c’era “la volontà della cosca di ricercare, nell’ambito del progetto del consorzio, un referente istituzionale in grado di eliminare eventuali muri durante l’iter burocratico. Tallini era considerato un politico affidabile e raggiungibile in grado di agevolare con il proprio intervento la realizzazione del progetto”. Per i giudici del collegio “non appare plausibile – e su questo si concorda con il gip e con l’Ufficio di Procura – che la cosca abbia scelto a caso il suo referente istituzionale nel corso di un summit programmatico in cui si pianificavano investimenti di denaro senza avere avuto prima garanzia di affidabilità e collaborazione”. Premesse, per la Dda, contrastanti con le conclusioni, dal momento che non si comprende, perché Tallini deve considerarsi un aggancio istituzionale “inconsapevole”, se nello stesso tempo lo si cataloga come referente affidabile dagli stessi esponenti apicali della cosca. E la Procura distrettuale non prescinde dalla conversazione tra Scozzafava e De Sole, nella quale si aveva conferma dell’incontro “elettorale” avuto da Tallini con i “soggetti” di Cutro, sottolineando che il Riesame trascura di rilevare che i due interlocutori commentavano come l’assessore Tallini fosse rimasto particolarmente soddisfatto dell’esito dell’incontro. Tant’è che “Scozzafava afferma: “e parlavamo… eh… e va bene… è rimasto contento però Mimmo (ndr. Domenico Tallini) e De Sole risponde: “Si… si… te l’ho detto… l’ho sentito abbastanza contento… ora gli sto fissando pure dei giri… in delle farmacie… anzi… anzi… ora ci da a noi il materiale e quindi poi… casomai… glielo porti alle varie farmacie che già stanno prendendo degli impegni…”). Tra l’altro nell’interrogatorio di garanzia Tallini, nel tentativo di prendere le distanze da un contesto compromettente, ricostruiva la vicenda in maniera difforme rispetto alle risultanze intercettive, riferendo il 24 dicembre 2020: “…Allora quando io ho saputo che erano persone di Cutro, va bene, mi sono permesso di chiamare Paolo De Sole e di dirgli assolutamente che non si dovevano permettere più di fare avvicinare nel mio ufficio persone che fossero rappresentanti di questa… Io ho detto a chi mi ha presentato questi signori assolutamente che non si permettessero più, perché io non voglio sapere se sono architetti, se sono geni, se sono… per quella che è la mia esperienza da me persone che vengono da questi Comuni io non ne voglio né vedere né parlarci”. Una versione da cui si “può comprendere che il politico aveva la percezione della riconducibilità dei visitatori al contesto criminale cutrese”, ma che è distonica rispetto a quanto dichiara nella conversazione intercettata, in cui si dice soddisfatto dell’incontro. Poco credibile è anche l’affermazione secondo cui il politico, non “addentrato nel settore giudiziario, non era tenuto ad avere una conoscenza approfondita” delle vicende giudiziarie che riguardavano la famiglia Grande Aracri. Non poteva non essere a conoscenza del processo Aemilia, che ha avuto un notevole impatto a livello locale e nazionale. “E da come può desumersi dall’interrogatorio di garanzia, Tallini aveva piena conoscenza del profilo criminale che riguardava la città di Cutro e che notoriamente derivava dalla presenza della cosca criminale dei Grande Aracri, interessata anche da precedenti clamorose vicende giudiziarie”.
“L’informazione ricevuta dal figlio”
La Dda si sofferma sulla figura del figlio di Tallini, Giuseppe, che viene a conoscere della presenza della famiglia Grande Aracri nell’affare Farmaeko, senza informare il padre. Nell’interrogatorio di garanzia il politico dichiara:“Ma io faccio una riflessione, dottore, da una parte si dice che io ero consapevole che quella era diciamo una attività delle cosche, poi praticamente mi dovrei meravigliare perché mio figlio non mi dice nulla. Lui si spaventa perché mi conosce, sa che anche in famiglia io ho impartito quei valori, i valori sono di stare lontano da questi ambienti”. Dichiarazioni poco convincenti per la Dda, “il figlio di Tallini aveva certamente dato importanza alla vicenda, tant’è ne aveva parlato con De Sole” ed appare poco credibile, che questo tipo di informazione non sia stata condivisa in famiglia, posto che lo stesso Riesame nel provvedimento dà conto del fatto che il figlio riferiva al padre gli aspetti significativi della gestione dell’attività imprenditoriale, finanche in un’occasione di un intervento della Forze dell’ordine”. Le motivazioni del ricorso della Dda non hanno retto di fronte al giudizio della Suprema Corte, accogliendo le tesi difensive, che hanno prodotto una corposa documentazione.
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