di Mimmo Famularo – Domenico Scozzafava resta in carcere. Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha infatti rigettato l’istanza presentata dai legali difensori del 39enne antennista catanzarese, gli avvocati Dario e Andrea Gareri, che per smontare le accuse della Direzione distrettuale antimafia guidata da Nicola Gratteri avevano depositato una memoria difensiva con oltre 400 pagine, compresi gli allegati (documenti, fatture e anche intercettazioni). Scozzafava era stato arrestato e portato in carcere lo scorso 19 novembre nell’ambito dell’inchiesta “Farmabusiness” che ha svelato una serie di presunti intrecci tra la ‘ndrangheta, l’imprenditoria e la politica nella distribuzione dei farmaci. Nello stesso blitz era stato arrestato e posto ai domiciliari Domenico Tallini, poi rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame.
L’udienza davanti al Riesame
L’udienza davanti al Riesame
Il 39enne di Catanzaro, ritenuto il punto di collegamento tra l’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria Domenico Tallini e i vertici della cosca Grande Aracri, era comparso dinnanzi ai giudici del Riesame prima di Natale per un’udienza durata un paio di ore nel corso della quale lo stesso Scozzafava aveva deciso di rompere il silenzio parlando per oltre trenta minuti e fornendo a sua discolpa la propria versione dei fatti. Dichiarazioni spontanee rese davanti ai suoi avvocati i quali chiedevano la scarcerazione del loro assistito e, in subordine, l’affievolimento della misura cautelare. Nulla di tutto ciò è stato concesso e, a scioglimento della riserva, il Tribunale del Riesame ha infatti rigettato il ricorso confermando la custodia cautelare in carcere per l’antennista di Catanzaro. Le motivazioni, attese dai difensori per valutare le altre mosse da compiere per dimostrare l’estraneità del loro assistito, saranno rese note entro i prossimi 45 giorni.
La “cerniera” tra ‘ndrangheta e politica
Lo scorso 21 novembre era comparso davanti al gip Giulio De Gregorio che aveva firmato l’ordinanza. In quell’occasione aveva deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere per studiare meglio le carte giudiziarie. Le stesse carte che lo accusano di essere una sorta di “cerniera” tra politica, imprenditoria e ‘ndrangheta. L’antennista di Catanzaro, ritenuto socio in affari con Tallini e uomo di fiducia dell’ex presidente del Consiglio regionale, deve rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i magistrati della Dda, sarebbe vicino al clan dei Gaglianesi. Gli inquirenti lo inquadrano come “partecipe del sodalizio con rapporti diretti con i vertici della cosca della quale si è posto a totale disposizione, fornendo un importante contributo attivo”, “occupandosi degli interessi economici” del clan, “con riguardo agli investimenti dei proventi dell’attività della consorteria e la cura delle operazioni imprenditoriali”. Secondo la Dda di Catanzaro Scozzafava avrebbe anche partecipato “alla riunione, con altri esponenti di vertice del sodalizio, in cui se ne stabilivano le strategie, esprimendo la consapevole e volontaria partecipazione all’associazione ‘ndranghetistica, la osservanza delle sue gerarchie e regole, la fedeltà alle direttive ricevute, il perseguimento dell’interesse dell’organizzazione, utilizzando in modo costante il rapporto con gli altri associati come forma di espansione della capacità di condizionamento e il controllo del sistema economico nell’area del Catanzarese”.
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